La biodiversità della COP15 riuscirà ad avere la sua rivincita?

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Nel dicembre 2022, mentre tutti gli occhi saranno puntati sulla Coppa del Mondo di calcio maschile del Qatar, una conferenza di diplomatici tenterà una “rimonta” per invertire la rotta nella crisi della biodiversità. L’eredità dei vertici mondiali sulla biodiversità è equiparabile a quella della più scarsa delle squadre di calcio. Dal 1992 le COP sulla biodiversità hanno sempre offerto uno spettacolo di opportunità mancate, promesse non mantenute e auto-sabotaggi. Tuttavia, forse, questa volta potrebbe essere diverso?

Nel 1992 la Convenzione sulla Diversità Biologica è stato il primo accordo globale a coprire tutti gli aspetti della biodiversità. Gli obiettivi principali erano tre: la conservazione della biodiversità, l’uso sostenibile delle sue componenti e l’equa condivisione dei benefici derivanti dalle risorse genetiche. Nei trent’anni successivi, l’ordine del giorno per la biodiversità a livello globale è stato deludente. Gli Obiettivi di Aichi rappresentano il fallimento più significativo: di questi venti obiettivi, lanciati nel 2010 per invertire la perdita di biodiversità entro il 2020, non ne è stato raggiunto nemmeno uno. Tuttavia, con il riconoscimento della doppia crisi del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità, è cresciuta la speranza che l’inattività della politica globale sulla biodiversità possa cambiare.

La bozza del piano d’azione che sostituirà gli Obiettivi di Aichi – il post-2020 Global Biodiversity Framework (GBF) – vuole essere l’equivalente naturalistico dell’Accordo sul clima di Parigi. Pubblicato nel 2021, il quadro stabilisce 21 obiettivi. Tra i punti salienti figurano gli obiettivi di conservazione del 30% della terra e del mare entro il 2030, l’aumento degli investimenti nella biodiversità fino a 200 miliardi di dollari all’anno, la riduzione dei pesticidi di almeno due terzi e l’eliminazione dello scarico dei rifiuti di plastica. Sebbene vi siano margini di miglioramento, noi di Columbia Threadneedle, in quanto investitori responsabili, riteniamo che l’ambizione piuttosto forte della bozza del GBF sia promettente. I chiari obiettivi quantitativi che stabilisce consentono di misurare le aziende e le attività rispetto a un parametro comune, supportano il nostro impegno con le aziende nell’incoraggiarle ad agire sulla biodiversità e fungono da catalizzatore per potenziare l’azione di investitori e aziende.

Il Global Biodiversity Framework non si è trovato una strada spianata verso la ratifica. Il COVID-19 ha ritardato di due anni il cruciale vertice della COP15 per la firma del GBF. Infine, a giugno 2022 è stato confermato che l’incontro sarebbe stato spostato da Kunming, in Cina, a Montreal, in Canada, e che si sarebbe svolto a dicembre 2022. L’incertezza sui tempi e sulla sede ha ostacolato la costruzione del consenso prima del vertice. I timori che i Paesi partecipanti siano ancora divisi su molti temi della biodiversità sono stati confermati dai limitati progressi compiuti nelle riunioni pre-vertice del 2022 che si sono svolte a Ginevra e Nairobi. I punti chiave rimangono il volume dei flussi finanziari per la biodiversità verso i Paesi in via di sviluppo, l’obiettivo di conservare il 30% della terra e del mare entro il 2030 e la graduale eliminazione dei sussidi dannosi per l’ambiente. Come afferma Li Shuo di Greenpeace, “per evitare un incendio a Montreal, i prossimi cinque mesi sono fondamentali”.

Nonostante la diffusa frustrazione per lo stallo dei negoziati sul GBF, ci sono segnali positivi che indicano che l’ambizione del settore privato nei confronti della natura continua ad accelerare. Più di 1.100 imprese chiedono ai governi politiche più ambiziose e stanno agendo già ora per mettere un freno alla progressiva perdita di biodiversità. Aziende leader come BHP, Teck, GSK, Ikea e H&M si stanno già impegnando per adottare un approccio sostenibile, senza attendere la conferma della ratifica del GBF. Columbia Threadneedle sostiene le ambizioni del settore privato attraverso il suo ruolo nella creazione dell’iniziativa Nature Action 100, la sua partecipazione al Forum TNFD e il suo impegno con le sue holding. Ci sono alcuni segnali incoraggianti che indicano che gli appelli all’urgenza e alle aspirazioni provenienti dal settore privato stanno penetrando la nebbia dei negoziati. Anche se una “rimonta” della COP15 sembra ancora poco probabile, non dovremmo smettere di sognare.