Le prospettive dei portafogli bilanciati

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Negli ultimi mesi la Federal Reserve statunitense (Fed) ha chiarito, a parole e coi fatti, che il contenimento della crescita dell’inflazione è la sua massima priorità. Purtroppo, la serie di rialzi dei tassi d’interesse da parte della Fed non ha giovato ai tradizionali portafogli bilanciati, danneggiando sia le azioni, sia le obbligazioni, cosa storicamente rara. E i tassi non solo continueranno a salire, ma potrebbero rimanere elevati per un po’.

Inevitabilmente, alla luce di questi sviluppi, io ed i miei collaboratori che si occupano della costruzione dei portafogli abbiamo ricevuto domande dai clienti incentrate su uno di questi due temi:

  • Quando cesseranno le difficoltà?
  • I portafogli bilanciati sono obsoleti?

Cercare di dare una risposta precisa alla prima domanda sarebbe il massimo della presunzione, ma prima o poi, probabilmente nel 2023, la Fed riuscirà a sconfiggere l’inflazione, molto probabilmente nel corso di una lieve recessione. Ma le recessioni non sono necessariamente negative per i portafogli bilanciati, perché segnano un nuovo inizio.

Migliorano le prospettive per l’obbligazionario

Se le azioni aggressive della Fed andranno a buon fine dovremmo assistere a una graduale discesa dell’inflazione e supponendo che le cose andranno veramente così, la Fed smetterà di aumentare i tassi nel 2023 e verrà meno una delle principali fonti di incertezza dei mercati.

L’inizio di una recessione è di solito accompagnato da un aumento dei prezzi delle obbligazioni e da una riduzione dei rendimenti, in particolare per quanto riguarda le scadenze più lunghe. La correlazione insolitamente positiva dei rendimenti che abbiamo visto quest’anno tra azioni ed obbligazioni potrebbe diminuire e la spirale fortemente discendente delle due classi di attivi potrebbe terminare. Detto questo, passo a rispondere alla domanda successiva: no, i portafogli bilanciati sono tutt’altro che obsoleti.

Quando tutto questo avverrà, l’obbligazionario riacquisterà il suo ruolo di ammortizzatore per le azioni. Ma c’è anche un altro fattore a favore delle obbligazioni e dei portafogli bilanciati: è probabile che i tassi d’interesse rimangano elevati anche in presenza di un rallentamento dell’inflazione, ponendo probabilmente fine a molti anni di tassi reali negativi (corretti per l’inflazione) in campo obbligazionario. Stiamo per entrare in un periodo di tassi reali positivi, il che gioca decisamente a favore dell’obbligazionario.

Se valgono gli insegnamenti della storia, la pazienza di chi detiene portafogli bilanciati alla fine sarà ripagata: nel corso degli ultimi cinquant’anni il tradizionale portafoglio 60/40 non ha mai fatto registrare tre anni consecutivi di rendimenti negativi né per le azioni, né per le obbligazioni. Non si vede ancora la luce in fondo al tunnel, ma chi disinveste adesso non beneficerà del rimbalzo.

Le azioni sono vicine al loro valore equo (fair value)

Sulla base delle indicazioni fornite dalla Fed in merito al probabile andamento dei tassi d’interesse, possiamo ragionevolmente prevedere quello della performance dei titoli obbligazionari, anche se non siamo in grado di stabilirne l’esatta tempistica. Le previsioni per le azioni sono più difficili da fare, ma c’è spazio per un cauto ottimismo a medio termine. All’inizio del ciclo di rialzi della Fed, il mercato azionario statunitense era sopravvalutato: il rapporto prezzo-utili di Shiller per l’indice S&P 500 a fine 2021 era superiore di oltre il 30% alla nostra stima del valore equo dello stesso indice. Con la flessione di quest’anno siamo più in linea con la media di lungo periodo.

Chi spera in un rimbalzo a forma di V, in cui i prezzi delle azioni rimbalzino con la stessa intensità con cui sono caduti all’inizio del 2009 o, più recentemente, nel marzo 2020, potrebbe rimanere deluso. Per certi versi, siamo più vicini alle condizioni di mercato del 1999-2000, quando le azioni erano sopravvalutate e il successivo crollo non ha fatto altro che avvicinare le valutazioni alle medie di lungo periodo. Dopo lo scoppio della bolla dot-com i rendimenti si sono normalizzati, ma non si è avuto alcun rimbalzo del mercato.

Le attuali valutazioni più basse del mercato hanno il vantaggio di far aumentare i rendimenti attesi. I nostri modelli di previsione dei rendimenti decennali annualizzati, che sono quasi di 2 punti percentuali in più rispetto ad un anno fa sia per le azioni statunitensi, sia per quelle non statunitensi, continuano a rimanere al di sotto di medie storiche di lungo periodo. Per quanto riguarda le obbligazioni, i rendimenti decennali annualizzati previsti per le obbligazioni statunitensi e per le obbligazioni globali escluse quelle statunitensi (coperte) sono aumentati entrambi di 1,8 punti percentuali nell’ultimo anno.

Per gli investitori britannici i rendimenti decennali annualizzati previsti per le azioni del Regno Unito sono diminuiti di poco più di mezzo punto percentuale rispetto a un anno fa, mentre le aspettative di rendimento per le azioni non del Regno Unito sono aumentate di 1,6 punti percentuali. In campo obbligazionario i rendimenti decennali annualizzati previsti per le obbligazioni complessive del Regno Unito sono aumentati di 1,8 punti percentuali, allo stesso modo delle aspettative di rendimento per le obbligazioni globali non del Regno Unito (coperte).

Per gli investitori dell’area euro le aspettative di rendimento per le azioni dell’area euro sono aumentate di 1,5 punti percentuali rispetto a un anno fa, mentre le previsioni di rendimento delle azioni non dell’area euro sono aumentate di 1,7 punti percentuali. Per quanto riguarda le obbligazioni, i rendimenti decennali annualizzati previsti per le obbligazioni complessive dell’area euro e per le obbligazioni globali non dell’area euro sono aumentati rispettivamente di 1,8 e 1,9 punti percentuali.

Il recente rafforzamento del dollaro USA, riconducibile agli aggressivi rialzi dei tassi della Fed rispetto alle altre banche centrali e alla naturale fuga verso i buoni del tesoro statunitensi in tempi di crisi globale, fa sì che nel breve periodo i rendimenti degli investimenti non statunitensi siano meno redditizi rispetto a quelli statunitensi. A lungo termine, tuttavia, ci aspettiamo che questi due punti di forza del dollaro USA si invertano, favorendo le azioni non statunitensi.

Complessivamente, con il miglioramento delle prospettive dei mercati azionari e di quelli obbligazionari, le aspettative di rendimento per un portafoglio bilanciato si stanno gradualmente normalizzando per tornare alle medie storiche. Per la maggior parte degli investitori, rimanere equilibrati e diversificati tra classi di attivi e aree geografiche rimane una scelta prudente.