Inflazione: il peggio è passato

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La tensione prima delle riunioni delle banche centrali sembra essersi allentata rispetto a qualhe mese fa. È davvero così? Ormai è evidente che gli stessi banchieri centrali non sanno esattamente dove stia puntando l’inflazione. Semplicemente, non lo possono sapere. Ecco perché continuano a far dipendere la loro politica dai dati già noti, proprio come fanno gli investitori.

Per gli investitori a lungo termine è comunque irrilevante che i dati mensili sull’inflazione siano superiori o inferiori di un decimo di punto percentuale. Più importante è fare una valutazione ragionevolmente accurata dell’andamento dell’inflazione a lungo termine per poter giudicare l’attrattività degli investimenti, in particolare delle obbligazioni.

Ci aspettiamo che l’inflazione rimanga ostinatamente al di sopra del target del 2% fissato dalle banche centrali, anche se non sarà più del 6, 7 o 8%. Il peggio è sicuramente passato. Perché il target delle banche centrali potrebbe non essere raggiunto? La tendenza è chiaramente orientata verso il basso. Prendiamo come esempio gli Stati Uniti. L’economia americana si conferma solida e lo stesso vale per il mercato del lavoro. Di recente, le retribuzioni orarie sono salite del 3,6 % rispetto allo scorso anno.

Per gli investitori obbligazionari statunitensi, il livello di inflazione è gestibile. Un rendimento superiore al 4% sui titoli del Tesoro americani decennali è sufficiente per ottenere un tasso d’interesse reale discreto anche se l’inflazione rimane al 2 – 3% nel lungo periodo. A differenza della Fed statunitense, la Banca Centrale Europea ha abbassato i tassi di riferimento a giugno per la prima volta in cinque anni. Nemmeno nella zona euro, però, è stato ancora raggiunto il target d’inflazione e secondo le proiezioni della BCE bisognerà attendere almeno la seconda metà del 2025.

Resta da vedere se il target d’inflazione verrà effettivamente raggiunto il prossimo anno. I salari stanno aumentando anche in Europa, dove nel secondo trimestre del 2024 hanno registrato un aumento del 3,6%.

Allora perché tagliare i tassi d’interesse? Probabilmente perché lo sviluppo economico della zona euro è ancora fiacco, soprattutto in Germania. È per questo che la BCE si è affrettata a ridurre i tassi. Ma il compito dei banchieri centrali della BCE è innanzitutto quello di mantenere stabile il valore della moneta, non di stimolare l’economia. Questa è la teoria, ma in pratica devono anche tenere insieme l’Unione monetaria, difendere l’euro “a qualunque costo”.

Visto il livello di indebitamento dei paesi dell’Eurozona, non sarebbe così grave se l’inflazione fosse appena superiore ai rendimenti dei titoli di Stato nel lungo periodo. A determinare l’andamento dell’inflazione nei prossimi anni saranno le tanto citate “tre D”: demografia, decarbonizzazione e deglobalizzazione. Nella nostra valutazione non è cambiato nulla.

Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, è difficile prevederne gli sviluppi. A lungo termine, l’IA dovrebbe assicurare un incremento della produttività, che potrebbe non solo favorire la crescita economica, ma anche ridurre l’inflazione. Nel breve-medio termine, però, i giganteschi investimenti in infrastrutture di intelligenza artificiale e l’elevato consumo di energia elettrica avranno probabilmente un effetto inflazionistico.