I mercati asiatici potrebbero beneficiare di una vittoria di Biden alle presidenziali USA

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Sebbene Joe Biden sia in vantaggio nei sondaggi, è davvero difficile affermare al momento che Donald Trump sia finito. Tuttavia, se l’ex vicepresidente venisse eletto a novembre, i mercati asiatici potrebbero beneficiarne.

Quando Barack Obama vinse le elezioni nel gennaio 2009, molti esperti cinesi a Washington chiesero all’esecutivo di rafforzare la presenza americana nell’Asia-Pacifico, di riaffermare la partnership con gli alleati tradizionali degli Stati Uniti e di incrementare il dialogo con Pechino. Fu in questo modo che Washington intraprese uno sforzo di riposizionamento economico e strategico nella regione, evidenziando il desiderio di una partnership con Pechino. L’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca cambiò tutto. Da quel momento in poi, la Cina e i Paesi asiatici divennero in generale i nemici giurati degli Stati Uniti. Una vittoria di Joe Biden, tuttavia, cambierebbe tutto rendendo i paesi asiatici di nuovo attraenti per gli investitori.

Una vittoria di Biden potrebbe avere tre effetti positivi per i mercati asiatici. Anzitutto, sarebbe un vantaggio in termini di politica estera: da quando è diventato presidente, Trump ha spinto in modo aggressivo la sua politica dell’”America first”. Sempre più analisti ritengono invece che se Biden diventasse presidente, le tensioni tra gli Stati Uniti e alcuni dei suoi alleati si allenterebbero. Una riduzione dei rischi geopolitici potrebbe diventare un catalizzatore per i mercati azionari asiatici, che si aggiungerebbe a una spinta potenziale derivante dall’aver riaperto le loro economie più velocemente dell’Europa e soprattutto degli Stati Uniti.

In secondo luogo, sarebbe un vantaggio a livello di differenziale del mercato azionario. Se Biden dovesse vincere le elezioni a novembre, probabilmente gli indici americani non esulterebbero. Non perché sia un democratico (le statistiche tenderebbero addirittura a dire il contrario), ma perché il suo programma punta a modificare le riforme fiscali introdotte da Donald Trump.

A livello settoriale, sono state soprattutto le società dei settori ciclici nazionali a registrare in generale il maggiore aumento degli utili e la sovraperformance maggiore grazie alla riforma fiscale di Trump (TCJA).  I settori finanziario, dei beni non essenziali e dei servizi di comunicazione hanno registrato i rendimenti assoluti più elevati nei due mesi successivi all’adozione della TCJA, in quanto le aspettative sugli utili sono aumentate.  Anche i settori dell’energia e industriale hanno sovraperformato, ma hanno ottenuto risultati meno positivi in termini di beta adjusted e hanno beneficiato dell’aumento del prezzo del greggio.  Dall’altra parte, le utility e le società real estate hanno riportato un calo, in quanto gli investitori hanno optato per società più esposte a riduzioni dell’imposta sul reddito delle società (EPS).  Anche le società del settore tecnologico, che tendono a pagare basse aliquote d’imposta, hanno rallentato. Un possibile cambiamento nella disciplina fiscale potrebbe ridurre sostanzialmente l’interesse degli investitori per gli Stati Uniti spingendoli a cercare più “alfa” nei paesi asiatici.

Infine, una presidenza Biden sarebbe un vantaggio per le future relazioni tra gli Stati Uniti e il resto del mondo. Infatti, a giudicare dalla politica estera che Biden ha condotto come vicepresidente (è considerato un “internazionalista”), si può supporre che, come presidente, probabilmente lavorerebbe per ricostruire vecchie alleanze.  La NATO, l’Unione Europea e l’Asia potrebbero veder materializzarsi i loro sforzi per ricucire le relazioni danneggiate con gli Stati Uniti se Biden dovesse salire al potere.  Anche le principali economie asiatiche, tra cui Giappone e Corea del Sud, potrebbero ridurre le loro spese militari dopo due anni in cui queste sono aumentate. Una potenziale riduzione dei rischi geopolitici e dell’incertezza nella politica estera di Washington potrebbe essere un altro catalizzatore per i mercati azionari asiatici nel lungo periodo.

In passato i mercati emergenti (in senso ampio, ma soprattutto quelli dominati dai Paesi asiatici) erano notoriamente focalizzati su settori come energia, materiali e finanza. Nel frattempo, i titoli tecnologici e legati ai consumi non essenziali appartenevano al mercato statunitense. Questo era vero nel 2007 e anche nel 2015, ma ormai non è più così. La composizione dell’azionario emergente è cambiata radicalmente negli ultimi anni.

Ecco alcuni cambiamenti degni di nota dal 2007:

  • Il comparto energetico è passato da oltre il 15% a meno del 6%.
  • I materiali, che erano più vicini al 16%, ora sono al 7%.
  • Il settore finanziario è passato da oltre il 20% al 18% (e ora è in calo rispetto a un massimo del 27% nel 2015).
  • il comparto dei beni non essenziali è passato da circa il 3% al 18%.
  • La tecnologia è oggi il settore più importante, essendo passata dal 13% del 2007 a oltre il 18% di oggi.

I servizi finanziari hanno ancora un peso sostanziale, ma la loro quota di mercato continua a diminuire. Le società dei settori dell’energia e dei materiali combinate oggi rappresentano una quota inferiore a quella che ciascuna ha pesato individualmente nel 2007. I titoli tecnologici sono oggi il settore più importante (secondo l’iShares Emerging Markets ETF (EEM)).  Uno dei motivi principali per cui il mercato azionario americano nel suo complesso ha avuto tanto successo è la performance dei titoli tecnologici come Amazon, Apple, Microsoft, Facebook e Google. Queste aziende rappresentano oggi circa il 23% dell’S&P 500. Tuttavia, e contrariamente a quanto si crede, i mercati emergenti vantano oggi ai loro vertici una concentrazione simile di nomi tecnologici.

Pertanto, è probabile che se Biden vincerà le elezioni, questo tipo di azioni sovraperformerà (di nuovo). Oggi appare paradossale, ma l’esito di un’elezione presidenziale americana potrebbe andare a vantaggio dei Paesi emergenti, e dell’Asia in particolare. Gli sviluppi in questa area andrebbero quindi seguiti con attenzione.