In particolare, il mercato azionario sembra aver reagito all’aumento del prezzo dei certificati di emissione di anidride carbonica sul meccanismo europeo ETS (Emissions Trading Scheme), sistema che incentiva la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili imponendo un costo a chi utilizza fonti più inquinanti, come carbone e gas, costiuito dall’acquisto di certificati da chi produce energia pulita in quantità maggiore del fabbisogno,
“Considerando quasi 12.000 impianti di generazione di energia elettrica in Europa, relativi a imprese quotate e sottoposte a questa politica di scambio di emissioni (policy ETS)” afferma il vicedirettore dell’Osservatorio Climate Finance, Vincenzo Butticè “si nota una forte correlazione tra il prezzo dei certificati ETS e il rendimento di mercato, in base alla carbon intensity della società: solo quelle che hanno un’impronta carbonica limitata, e dunque hanno investito in tecnologie verdi, beneficiano dell’aumento dei prezzi dei certificati ETS; al contrario, chi inquina è fortemente penalizzato”.
700 società quotate e rischio reputazionale
Sono state analizzate, tra Italia, Francia, Regno Unito e Germania, 700 società quotate che nel periodo 2020-21 hanno presentato dati sul rischio reputazionale.
“Quello che si evince” continua Butticè è che la riduzione di una ‘tacca’ nel rating reputazionale può comportare una riduzione del valore dell’impresa fino al -5,6%: le imprese virtuose, nel momento in cui si rendono responsabili di un incidente che comporta danni ambientali, vengono penalizzate dal mercato in maniera più consistente rispetto a quelle che non lo sono”.
Le strategie di reshoring
“La spinta alla mitigazione del cambiamento climatico influenza le strategie di reshoring e la composizione delle catene del valore globali” conferma Roberto Bianchini, direttore dell’Osservatorio. “Abbiamo analizzato 126 multinazionali nel settore manifatturiero che avevano spostato le attività produttive all’estero. Ebbene, quelle che pubblicano un report di sostenibilità e sono originarie di Stati con politiche ambientali stringenti, e che dunque sono sottoposte al giudizio di stakeholders molto attenti al tema della sostenibilità, hanno una probabilità di rientrare nel Paese d’origine del 64% contro l’1,5% di media”.
ph. credits: Guido Alberto Rossi