Negli USA si prospetta un atterraggio morbido, mentre in Europa la crescita potrebbe essere peggiore che in seguito alla crisi finanziaria globale

-

L’annuale simposio economico della Fed a Jackson Hole è stato il principale punto di riferimento per gli investitori durante la scorsa settimana. Riteniamo però che oggi il Presidente Powell si asterrà dal dire troppo in merito alle prospettive dei tassi di interesse. I rendimenti sono aumentati notevolmente dalla fine del mese scorso, quando avevamo segnalato una certa inquietudine nel FOMC, sulla scia di un allentamento delle condizioni finanziarie.

Attualmente, la Fed ha già comunicato di essere in modalità ‘dipendente dai dati’, quindi la decisione di rialzare i tassi di 75 o 50 punti base nella riunione di settembre dipenderà dalle informazioni in arrivo sull’inflazione e sui salari nel corso delle prossime settimane. In linea di massima, dubitiamo che Powell possa fornire molte indicazioni in questo momento, e il percorso dei tassi d’interesse dipenderà in ultima analisi dalla rapidità con cui le pressioni inflazionistiche si ridurranno nei mesi a venire.

Per questo, è possibile che i dati di oggi sull’inflazione core PCE (Personal Consumption Expenditures) contengano molte informazioni. Prevediamo una moderazione dei dati sull’inflazione che spinga questa serie al di sotto del 4% entro la fine di quest’anno: in tal caso, è plausibile che i tassi d’interesse a breve termine raggiungano un picco intorno al 3,75% nel primo trimestre del prossimo anno. Se ciò dovesse accadere, pensiamo che l’economia statunitense possa effettuare un atterraggio morbido, anche se le incertezze in merito difficilmente si dissolveranno a breve.

Di conseguenza, i mercati potrebbero continuare a scambiare in modo instabile ed è stato sorprendente osservare la volatilità infragiornaliera a livelli estremi, anche in giorni in cui sembra che non ci siano catalizzatori che guidino l’azione dei prezzi. In questo contesto, abbiamo continuato a registrare contributi positivi sulle posizioni di short duration statunitensi con l’aumento dei rendimenti. Continuiamo ad essere orientati verso rendimenti più elevati e riteniamo che i tassi a 10 anni intorno al 3,25% offrano un valore equo.

Nel frattempo, le cattive notizie economiche che hanno colpito le economie europee non hanno dato tregua. La stretta sulle forniture di gas continua a far lievitare i prezzi, aumentando la richiesta di un intervento dei policymaker sul costo della vita. Questa settimana i prezzi dell’elettricità a un anno in Francia hanno toccato un nuovo massimo di 870 euro per MWh, un aumento di 20 volte rispetto alla media di 41 euro registrata nel periodo 2020-2021.

L’aumento dei prezzi dell’energia continua quindi a far salire le proiezioni sull’inflazione. Se gli aumenti dei prezzi aggregati dovessero raggiungere il territorio a doppia cifra, un calo del 10% dei redditi reali potrebbe diventare un risultato plausibile. Come regola generale, ciò potrebbe tradursi in un calo del PIL di circa il 4%, sulla base delle prospettive dei consumi. Da questo punto di vista, il rischio è che l’imminente recessione possa facilmente essere altrettanto grave, in termini economici, di quella verificatasi a seguito della crisi finanziaria globale del 2008.

I tentativi di mitigare questo scenario utilizzando il bilancio pubblico per limitare i prezzi dell’energia potrebbero aggiungere circa il 4% ai deficit fiscali, spingendoli a livelli compresi tra l’8 e il 10% nelle economie europee, a meno che i prezzi del gas non tornino ai livelli del 2021. Ciò dipenderà chiaramente dalla cessazione delle ostilità in Ucraina e dalla fine delle sanzioni russe, ma rimane molto difficile prevedere questo risultato a breve. Nel frattempo, se i flussi dei gasdotti dovessero cessare del tutto, spingendo i governi a razionare le forniture di energia elettrica nel corso dell’inverno, ci sarebbe un ulteriore rischio al ribasso, che potrebbe indicare un epilogo ancora più difficile.

Chiaramente, una differenza importante rispetto alla recessione del 2008 è che allora l’allentamento monetario è stato utilizzato per sostenere la crescita, mentre nel periodo attuale è necessario aumentare i tassi per combattere l’inflazione. Ciò significa che la politica fiscale è l’unico strumento disponibile per sostenere la domanda aggregata, ma con un deficit che si spinge verso la doppia cifra, è lecito chiedersi quanto spazio fiscale saranno in grado di utilizzare le autorità di governo.

I costi di finanziamento dei governi sono destinati ad accelerare, anche se l’allungamento delle scadenze medie nell’ultimo decennio contribuirà a frenare questo fenomeno. Le metriche di stabilità del debito legate al calcolo del rapporto debito/PIL saranno sostenute da un PIL nominale più elevato grazie agli alti livelli di inflazione. Nonostante questo beneficio, sembra probabile che Paesi come Italia e Francia possano registrare un aumento complessivo del rapporto debito/PIL nel 2022 e 2023.

Il contesto macro europeo ci induce a prevedere un aumento dei rendimenti e abbiamo continuato a incrementare le posizioni corte sui tassi nell’Eurozona e nel Regno Unito, così come abbiamo avuto contributi positivi sulle posizioni corte sui tassi statunitensi. Continuiamo a esprimere una visione cauta nei confronti dei risk asset della regione e non saremmo sorpresi di vedere gli spread creditizi tornare verso i valori massimi dell’anno, se il flusso di notizie continuerà a dipingere un quadro a tinte fosche, come ci aspettiamo.

L’unico segnale che limita ciò è il fatto che molti investitori sono già posizionati in modo molto ribassista sugli asset europei. Tuttavia, con la ripresa dell’offerta attesa per l’inizio di settembre, siamo cauti sul fatto che le nuove operazioni possano dover essere prezzate con un premio significativo per attirare la domanda, il che porterebbe a un ribilanciamento degli spread su base più ampia.

Naturalmente, se dovessimo sentire la notizia che Putin vuole ritirare le truppe e spingere per la pace, l’intera prospettiva potrebbe cambiare di colpo. Tuttavia, a parte questo, riteniamo che sia giusto mantenere una visione cauta su base generale e continuiamo a vedere migliori opportunità negli asset in dollari rispetto ai loro omologhi europei. In ambito dei mercati valutari, nel corso della settimana il dollaro ha fatto notizia scendendo al di sotto della parità con l’euro. Sulla base della divergenza dei fondamentali, sospettiamo che il trend del dollaro possa avere ancora spazio.

Tuttavia, l’ampio deficit delle partite correnti degli Stati Uniti e la valutazione del dollaro in termini di PPA ci rendono cauti nell’aggiungere posizioni lunghe sul dollaro a quelle esistenti in questo momento. Altrove, continuiamo a mantenere una visione ribassista sulla sterlina (insieme a tutti gli altri asset del Regno Unito) e la recente partita a bingo di annunciare un picco sempre più alto dell’inflazione britannica non mostra segni di arresto. Manteniamo inoltre una posizione negativa sullo zloty polacco e sulla corona ceca, in attesa che la divergenza macro si manifesti maggiormente nelle valutazioni valutarie relative nei prossimi mesi.

Guardando avanti

La prossima settimana è l’ultimo scorcio d’estate prima dell’arrivo di settembre e del back to school dei mercati. All’inizio di agosto abbiamo aggiunto posizioni di short duration, poiché i rendimenti sembravano essere scesi troppo, ma da allora, con il rialzo dei tassi, ci siamo trovati progressivamente ad avere contributi positivi e ad appiattire il rischio. Abbiamo anche ridotto l’esposizione agli asset di rischio, cercando di limitare le esposizioni lunghe e di ridurre l’esposizione direzionale. Di conseguenza, mentre ci avviciniamo alla fine del mese, i livelli di rischio sono stati ridotti in modo sostanziale e riteniamo che ciò sia appropriato alla luce di uno scenario a breve termine relativamente incerto.

Non ci sembra che in questo momento ci sia un evidente back to school trade. Siamo piuttosto propensi a continuare come abbiamo fatto finora, alla ricerca di opportunità di vendere con approccio contrarian e aggiungere esposizione sulle debolezze significative. È improbabile che la volatilità si riduca presto e questo dovrebbe portare a delle opportunità. In questo contesto, preferiamo adottare una visione paziente e attendere che si presentino opportunità più chiare e asimmetriche. La divergenza macro che stiamo osservando tra Europa e Nord America in questo momento è insolita su base storica e la parte rimanente del 2022 sembra destinata a restare tanto problematica quanto il resto dell’anno.