Influencer marketing: l’importanza della fiducia dei consumatori e della loro tutela

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Intervista ad Alessandra Giffuni, CEO di The Talent Lab

The Talent Lab

In una precedente intervista ad Alessandra Giffuni, CEO di The Talent Lab, la startup che guida le aziende nell’influencer marketing, abbiamo evidenziato l’impatto degli ultimi anni sulle abitudini di consumo. In questa situazione, che crea molte preoccupazioni, invece The Talent Lab ha accelerato ulteriormente la crescita e punta a concludere il 2022 con un +53% di ricavi rispetto al 2021.

Intervista ad Alessandra Giffuni

Cara Alessandra, vorremmo capire qualcosa di più sull’influencer marketing. Ci puoi aiutare?

“La rivoluzione digitale ha cambiato radicalmente l’approccio dei consumatori all’acquisto di beni e servizi; tra le principali leve, protagoniste del cambiamento, l’influencer marketing si è ritagliato un posto di privilegio sul podio. A livello globale, sia in Italia sia all’estero, nel corso degli ultimi anni le aziende hanno, infatti, compreso quanto questa strategia di comunicazione ricopra un ruolo strategico nel loro percorso di crescita, con un conseguente aumento esponenziale degli investimenti in questo settore. Se nel 2016 questo segmento di mercato registrava un giro d’affari di 1,7 miliardi di dollari, con l’arrivo della pandemia, l’interruzione di eventi e la chiusura di molti dei canali tradizionali e offline della comunicazione, le aziende si sono trovate costrette a rivedere totalmente i propri modelli di marketing, investendo esclusivamente sul digitale: il 2021 ha, infatti, registrato un giro d’affari pari al 13,8 miliardi di dollari in questo settore e un +26% sull’apertura di aziende che forniscono servizi nell’ambito”. 

Ma questo tipo di approccio al mercato, ormai consolidato, può creare problemi ai consumatori ?

“Si stima che il trend di crescita continuerà anche nel 2022, con una previsione del +19%, pari a 16,4 miliardi per l’anno in corso. Secondo uno studio di settore, ben il 68% degli italiani presenti sui social network segue influencer e celebrity, un dato che sale all’82% tra i più giovani (16-24 anni), per i quali non sono solo fonti di ispirazione nei comportamenti ma anche per gli acquisti. 

A fronte di questa crescita esponenziale ci si chiede come si possano tutelare i consumatori, attraverso una normativa e un codice etico che garantiscano trasparenza e chiarezza. A livello giuridico non esiste, però, una legge unica che disciplini questo fenomeno, con una conseguente difficoltà per imprese e influencer, che sono quotidianamente esposti a rischi sanzionatori e risarcitori per le loro attività sui social”.

Non ci sono norme specifiche?

“Questo è il punto. Non ci sono. Nonostante la mancanza di norme specifiche, esiste però un Codice Etico che regola il comportamento da seguire durante l’attività. La tutela del consumatore vieta le pratiche ingannevoli, e il Codice del Consumo richiede trasparenza e onestà tra i contenuti promossi e il prodotto effettivo. Infatti, nel caso in cui il testimonial o l’influencer non dessero evidenza della natura promozionale di un contenuto – rendendo il messaggio una semplice opinione personale – si cadrebbe in una pubblicità fuorviante e ambigua, che intaccherebbe il diritto alla chiarezza e alla trasparenza”.

Quali sono gli aspetti che il Codice Etico tende a privilegiare?

“Il Codice Etico che viene preso a modello è quello per il Digital Content Creator (detto anche Digital Chart), nato appunto allo scopo di proteggere il pubblico e l’azienda da illeciti commessi con il fine di generare più follower e più introiti in modo non conforme alle linee guida: si rivolge a ogni persona che svolga tale attività in modo professionale e sia quindi in possesso di Partita Iva o di attività regolare e iscritta alla Camera di Commercio. Regolamenta il codice di condotta da mantenere nei confronti del committente e del pubblico. 

Questo obbliga alla totale trasparenza nelle intenzioni e nella strategia, in modo da non falsare in alcun modo la percezione del consumatore con fotomontaggi, false informazioni o falsi marchi, né quella del committente, tramite l’utilizzo di software di acquisto di like, visualizzazioni e follower. Obbliga altresì il professionista a mantenere la riservatezza riguardo il contratto di collaborazione siglato col proprio committente (che, in caso di verifica, è tenuto a produrre per l’ispezione) e all’attività che svolge per esso. Oltretutto vige anche un severo patto di non concorrenza con altri professionisti previsto anche dall’art. 2598 del Codice Civile e il divieto di esprimere opinioni pubbliche sull’attività altrui”.

Il rispetto del principio di concorrenza leale mi sembra fondamentale.

“In soccorso al D.Lgs. n. 206/2005 (“Codice del Consumo”), è intervenuta anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) che ha precisato l’obbligo di rendere riconoscibile la pratica commerciale in relazione ai contenuti divulgati sui social media, con l’introduzione di hashtag esemplificativi, del tipo: #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzione a pagamento, #adv, o, in caso di fornitura del bene a titolo gratuito dal brand all’influencer, la dicitura #prodottofornitoda seguito dal nome del marchio.

Le autorità incaricate alla verifica del rispetto delle normative sono:
AGCM che, in caso di pubblicità ingannevoli, può procedere solo su segnalazione;
il Giudice Ordinario
per le violazioni del Codice del Consumo, del Codice civile e del Codice di proprietà industriale;
IAP: ha autorità rispetto ai soggetti che vi hanno aderito”. 

Quale ritieni sia il ruolo principale dell’influencer marketing?

“Il ruolo principale dell’influencer marketing è quello di supportare un’azienda nella promozione dei suoi prodotti o servizi al proprio target di riferimento, che crede a ciò che vede. È fondamentale, quindi, che le regole vengano seguite scrupolosamente per non infrangere il patto di fiducia con i consumatori ed evitare anche di incorrere in segnalazioni, verifiche ed eventuali multe”.