Il Bitcoin rialza la testa. Segno che la trasformazione in asset class è ormai definitiva?

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Mentre il Bitcoin conclude l’anno sui minimi di prezzo di questo ciclo, vale la pena guardare oltre le quotazioni. Nel 2022, anno che la stampa mainstream definisce horribilis per le cripto (ma che in realtà è stato nero per qualsiasi investimento a elevato rischio, a partire dalle Borse) è anche l’anno che vede la consacrazione della regina delle cripto tra le asset class alternative.

Un fatto che promana da diversi fattori: dall’endorsment da parte di investitori istituzionali e banche d’affari o commerciali che hanno integrato nella loro offerta, sia wealth sia retail, la vendita di criptovaluta o servizi di custodia della stessa. Fino al documento ufficiale firmato dalla Bis (Banca dei regolamenti internazionali) che determina le linee prudenziali a cui le banche dovranno adeguarsi entro il 2025 per esporsi a determinati criptoasset.

La Bis suggerisce che l’esposizione non debba superare il 2%, ma che sarebbe preferibile si collocasse al di sotto dell’1%. Tra gli asset investibili sono incluse anche attività tradizionali tokenizzate, tra cui Nft, stablecoin e attività crittografiche non garantite. Ma “sono soggetti a requisiti patrimoniali basati sulle ponderazioni di rischio delle esposizioni sottostanti, come stabilito dall’attuale schema di Basilea”.

Ovvero, per essere inserito tra gli asset di una banca, un criptoasset deve superare un test del rischio di riscatto – che attesta quando le attività di riserva sono sufficienti per consentire di riscattare le criptovalute in qualsiasi momento – e a un test del rischio di base che, invece, “mira a garantire che il detentore di una criptovaluta possa venderla sul mercato per un importo che segua fedelmente il valore del peg”.

Considerando che oggi, secondo i dati recentemente pubblicati dal Basel Committee on Banking Supervision, le criptovalute detenute dalle banche sono lo 0,01% dell’esposizione totale a risky asset, è chiaro che siamo appena all’inizio di un processo di ingresso in un mercato nuovo.

Perché il 2023 consacrerà definitivamente bitcoin tra le asset class alternative

Insomma, se ci limita a guardare solo una faccia della medaglia, il crollo del valore e vicende drammatiche (ma tutto sommato utili per il mercato che diventa selettivo e di maggior qualità) come il fallimento di Ftx, si rischia di avere una visione parziale.

Ci sono invece diversi altri indizi del fatto che il 2023 potrebbe essere un anno di ulteriore consolidamento di bitcoin. Certamente anche la stessa osservazione della tenuta in termini di prezzo in corrispondenza di fatti clamorosi come il fallimento di Ftx è da considerare in tal senso. Ma altri numeri, meno visibili, aiutano a costruire un quadro più preciso.

Le transazioni sulla rete sono in continuo aumento

Il primo è che, nonostante il prezzo sia ai minimi da diversi mesi il network di bitcoin e le transazioni sulla rete stanno aumentando di continuo. I volumi complessivi in dollari di tutte le transazioni nel 2021 erano schizzati a oltre 13.000 miliardi di dollari e nel 2022 hanno superato la soglia dei 14.000 miliardi di dollari. Per avere un termine di paragone (che consenta di misurare la rilevanza di bitcoin) basti pensare che nel 2021 Visa e Mastercard messe insieme hanno generato negli Usa un volume complessivo di 7.387 miliardi di dollari, poco più della metà di quello generato da bitcoin.

Inoltre, ogni giorno vengono registrate sulla blockchain di Bitcoin una media di circa 250.000 transazioni, di cui ognuna sposta in media 7,7 coin, quasi 160.000 dollari. In altre parole, ogni giorno dunque vengono spostati circa 40 miliardi di dollari in bitcoin.

È record storico per il numero di indirizzi attivi con almeno 1 bitcoin

Il secondo elemento da considerare è che gli indirizzi attivi che possiedono almeno 1 bitcoin intero sono al livello massimo di sempre. Secondo Glassnode, questi wallet sono oggi 950mila e nel mese di novembre c’è stata una vera e propria impennata, mentre il valore della crypto era già sui minimi e le prospettive di bear market non accennavano a placarsi. Contestualmente si osserva un deflusso dagli exchange: la stessa Glassnode rileva ancora che i fondi sui mercati centralizzati sono calati da circa 2,8 milioni (il 15% dell’offerta totale attuale di bitcoin) a 2,3 milioni di monete (meno dell’11%). Questa dinamica potrebbe segnalare che gli investitori retail stanno evolvendo, e provano a fare self custody direttamente sulla blockchain, trasformandosi in investitori pazienti.

Il riposizionamento delle balene

Come si comportano infine le balene? Dopo aver scaricato bitcoin per 13 mesi, a novembre hanno ripreso ad accumulare, a partire dal warning su Ftx lanciato via twitter dal ceo di Binance. Gli indirizzi che detengono più bitcoin (4,6 milioni di monete in complesso) è quella compresa tra i 1.000 ed i 10.000 BTC, le vere e proprie balene, capaci di muovere il mercato e del tutto impermeabili al sentiment che piuttosto che seguire, creano.

Secondo l’analisi interna di The Rock Trading, il saldo di ri-posizionamento delle balene è positivo. Abbiamo rilevati i primi 500 btc address per capienza a livello globale e le date dell’ultimo ingresso e uscita di bitcoin dopo novembre 2022. Quello che emerge è che 80 su 500 (circa il 16% delle migliori 500 “Whales” globali) hanno movimentato i loro bitcoin nell’ultimo mese. Gli 80 wallet detengono un patrimonio totale di 1.397.406 bitcoin, per un valore complessivo di 23 miliardi di dollari, pari al 7,2% dell’offerta massima esistente ad oggi di bitcoin, nonché il 6,6% dell’offerta massima futura.

Il volume cumulativo delle balene da novembre 2022 è stato pari a 4,7 milioni di bitcoin, che valgono 76 miliardi di dollari, mentre il differenziale tra entrate e uscite a livello cumulato su questi wallet è stato positivo e pari a 24 mila bitcoin (390 milioni di dollari). E se le balene segnano un trend, questo potrebbe essere l’avvio, appena embrionale, di una nuova fase di accumulo del mercato. E chissà, a breve, del ritorno del Toro.