Oggi l’IA può essere vista sia come opportunità, sia come minaccia. Intervista ad Alessandro Acerbi

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L’intelligenza artificiale (IA) è un argomento che suscita dibattiti accesi sia tra gli esperti del settore sia tra il pubblico generale. Le opinioni variano, e l’IA può essere vista sia come opportunità sia come una minaccia, a seconda delle prospettive. Vediamo entrambi i lati della medaglia.

Opportunità

L’IA può automatizzare compiti ripetitivi e noiosi, permettendo alle persone di concentrarsi su lavori più creativi e strategici. Gli algoritmi di IA possono analizzare enormi quantità di dati molto più rapidamente rispetto agli esseri umani, accelerando processi decisionali e produttivi, ad esempio la scoperta di nuovi farmaci o nuovi metodi per migliorare le diagnosi mediche e analizzare dati complessi.

Gli algoritmi di IA possono rilevare e rispondere rapidamente alle minacce informatiche, proteggendo i dati e i sistemi, e nel settore finanziario l’IA può aiutare a identificare e prevenire frodi in tempo reale.

Minacce

Si parla di perdita di posti di lavoro specialmente quelli che coinvolgono compiti ripetitivi e manuali: inoltre le decisioni basate sull’IA possono avere conseguenze discriminatorie, influenzando negativamente alcune categorie di persone. Se non progettati e addestrati correttamente, gli algoritmi di IA possono perpetuare e amplificare pregiudizi esistenti.
Senza adeguate tutele, i dati personali possono essere utilizzati in modi non etici o senza il consenso dell’individuo. Del resto la crescente autonomia dell’IA pone questioni etiche e di controllo, soprattutto in ambiti come la difesa e la sicurezza.

Intervista ad Alessandro Acerbi, Partner presso Studio Associato Acerbi
Consulente d’impresa per l’amministrazione del personale

INTELLIGENZA ARTIFICIALE: OPPORTUNITÀ O MINACCIA?

“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” questa le parole di Tancredi immortale personaggio della penna di Tommasi di Lampedusa e così credo sarà nell’immediato futuro in tema di intelligenza artificiale, ma andiamo con ordine, da sempre gli strumenti pensati dall’uomo sono stati inventati ed utilizzati per aiutarlo a svolgere le proprie mansioni, dalla creazione della ruota ad oggi”.

Che rischio concreto c’è in termini di sostituzione delle persone reali da parte di robot informatici?

“Teniamo bene a mente il concetto di strumento a servizio dell’uomo e non in piena sostituzione dello stesso, poiché anche le più grandi invenzioni non hanno di fatto sostituito in toto l’uomo ma, semmai, lo hanno aiutato a svolgere compiti diversi”.

Ci fa qualche esempio?

“Pensiamo, per fare un esempio, ai robot nei processi di produzione industriali, nella metalmeccanica di precisione. Ecco, in questo esempio la macchina prende il posto dell’uomo (meno preciso e meno efficiente in quella fase di lavorazione) che però non viene veramente sostituito, poiché al controllo del robot, alla programmazione ed alla manutenzione provvederà pur sempre un uomo”.

Ci sono dei lavori che rischiano l’estinzione?

“Ci sono mestieri che si sono estinti con l’evolversi della tecnologia, pensiamo all’arrotino, al lattaio o all’ombrellaio, ma non sono venute meno le persone che lo svolgevano, o meglio si sono ricollocati presso altre arti o mestieri ed i loro discendenti hanno valutato non più il lavoro del genitore, ma quello che il mercato del lavoro del tempo richiedeva. Nella transizione tra una tecnologia ed un’altra è quindi fondamentale comprendere quali saranno le nuove figure professionali agenti e quali invece dovranno cercare di ricollocarsi, magari con percorsi di formazione finanziata ad hoc, o se sussistono i requisiti anagrafici e contributivi, con una uscita accompagnata dal mondo del lavoro. Il cambiamento veloce spaventa ma, la misura dell’intelligenza è data dalla proprio dalla capacità di cambiare quando è necessario, ricordate le giraffe di Darwin”.

Nota della redazione: per Darwin in un branco di giraffe con il collo corto un giorno ne nacque una col collo più lungo. Grazie a tale particolarità quella giraffa poté arrivare più facilmente alle foglie più tenere degli alberi e quindi nutrirsi meglio delle compagne, diventando così più forte e robusta.