Romano Mairano, l’Archetipo del mercante veneziano
Tutti noi conosciamo Venezia come la repubblica marinara e mercantile per eccellenza. Una repubblica che ha saputo diventar padrona del Mediterraneo, grazie alla forza dei suoi mercanti, che facevano da apripista per il mondo commerciale europeo nel Vicino Oriente.
Ma quali erano le imprese, con tutti i rischi del caso, che il mercante veneziano tipo doveva affrontare?
Per scoprirlo dobbiamo guardare alla figura di Romano Mairano, le cui vicissitudine, raccontate e menzionate in numerosi carteggi (raccolti dai discendenti nei secoli), sono arrivate sino a noi, dandoci la possibilità di avere uno sguardo approfondito sull’andamento complessivo del commercio veneziano nella seconda metà del secolo XII.
Romano Mairano era di modestissime origini; i suoi genitori e parenti non si erano mai occupati di commercio. All’inizio della carriera non disponeva di grandi risorse, infatti era solito usare il contratto di colleganza per portare avanti i suoi traffici. Con questo contratto si stabiliva un’associazione di capitali tra il mercante itinerante, povero ma disposto ad affrontare i rischi dei viaggi e quello residente, più ricco e stabile. Quest’ultimo forniva due terzi del capitale e i profitti si dividevano in parti uguali.
La svolta per Romano si ebbe nel 1152, quando si trasferì con il fratello Samuele a Costantinopoli. Inizialmente i guadagni erano limitati, trattava una scarsa quantità di merci, frequentando solo i mercati della capitale, ma nel tempo costituì una vasta rete di avamposti commerciali che andavano da Smirne e Adriamito, sulla costa dell’Asia minore fino ad Almiro in Grecia.
A partire dal 1161, le sue attività crebbero esponenzialmente ed iniziò ad allargare il proprio raggio d’azione anche a Creta, agli Stati Crociati della Terra Santa e ad Alessandria d’Egitto.
Da quel momento, Romano non usò più il contratto di colleganza e cominciò a richiedere direttamente prestiti per finanziare l’attività, dato che risultava più conveniente pagare gli interessi, che dover spartire il guadagno.
Nel 1168 le tensioni crescenti con l’Impero Bizantino spinsero il doge ad ordinare il rimpatrio di tutti i veneziani operanti a Costantinopoli, ma Mairano rimase e provò a speculare su questa vicenda. Nell’ottobre 1169 infatti ottenne dal Patriarca di Grado, Enrico Dandolo, la concessione per sei anni di tutti gli edifici, le bilance e i pesi e le misure per l’olio, il vino e il miele che il prelato possedeva a Costantinopoli; sostanzialmente, Romano ottenne il monopolio dell’infrastruttura commerciale veneziana nella capitale bizantina.
La sua attività subì però un durissimo colpo nel marzo 1171, quando l’imperatore Manuele I Comneno ordinò l’arresto di tutti i veneziani residenti nell’Impero e il sequestro dei loro beni. Mairano questa volta fuggì, ma perse quasi tutta la sua immensa fortuna.
Per riprendersi, cominciò a commerciare per tutto il Mediterraneo, ad Alessandria, ad Acri, a Messina, anche per conto di grandi famiglie patrizie veneziane.
Nel 1190 dopo un’assenza di vent’anni, ritornò finalmente a Costantinopoli, di nuovo più ricco che mai; morirà a Venezia nel 1207.
La sua vita, oltre ad essere un esempio di carriera mercantile veneziana standard, è anche un evidente esempio storia di un self made man, che può essere d’ispirazione ancora oggi.