Il ruggito della Fed

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Spesso, le conferenze stampa delle banche centrali confermano semplicemente le aspettative, con potenzialmente qualche piccolo colpo di scena che agita il mercato per un paio di giorni. La conferenza stampa della Fed statunitense della scorsa settimana si è rivelata molto diversa. L’audace dichiarazione della Fed ha innescato alcuni cambiamenti straordinari nella curva dei rendimenti USA, nel dollaro e nei tassi reali USA. Quali sono le potenziali implicazioni di una banca centrale statunitense più suscettibile?

Essenzialmente, il messaggio del presidente della Fed Powell è stato che la spinta inflattiva è un rischio di coda e che la politica della Fed potrebbe normalizzarsi prima qualora i dati sull’inflazione si discostassero dal percorso previsto. La Fed ha alzato le stime di CPI (Indice dei prezzi al consumo) e PCE (Personal Consumption Expenditure) per il 2021 e il 2022 ma le ha tenute ferme per il 2023. Entro la fine del 2023, la disoccupazione dovrebbe scendere al 3,9%. Le proiezioni dei tassi d’interesse della Fed suggeriscono una maggiore probabilità di un aumento iniziale alla fine del 2022, con un inasprimento che continuerà fino a un probabile terzo rialzo dei tassi entro il primo trimestre del 2024. Il 16 giugno, la Fed ha dato al mercato una lezione di leadership: il denaro a costo zero per sempre non deve essere dato per scontato.

Diamo un’occhiata più da vicino alle reazioni del mercato:

  • Appiattimento rialzista aggressivo della curva dei rendimenti dei titoli di stato USA. Il differenziale dei tassi tra 2 anni e 30 anni ha subito un forte movimentoscendendo di 23,5 bps. I tassi a due anni sono saliti allo 0,255% durante la settimana, mentre i tassi a 30 anni sono scesi di 12,5 bps al 2,015%. I tassi decennali si sono mossi poco, finendo all’1,44%.  Il nostro auspicio di metà marzo/metà maggio sul tasso 5-year-5-year forward sopra il 2,5% è stato confermato, dato che hanno chiuso al 2,07%. I tassi decennali potrebbero stabilirsi all’interno di un confortante range 1,25%-1,50%. Il targeting medio dell’inflazione è retrospettivo e data l’alta volatilità prevista degli indicatori di inflazione, il fatto di fissare dei target potrebbe diventare del tutto residuale nel processo di determinazione dei tassi. Invece, la volatilità dei tassi varierà a seconda dei dati sui salariati nei settori non agricoli.
  • L’indice del dollaro (indice DXY) è salito dell’1,84%. Un’ulteriore posizione di forza del dollaro contro l’euro potrebbe essere in vista, dato che le discussioni sul tapering della BCE potrebbero essere rimandate e la normalizzazione della politica monetaria è ancora lontana. L’indice EMFX (JP Morgan Emerging Market Currency) è sceso del 2,33%. Dato che gli spread dei tassi reali medi tra i titoli di stato statunitensi e quelli dei mercati emergenti in valuta locale sono ancora interessanti, gli investitori hanno una seconda possibilità di entrare o di aumentare le loro posizioni nel settore delle obbligazioni dei mercati emergenti il cui rendimento è in miglioramento.
  • I tassi reali americani a cinque anni sono aumentati di 22bp, da -1,77% a -1,55%: un sell-off di rara intensità. I tassi reali decennali hanno aggiunto circa 9bp a -0,80%. Entrambi sono ancora profondamente in territorio negativo, ma le aspettative d’inflazione corrispondenti (breakeven)sono crollati di fronte alla dichiarazione di avvertimento della Fed. I breakeven quinquennali sono scesi di 7bp nel corso della settimana, ma hanno perso quasi 40bp da metà maggio, chiudendo al 2,37%, mentre i tassi breakeven decennali hanno chiuso al 2,24%. La Fed àncora le aspettative d’inflazione espresse attraverso i TIPS statunitensi. È stato fissato un intervallo. Come detto la settimana scorsa, i mercati si concentreranno maggiormente sul mercato del lavoro statunitense.

Nel valutare l’impatto a lungo termine della dichiarazione della Fed, si è attratti dal rendimento a 30 anni della curva dei rendimenti USA. La spinta all’appiattimento ha portato questo tasso chiave vicino al 2,00%. L’accelerazione dell’indebitamento del governo americano ha suggellato la fede nei tassi a lungo termine? Detto diversamente, e facendo riferimento al messaggio contenuto nel documento di Reinhart-Rogoff “Growth in a Time of Debt”, lo scostamento del debito estero lordo ha avuto un impatto sul potenziale di crescita a lungo termine dell’economia statunitense? In base a quella ricerca, quando il debito estero lordo raggiunge il 60% riduce del 2% la crescita potenziale, mentre un aumento oltre il 90% dimezza la crescita potenziale. Alla fine del 2020, il debito estero degli Stati Uniti rappresentava il 102% del PIL nominale del paese. La direzione dell’indebitamento è verso l’alto, come potrebbe essere l’impatto sulla crescita potenziale e, eventualmente, il livello dei tassi USA a lungo termine.