Federated Hermes: più “guerra fredda” o “slowbalisation”?

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Commento a cura di Silvia Dall’Angelo, Senior Economist di Federated Hermes

Il calo dell’offerta di lavoro

Una questione fondamentale è se la pandemia Covid-19 si sia o meno sviluppata su tendenze demografiche negative preesistenti, determinando così una riduzione permanente dell’offerta di lavoro nelle economie avanzate. Il calo dell’offerta di lavoro legato alla pandemia è stato inizialmente considerato temporaneo, ma la partecipazione negli Stati Uniti e nel Regno Unito non ha ancora recuperato i livelli precedenti alla pandemia.

Lo stesso non può dirsi per l’Eurozona, dove i tassi di partecipazione sono ora al di sopra dei livelli pre-Covid (anche se ancora al di sotto dei livelli prevalenti negli Stati Uniti e nel Regno Unito). Esistono tuttavia differenze significative tra i Paesi dell’Ue. Nel lungo periodo, le prospettive di crescita della forza lavoro sono incerte in tutte le economie avanzate e a medio reddito a causa dell’invecchiamento della popolazione. Sebbene la pandemia abbia segnato un’inversione di tendenza rispetto al trend post-crisi finanziaria che vedeva una maggiore partecipazione degli over 50, i fattori ciclici (andamento dell’economia e dei mercati finanziari) e strutturali (necessità di finanze pubbliche sostenibili) saranno probabilmente i principali fattori che influenzeranno la partecipazione al lavoro degli anziani nei prossimi anni. La pandemia ha dimostrato che gli investimenti in capitale umano (istruzione/formazione permanente, assistenza sanitaria) possono consentire alle persone di lavorare più a lungo.

La “guerra fredda” tecnologica tra USA e Cina

È ormai opinione condivisa che tra Stati Uniti e Cina sia in atto una “guerra fredda” tecnologica de facto, con un processo di disaccoppiamento già in atto in settori strategici come i semiconduttori. È probabile che questa dinamica diventi più pervasiva nel tempo, ma lentamente e, soprattutto, in modo non lineare, dato che le posizioni occidentali sulla Cina sono contrastanti. Gli Stati Uniti si sono concentrati, in modo bipartisan, sul contenimento della Cina per qualche tempo, mentre i leader europei, che hanno legami economici più forti con la Cina, sono stati più cauti e meno coordinati. Allo stesso tempo, la Cina ha raddoppiato i propri obiettivi di autosufficienza, concentrandosi sempre più sullo sviluppo interno di tecnologie chiave. Non è chiaro se il business si adeguerà alla linea politica, poiché le società si sono dimostrate riluttanti e opportuniste nel riconsiderare le proprie catene di approvvigionamento. In effetti, le imprese occidentali sono desiderose di mantenere (o addirittura aumentare) il proprio accesso all’enorme mercato cinese e probabilmente si muoveranno in modo reattivo ai nuovi regolamenti, sanzioni e incentivi, rendendo il percorso particolarmente lungo e accidentato. Un recente documento della Brookings Institution che analizza lo stato attuale della globalizzazione conclude che, mentre il commercio globale, i flussi di capitale e di lavoro sono rallentati dopo la crisi finanziaria globale, non si è ancora verificata un’inversione della globalizzazione.

Che dire della “slowbalisation”?

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha accentuato l’attenzione sull’onshoring e sul friend-shoring, ma lo studio Brookings osserva che gli Stati Uniti hanno sempre mostrato una tendenza a commerciare con i Paesi percepiti come amici. Un’analisi del Fmi sull’impatto della frammentazione geoeconomica ha rilevato che gli investimenti diretti globali si sono già ridotti dal 3,3% del Pil mondiale negli anni 2000 all’1,3% nel 2018-20223, con una crescente concentrazione degli investimenti nei Paesi geopoliticamente allineati. Gli scenari basati su modelli suggeriscono che la frammentazione degli investimenti diretti esteri potrebbe ridurre la produzione globale di circa il 2% nel lungo periodo, con effetti particolarmente pronunciati per le economie emergenti. Nel complesso, le nostre conclusioni dello scorso anno sulle prospettive per il 2023 sono ancora valide. Riteniamo che le attuali tendenze geopolitiche probabilmente peseranno sulle prospettive future della globalizzazione, la principale fonte degli aumenti di produttività a livello mondiale negli ultimi decenni. Sebbene questa “lenta globalizzazione” si svilupperà probabilmente in modo graduale e opportunistico nel lungo periodo, essa implica costi più elevati e perdite di efficienza, con conseguenti pressioni inflazionistiche e un peso sulla crescita economica a livello globale.