Global Biodiversity Framework. La base di una seria cooperazione internazionale per la biodiversità

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Il GBF Global Biodiversity Framework mira ad affrontare la perdita di biodiversità, ripristinare gli ecosistemi e proteggere i diritti delle popolazioni indigene. Il piano include misure concrete per arrestare e invertire la perdita della natura, inclusa la protezione del 30% del pianeta e del 30% degli ecosistemi degradati entro il 2030.

Già la prima bozza del GBF nel 2020 aveva definito la struttura dei target per il 2030: sono 20 in totale (action-oriented targets), il cui conseguimento servirà a pervenire ai goal per il 2030 e il 2050. I 20 target sono raggruppati nelle seguenti tre categorie:

  1. “riduzione delle minacce” – reducing threats to biodiversity, dove per minacce si intendono quelle indicate dall’IPBES: distruzione e degradazione degli habitat, inquinamento, sovra-sfruttamento, diffusione di specie aliene invasive, cambiamenti climatici (6 target)
  2. “uso sostenibile della biodiversità e condivisione dei benefici” – Meeting people’s needs through sustainable use and benefit-sharing (5 target)
  3. “strumenti” -Tools and solutions for implementation and mainstreaming (9 target)

Dedicare più ricerca alla tecnologia della biodiversità

“È necessario dedicare più ricerca alla tecnologia della biodiversità” ha affermato recentemente, durante la Giornata mondiale della fauna selvatica, Daniel Wild responsabile della sostenibilità della banca privata svizzera J. Safra Sarasin. E aggiunge: Potrebbe essere troppo presto per avere fondi incentrati sulla biodiversità in quanto non ci sono ancora abbastanza aziende dedicate a soluzioni pure in questo settore”. La biodiversità è diventata sempre più importante per gli investitori nell’ultimo anno con la Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (COP 15) che ha portato alla luce le sfide e i rischi che circondano la perdita di biodiversità e dove i leader hanno appunto creato il Global Biodiversity Framework.
I prodotti della biodiversità possono finire per sembrare molto simili in termini di partecipazioni ai fondi climatici o ESG. Non capiamo abbastanza la biodiversità rispetto, ad esempio, al cambiamento climatico: siamo indietro di 10-15 anni” concludeva Daniel Wild, che ha anche voluto sottolineare che il tema della biodiversità è “enorme” ed “estremamente importante” e ha affermato che più della metà dell’economia globale dipende direttamente o indirettamente dal funzionamento degli ecosistemi.

Global Biodiversity Framework: la base per la cooperazione

La presidenza cinese di Cop15 ha spinto per un accordo di grande respiro, ma con qualche annacquamento sugli impegni e impatti del mondo industriale, su pesticidi e sui meccanismi di verifica, nonostante le proteste di alcuni Paesi africani come la Repubblica Democratica del Congo, Camerun e Uganda. Fuori dalla convenzione sono solo Stati Uniti, Vaticano, Corea del Nord e Yemen.

“Il Global Biodiversity Framework deve essere il trampolino di lancio per l’azione dei governi, delle imprese e della società verso la transizione verso un mondo positivo per la natura, a sostegno dell’azione per il clima e degli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, ha dichiarato nell’occasione Marco Lambertini, direttore generale di Wwf International. Secondo il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, “l’accordo finale non è sufficiente. Per garantirne l’efficacia, serve un’azione forte e decisa da parte dei governi che dovranno attuare l’accordo a livello nazionale. Dall’Italia, che è il Paese europeo con maggiore biodiversità, ci aspettiamo un’azione politica seria e decisa in questa direzione”.

Risorse per la biodiversità

Con il Global Biodiversity Framework si dovranno eliminare gradualmente o riformare entro il 2030 i sussidi che danneggiano la biodiversità per un valore di 500 miliardi di dollari all’anno, aumentando gli incentivi positivi per la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità. Oltre ai sussidi l’attenzione di tutti i Paesi in via di sviluppo era sulle risorse. Si è stabilito di investire almeno 200 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti nazionali e internazionali relativi alla biodiversità provenienti da pubblico e privato. Servirà sostenere i Paesi meno sviluppati e gli stati insulari con almeno 20 miliardi di dollari all’anno entro il 2025 e con 30 miliardi all’anno entro il 2030 utilizzando un nuovo Fondo per la Biodiversità che dovrà essere pronto il prossimo anno all’interno del Global Environmental Fund (Gef), un’istituzione che da decenni sostiene investimenti su clima e natura canalizzando risorse dai paesi Ocse.