Analisi ClimateSeed| Crediti di carbonio, il mercato cambia volto: nuove regole, più trasparenza e un ruolo crescente per l’Italia dopo la COP30.Analisi ClimateSeed| Crediti di carbonio, il mercato cambia volto: nuove regole, più trasparenza e un ruolo crescente per l’Italia dopo la COP30.
I crediti di carbonio stanno assumendo un ruolo sempre più centrale nel contrasto al cambiamento climatico. Ogni credito attesta la riduzione o l’assorbimento di una tonnellata di CO2 dall’atmosfera, generate da progetti certificati. Le imprese possono acquistarli per supportare questi progetti e contribuire agli obiettivi di mitigazione del cambiamento climatico. Dopo la COP30 di Belém e alla luce delle nuove norme europee, il mercato volontario dei crediti di carbonio sta attraversando una fase di ridefinizione, destinata a modificarne credibilità, funzionamento e impatto. ClimateSeed, startup che offre alle imprese software e consulenza esperta in decarbonizzazione per misurare l’impronta di carbonio e implementare strategie di riduzione e compensazione delle emissioni di gas serra, ha elaborato uno scenario focalizzato sul mercato volontario del carbonio e sulla direzione che sta prendendo.
Crediti di carbonio: cosa sono e come funzionano
I crediti di carbonio sono unità che attestano riduzioni o rimozioni di CO₂ (ogni credito di carbonio equivale a una tonnellata di CO₂), generati da progetti certificati, che rappresentano uno strumento per contribuire alla neutralità carbonio globale. I crediti rappresentano infatti le riduzioni di CO₂ ottenute da specifici progetti, come interventi forestali, tutela degli ecosistemi o tecnologie di assorbimento e stoccaggio della CO₂, spesso localizzati in aree dove tali azioni risultano più necessarie. Le imprese possono poi acquistare questi crediti per sostenere tali progetti e contribuire agli interventi (già in atto) di mitigazione sostenendo anche gli impatti ambientali e sociali positivi del progetto. Si tratta di un’azione complementare agli sforzi di decarbonizzazione delle aziende, che permette di dare un contributo aggiuntivo al di fuori della propria catena di valore.
Per essere validi, i crediti devono rispettare criteri rigorosi e per questo le riduzioni delle emissioni dei progetti devono essere reali, misurabili, permanenti e addizionali, cioè non dovute a obblighi normativi e non realizzabili senza il finanziamento derivante dalla vendita dei crediti. Per generare crediti di carbonio, i progetti devono essere certificati e verificati periodicamente. Una volta ottenuta la certificazione, vengono emessi i crediti equivalenti alla quantità di CO2 ridotta o assorbita dal progetto, per poi essere serializzati, tracciati e ritirati tramite registri elettronici. Secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) l’uso dei crediti non sostituisce le riduzioni dirette delle emissioni, ma rappresenta uno strumento complementare per sostenere progetti ad alto impatto nella lotta al cambiamento climatico.
Crediti di carbonio in Italia: verso un nuovo registro nazionale
In Italia il mercato volontario dei crediti di carbonio è ancora giovane e molto diverso da quello degli altri Paesi europei. A oggi, solo il 7% dei crediti acquistati dalle aziende italiane è generato sul territorio nazionale, mentre il restante 93% proviene da progetti esteri, soprattutto in paesi in via di sviluppo molto impattati dal cambiamento climatico. È in questo contesto che lo scorso novembre, il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha annunciato l’avvio del Registro nazionale dei crediti di carbonio, il primo tentativo strutturato di creare un mercato domestico stabile, credibile e pienamente tracciabile.
Il Registro, che inizialmente riguarderà solo i progetti forestali e la gestione sostenibile dei suoli, introduce metodologie uniformi per misurare e certificare la riduzione di CO₂, controlli indipendenti e una piattaforma pubblica che permetterà di seguire ogni fase della generazione e della vendita/ritiro dei crediti. L’obiettivo è di dare alle imprese uno strumento certificato e sostenere lo sviluppo economico e ambientale a livello locale in complemento alle azioni effettuate all’estero (che restano necessarie, soprattutto in paesi in via di sviluppo).
Pur essendo stato presentato politicamente e tecnicamente, il Registro non è ancora operativo; per renderlo pienamente funzionante si attende il decreto attuativo del MASAF (Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste), previsto per il 2026. Il decreto definirà le procedure per l’iscrizione dei progetti, i criteri di aggiornamento delle quantità di CO₂ assorbite, i meccanismi di verifica indipendente e le modalità con cui i crediti potranno essere ritirati dal mercato.
Crediti di carbonio nel mondo: verso un mercato più regolato
A livello internazionale, la COP30 di Belém ha inaugurato un cambio di passo con il Belém Package, 29 decisioni che puntano a rendere operativi gli impegni climatici degli ultimi anni. Ma quali sono le misure previste dal pacchetto? Il pacchetto prevede il triplicamento dei finanziamenti per l’adattamento entro il 2035, il lancio del Global Implementation Accelerator per accelerare l’attuazione delle politiche climatiche, e l’avvio della Belém Mission to 1.5°C, con l’obiettivo dichiarato di riportare il mondo su una traiettoria compatibile con il limite di 1,5°C. È stato inoltre istituito il fondo Tropical Forests Forever per proteggere le foreste tropicali, mentre i Paesi si sono impegnati a mobilitare 1,3 trilioni di dollari l’anno entro il 2035, confermando anche l’avvio operativo del Loss and Damage Fund destinato ai paesi più colpiti dagli impatti climatici.
Parallelamente, alla COP30 sono arrivati aggiornamenti sull’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, il meccanismo che regola la governance globale dei crediti di carbonio. Il Supervisory Body delle Nazioni Unite (l’organo incaricato di definire le regole operative) ha esteso fino a giugno 2026 il passaggio dal vecchio sistema CDM[1], nato con il protocollo di Kyoto, al nuovo PACM [2], previsto dall’Accordo di Parigi. Allo stesso tempo, è stato introdotto un nuovo standard più flessibile per gestire le “reversals”, ovvero le perdite di benefici climatici nel tempo, con misure particolarmente favorevoli ai progetti nature-based, legati alla tutela e al ripristino degli ecosistemi. Quindi, a fronte di alcuni progressi sul piano regolatorio, permangono incertezze sulla governance globale e sulle modalità di implementazione concreta dei nuovi meccanismi. È probabile che i più grandi risultati li vedremo nel 2026.
Crediti di carbonio: i benefici e le sfide per le imprese
Per le aziende, il ricorso a crediti di carbonio di qualità rappresenta un elemento sempre più strategico dal punto di vista reputazionale e commerciale, quando inserito all’interno di una traiettoria credibile di riduzione delle emissioni. In assenza di criteri rigorosi e di una rendicontazione trasparente, il rischio reputazionale e di greenwashing resta infatti elevato. In un mercato guidato da criteri ESG, le imprese che dimostrano impegni climatici credibili risultano più attrattive per investitori e partner, più competitive nell’accesso a gare e bandi e capaci di rafforzare la fiducia dei consumatori, sempre più attenti alla coerenza tra dichiarazioni e azioni ambientali. Sul piano operativo, l’integrazione di crediti certificati all’interno della strategia climatica aziendale contribuisce a strutturare una governance più solida, a migliorare la precisione nella misurazione delle emissioni Scope 1, 2 e 3 e a prepararsi in modo più efficace agli obblighi di rendicontazione previsti dalla CSRD e dagli standard ESRS.
“Il mercato volontario del carbonio sta entrando in una nuova fase: ci aspettiamo che lo sviluppo continui nei prossimi anni per permettere di accelerare il supporto a progetti in coerenza con gli obiettivi di decarbonizzazione”, ha spiegato Edoardo Bertin, Head of Business Development & Growth di ClimateSeed. Nei prossimi anni diventerà sempre più regolato e standardizzato, e l’Italia, con l’applicazione del Registro, ha l’opportunità di far finanziare progetti sul territorio avvicinando imprese e territori alla transizione climatica in modo concreto. Le aziende non cercano semplicemente dei crediti, ma soluzioni affidabili, verificabili e integrate nella propria strategia Net Zero. Ed è esattamente questa la direzione verso cui si sta muovendo il mercato.”

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