Green Skills Report 2025 di LinkedIn. Competenze green: difficile colmare il divario con la domanda.
Crescono i talenti legati alla sostenibilità, ma il mercato del lavoro resta in affanno tra transizione energetica e nuove pressioni industriali
La transizione verso un’economia più sostenibile sta ridisegnando il mercato del lavoro globale, ma la velocità del cambiamento supera ancora la capacità dei sistemi formativi e delle imprese di adattarsi. È il messaggio che emerge dal Green Skills Report 2025 di LinkedIn: i lavoratori con competenze green continuano ad aumentare, con una crescita del 4,3% su base annua, ma questo ritmo non è più sufficiente a soddisfare una domanda che accelera, soprattutto nei settori legati a energia, industria, costruzioni e tecnologie digitali applicate alla sostenibilità.

Chiamateli profili green o professioni ESG: si amplia il divario tra competenze richieste e quelle disponibili
Secondo il report, la presenza di profili green è oggi più diffusa che in passato e riguarda non solo professioni ambientali “pure”, ma anche ruoli ibridi – ingegneri, data analyst, project manager – chiamati a integrare criteri ESG, efficienza energetica e riduzione delle emissioni nei processi produttivi. Tuttavia, la crescita dell’offerta sta rallentando rispetto agli anni precedenti, mentre la domanda delle imprese continua ad aumentare, ampliando il mismatch tra competenze richieste e disponibili.
Un quadro che trova conferma anche nella lettura dei grandi quotidiani economici internazionali. Il Financial Times ha più volte sottolineato come la carenza di competenze green rappresenti uno dei principali colli di bottiglia della transizione climatica, soprattutto in Europa, dove gli obiettivi di decarbonizzazione sono ambiziosi ma il capitale umano fatica a tenere il passo. In un’analisi recente, il quotidiano britannico ha evidenziato come la competizione globale per i profili specializzati in energie rinnovabili, batterie e reti elettriche intelligenti stia diventando sempre più intensa, con il rischio di rallentare investimenti già pianificati.
Anche Reuters ha messo l’accento sul problema, collegando la scarsità di competenze green alle difficoltà operative incontrate da molte aziende nel rispettare nuove normative ambientali. Secondo Reuters, la transizione non è frenata solo da costi elevati o incertezze regolatorie, ma anche dalla mancanza di tecnici, ingegneri e specialisti capaci di tradurre gli obiettivi climatici in soluzioni concrete e scalabili.
Negli Stati Uniti, il Wall Street Journal ha osservato come la domanda di green jobs stia crescendo più rapidamente dell’offerta soprattutto nei settori manifatturieri e infrastrutturali, spinta anche dagli incentivi pubblici e dai piani di rilocalizzazione industriale. Il risultato è una pressione al rialzo sui salari per i profili più qualificati e una maggiore difficoltà per le PMI, che faticano a competere con i grandi gruppi nell’attrarre talenti.
Un nodo strutturale nella sostenibilità
Il nodo non è solo quantitativo ma strutturale. Come evidenzia LinkedIn, le competenze green non si formano dall’oggi al domani: richiedono percorsi educativi, aggiornamento continuo e politiche attive del lavoro capaci di accompagnare la trasformazione dei settori tradizionali. In assenza di un’accelerazione su formazione e reskilling, il rischio è che la transizione verde resti più veloce sulla carta che nella realtà produttiva.
In sintesi, il dato del +4,3% fotografa un progresso reale, ma insufficiente. La lettura condivisa da report e stampa internazionale è chiara: senza un investimento sistemico sulle competenze, la sostenibilità rischia di diventare un vincolo invece che un motore di crescita. Un paradosso che governi e imprese sono chiamati ad affrontare ora, prima che il gap tra ambizione climatica e capacità operativa diventi strutturale.

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