ISPI: dopo un 2025 di trasformazioni radicali, il sistema internazionale 2026 come anno di scelta tra adattamento e declino
“Adattarsi al cambiamento o restare in balia degli eventi”.
Con questa formula netta, ISPI sintetizza il bivio davanti al quale si trova il sistema internazionale all’inizio del 2026, dopo un 2025 che ha accelerato trasformazioni già in atto e ne ha aperte di nuove, più radicali. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca per un secondo mandato ha segnato, secondo l’analisi dell’Istituto, una svolta simbolica e sostanziale: la riaffermazione di una logica di potenza in cui il multilateralismo arretra e i rapporti di forza tornano a prevalere sulle regole condivise.

Nel nuovo scenario, l’Europa si scopre più esposta. L’alleato statunitense appare sempre più imprevedibile, meno incline a farsi carico dei costi della stabilità globale e più concentrato su interessi nazionali immediati. Questo mutamento pesa su dossier cruciali, a partire dalla guerra in Ucraina, che all’inizio del 2026 resta lontana da una soluzione negoziata. Per l’ISPI, il conflitto continua a rappresentare non solo una tragedia regionale, ma anche un banco di prova per la capacità dell’Occidente di mantenere coesione strategica in un contesto di crescente competizione globale.
Il Medio Oriente è l’altro grande fronte aperto. La fragile tregua che ha segnato la fine del 2025 entra ora nella sua fase politicamente più delicata. Il 2026 viene descritto come “l’anno della verità”: o la tregua si consolida in un percorso più strutturato, oppure il rischio di una nuova escalation resta concreto. In un mondo in cui la forza sembra contare più delle regole, osserva l’ISPI, le crisi regionali diventano facilmente nodi di una competizione più ampia tra potenze.
Ma il confronto non si gioca più soltanto sui terreni tradizionali. La competizione si estende a nuovi spazi strategici, dallo spazio extra-atmosferico alla tecnologia, con l’Intelligenza artificiale al centro di una rivalità che riguarda sicurezza, economia e modelli di società. Chi saprà governare questi ambiti avrà un vantaggio strutturale nel medio-lungo periodo, mentre chi resterà indietro rischia una marginalizzazione difficilmente recuperabile.
In questo quadro, l’ISPI sottolinea anche il ritorno del tema della leadership. Il “ciclone Trump” ha rimesso al centro il ruolo delle scelte individuali, delle decisioni politiche prese da donne e uomini chiamati a guidare i propri Paesi in una fase di discontinuità storica. Il 2026, secondo l’Istituto, non sarà solo un anno di eventi, ma un anno di decisioni: la capacità di adattarsi al cambiamento, di leggere per tempo le nuove dinamiche e di costruire risposte credibili definirà non solo l’andamento dei prossimi mesi, ma gli equilibri futuri di un mondo sempre più incerto.
Il messaggio di fondo è chiaro: il tempo dell’attesa è finito. Nel 2026, avverte l’ISPI, adattarsi non sarà un’opzione tra le altre, ma una condizione necessaria per non restare schiacciati dal ritorno della politica di potenza.

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