Materiali critici: la sfida della sovranità europea

Valentin Vigier, Responsabile Investimenti Sostenibili, La Financière de l’Échiquier (LFDE) -

Stando alla Commissione europea, una materia prima è considerata critica quando unisce una “elevata importanza economica” e un “elevato rischio di approvvigionamento”. Una definizione, questa, che assume pieno significato nell’attuale contesto geopolitico, dove il concetto di sovranità campeggia in primo piano. L’Europa deve rafforzare il suo accesso ad alcune materie prime, attraverso un percorso che comporta costi finanziari, ambientali e sociali significativi. Il successo dell’Europa sulla via dell’autonomia dipenderà dall’equilibrio raggiunto tra sovranità e questioni ambientali e sociali.

L’Europa sotto pressione

L’equazione non è semplice. Mentre la domanda di materie prime è sostenuta dalle esigenze esorbitanti dell’Intelligenza Artificiale, della transizione energetica, dell’elettrificazione e del riarmo europeo, la sfida principale cui l’Europa è confrontata è quella dell’approvvigionamento di decine di risorse: litio, cobalto, rame, terre rare… Sono indispensabili, infatti, per la produzione di batterie, pannelli solari, data center e molti altri componenti chiave. Ad accentuare i rischi di questa forte dipendenza è la guerra commerciale. La Cina, che controlla l’85% delle terre rare mondiali, ha recentemente dimostrato di poterne interrompere l’approvvigionamento per influenzare le trattative. Il governo americano si sta interessando sempre di più al settore dei minerali critici, dimostrando di voler attuare un cambiamento strategico volto a garantire la sicurezza delle catene di approvvigionamento nazionali e ridurre la sua dipendenza.

Messa alle strette, l’Unione Europea sta implementando un quadro legislativo per rafforzare la sua sovranità. Nel 2025 ha pubblicato un elenco di 47 progetti strategici sul suo territorio che beneficeranno di investimenti per oltre 22 miliardi di euro, oltre che di procedure accelerate per contribuire alle sue ambizioni di riciclaggio, trasformazione ed estrazione entro il 2030.

Equilibrio tra sovranità e controllo degli impatti

L’equilibrio è delicato tra la ricerca della sovranità e il controllo degli impatti dei progetti visto che l’industria mineraria è allo stesso tempo indispensabile per la transizione energetica e una delle più esposte ai rischi ambientali e sociali. L’adesione delle popolazioni locali ai progetti è fondamentale.  Alcune aziende stanno affrontando queste sfide tanto importanti quanto complesse.

Imerys, azienda francese specializzata nella trasformazione dei minerali, ha lanciato nel centro della Francia, nel dipartimento dell’Allier, il progetto EMILI (Exploitation de Mica Lithinifère par Imerys) che copre tutte le fasi della trasformazione del litio, dall’estrazione alla costruzione di un’infrastruttura fatta di una miniera sotterranea, un impianto di concentrazione e una piattaforma ferroviaria. Si tratta di un processo lungo, poiché soggetto a molteplici autorizzazioni e a una consultazione sugli impatti ambientali, la gestione delle risorse idriche e i rischi sanitari. Il progetto JADAR dell’azienda anglo-australiana Rio Tinto in Serbia è un altro esempio da citare. Avviato nel 2021, questo progetto relativo allo sfruttamento di uno dei più grandi giacimenti di litio d’Europa mirava a produrre fino a 58.000 tonnellate all’anno, per il mercato delle batterie per veicoli elettrici principalmente. A causa della forte opposizione locale motivata da preoccupazioni ambientali legate all’impatto sull’acqua, sui terreni agricoli e sulla biodiversità, il governo serbo lo ha sospeso nel 2022, annullando le licenze di esercizio di Rio Tinto. A riprova del fatto che l’accettabilità è fondamentale, nonostante la crescente domanda di litio e l’interesse strategico del sito, e nonostante le trattative fossero riprese nel 2024, il gruppo ha appena annunciato la sospensione del progetto a tempo indeterminato.

L’azienda chimica belga Solvay ha invece annunciato da poco l’espansione della sua capacità di produzione di terre rare nel sud-ovest della Francia, a La Rochelle, per fornire il 30% del fabbisogno europeo di magneti permanenti entro il 2030. Al di là delle considerazioni ambientali, su questa scale l’aspetto economico è fondamentale, e la direzione ha già avvertito che queste ambizioni potranno concretizzarsi a condizione soltanto che i governi e i clienti accettino di sostenere un costo superiore a quello dei concorrenti, in particolare cinesi, ovvero di pagare un sovrapprezzo per garantire la sovranità.

Tante sfide per il futuro dell’Europa e per gli investitori responsabili che dovranno identificare le aziende in grado di rispondere alle sfide attuali, implementando al contempo una solida strategia di CSR.