La Riforma del Testo Unico della Finanza: il contributo del Private Banking al mercato dei capitali
La riforma del Testo Unico della Finanza (TUF) entra in una fase decisiva e il confronto con gli operatori di mercato diventa sempre più centrale. In questo contesto si inserisce l’audizione di AIPB Associazione Italiana Private Banking presso le Commissioni riunite Giustizia e Finanze di Senato e Camera, un passaggio che segna il riconoscimento del ruolo strategico del Private Banking nello sviluppo di un mercato dei capitali più profondo, efficiente e competitivo.
Nel suo intervento, il presidente Andrea Enrico Ragaini ha sottolineato come il Private Banking rappresenti un anello di congiunzione fondamentale tra risparmio privato e sistema produttivo. Un segmento che, per natura, opera con investitori assistiti da consulenza evoluta e gestione professionale, e che può contribuire in modo significativo al rafforzamento della Capital Markets Union europea e alla canalizzazione del risparmio verso l’economia reale.
Il primo punto sollevato dall’AIPB riguarda la semplificazione dell’accesso ai FIA riservati per gli investitori seguiti da consulenza o gestione. L’attuale impianto normativo, pensato in una logica fortemente prudenziale, rischia di creare barriere non proporzionate per una clientela che dispone di competenze, patrimonio e assistenza professionale. Secondo l’Associazione, una revisione mirata consentirebbe di ampliare le opportunità di investimento senza indebolire le tutele, favorendo al contempo il finanziamento di imprese, infrastrutture e progetti di lungo periodo.
La seconda priorità riguarda il rafforzamento del dialogo strutturato con le Autorità di Vigilanza. AIPB ha proposto di riconoscere alle Associazioni di categoria la possibilità di porre quesiti ufficiali e ottenere interpretazioni formali, riducendo l’incertezza regolamentare. In un quadro normativo sempre più complesso, la chiarezza applicativa diventa infatti un fattore competitivo, capace di ridurre i costi di compliance e migliorare la qualità del servizio alla clientela.
Infine, il tema dei criteri di adeguatezza. L’Associazione chiede un approccio più proporzionato e coerente con le caratteristiche della clientela Private, superando modelli standardizzati che non tengono conto del livello di sofisticazione finanziaria e del rapporto continuativo con il consulente. Una revisione in questo senso consentirebbe di conciliare meglio tutela dell’investitore e capacità di costruire portafogli realmente efficienti e diversificati.

Il monito del presidente di AIPB, Andrea Enrico Ragaini
“Ad oggi, uno dei principali ostacoli alla canalizzazione del risparmio privato verso investimenti produttivi è rappresentato dalle restrizioni applicabili alla prestazione di servizi di consulenza o gestione di portafoglio evoluti a beneficio di una clientela retail sofisticata e di alto profilo, qual è la clientela del Private Banking.
L’ applicazione di un approccio uniforme, in termini di tutele, a tutti gli investitori retail – indipendentemente dalle loro caratteristiche, disponibilità patrimoniali, etc. – riduce, di fatto, l’accesso di una buona parte del risparmio privato a strumenti di investimento alternativi o anche singoli titoli azionari, quotati o non quotati.
AIPB propone di introdurre, all’interno del TUF, una norma che riconosca espressamente la possibilità di utilizzare algoritmi di adeguatezza differenziati a seconda, tra l’altro, delle caratteristiche della clientela retail destinataria del servizio. In tal modo, verrebbero introdotti degli elementi di granularità nella valutazione di adeguatezza, che consentirebbero di valorizzare alcune caratteristiche tipiche della clientela retail che
beneficia di servizi di consulenza o gestione evoluti, ampliando la possibilità di realizzare investimenti in titoli azionari o prodotti di investimento alternativi, in linea con gli obiettivi della riforma del TUF”.
Nel complesso, il contributo dell’AIPB alla riforma del TUF va nella direzione di una regolazione più moderna, capace di distinguere tra diversi profili di investitori e di valorizzare il ruolo degli intermediari specializzati. Una riforma che, se ben calibrata, può diventare una leva per rafforzare il mercato dei capitali italiano, aumentare la competitività del sistema finanziario e sostenere la crescita dell’economia reale.

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