La svendita agli stranieri del sistema industriale italiano. L’opinione di Stefano Masullo
Il concetto della “svendita agli stranieri del sistema industriale italiano” è un tema ricorrente nel dibattito economico nazionale da oltre vent’anni e viene ripreso, in chiave critica, anche da Stefano Masullo nei suoi lavori dedicati a impresa, management e governance economica. Al di là delle qualifiche personali, l’argomento merita di essere approfondito per il suo contenuto strutturale, perché intercetta una fragilità reale del capitalismo italiano.

Un capitalismo vulnerabile
L’Italia è storicamente un Paese di PMI familiari, spesso eccellenti sul piano produttivo ma sottocapitalizzate, poco presenti sui mercati finanziari e con una limitata propensione alla crescita dimensionale. Questo modello ha garantito flessibilità e specializzazione, ma ha mostrato i suoi limiti nei momenti di crisi: successioni non pianificate, difficoltà di accesso al credito, scarsa apertura a capitali pazienti.
In questo contesto, l’ingresso di investitori esteri come fondi, multinazionali, gruppi industriali, è diventato frequente. Il punto centrale della riflessione non è l’investimento straniero in sé, che può essere una leva di sviluppo, ma le condizioni in cui avviene: spesso a valori depressi, in assenza di una strategia industriale nazionale e con una perdita progressiva dei centri decisionali.
Il nodo del controllo
Un aspetto chiave è la differenza tra capitale e controllo. In molti casi, l’Italia non perde solo proprietà, ma governo industriale, ricerca, scelte strategiche, localizzazione delle filiere. Questo fenomeno è stato evidente in settori come agroalimentare, moda, meccanica, chimica fine, dove marchi storici sono stati acquisiti mantenendo il brand ma spostando valore aggiunto, brevetti e decisioni altrove.
Assenza di una politica industriale
Il tema si lega a un vuoto più ampio: la debolezza della politica industriale italiana rispetto ad altri Paesi europei. Francia e Germania hanno sviluppato strumenti di protezione selettiva, fondi sovrani, golden power esteso, banche pubbliche orientate alla crescita. L’Italia ha reagito spesso in modo tardivo e difensivo, lasciando che il mercato decidesse anche su asset strategici.
La tesi non invoca un ritorno al protezionismo, bensì una strategia di sistema: rafforzamento patrimoniale delle imprese, educazione finanziaria degli imprenditori, passaggio generazionale strutturato, utilizzo intelligente del risparmio privato e del private banking, ruolo attivo di Cassa Depositi e Prestiti e del mercato dei capitali.
Una questione di sovranità economica
In definitiva, la “svendita” non è solo economica ma politica e culturale. Riguarda la capacità di un Paese di decidere il proprio futuro produttivo. Il rischio, sottolineato da Masullo e da molti economisti, è quello di diventare un’economia di subfornitura ad alta qualità ma a bassa autonomia, con occupazione fragile e minore capacità di affrontare le transizioni tecnologiche ed energetiche.
Il dibattito resta aperto, ma una cosa è chiara: senza una visione di lungo periodo, l’apertura ai capitali esteri rischia di trasformarsi da opportunità a perdita strutturale di valore.

Nel dibattito sulla progressiva perdita di controllo del sistema industriale italiano, Stefano Masullo ha espresso da tempo una posizione netta e coerente, ribadita in più interventi e pubblicazioni dedicate alla governance d’impresa e alla sovranità economica.
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Mente e denaro
Sala Stampa