Previdenza complementare (e non solo). Le performance dei fondi pensione sono le peggiori degli ultimi 15 anni
Previdenza complementare —
Fondi pensione: recuperare valore
Tratto da www.itinerariprevidenziali.it — di Michaela Camilleri —
Nel 2022 le performance registrate dai fondi pensione sono state le peggiori degli ultimi 15 anni e, per la prima volta dopo molti anni, non hanno consentito di battere i rendimenti obiettivo (TFR, inflazione e media quinquennale del PIL).
Peraltro, l’anno trascorso non è stato caratterizzato solo da una crisi dei mercati finanziari, come ad esempio il 1929 con la Grande Depressione; il 2022 è stato semmai più simile alla crisi inflazionistica del 1973-74, causata dall’incremento dei prezzi energetici. Una crisi che ha generato una perdita in termini di valori reali dei patrimoni previdenziali e, più in generale, istituzionali che si aggira intorno al 9-10%. Negli anni Settanta, la ripresa fu lunga e la stagnazione dei rendimenti durò una decina di anni, con un’inflazione che restò sopra il 5% fino al 1987. Anche la crisi delle dot-com, seguita da quella dei subprime tra il 1999 e il 2010, fu pesante per i mercati finanziari e durò oltre 10 anni ma l’inflazione rimase abbondantemente sotto il 2,5% e i rendimenti obbligazionari costantemente sopra il 4%. Solo negli ultimi 5 anni sui mercati finanziari si sono alternate fasi positive e negative, con il 2018 negativo e il 2019 positivo, il 2020 negativo e il 2021 positivo. In linea di massima, si è trattato di eventi a V o a U con perdite e successivi rapidi recuperi.
Quella del 2022, invece, è una crisi doppia: di rendimenti e di valore che necessiterà di tempo per poter essere recuperata e dipenderà soprattutto dall’andamento dell’inflazione dei mercati obbligazionari.
I risultati dei fondi pensione nel 2022
Nel 2022 l’andamento dei mercati finanziari è stato fortemente condizionato dalle tensioni geopolitiche dovute allo scoppio della guerra in Ucraina, che hanno causato un forte rincaro dei prezzi dei beni energetici e dell’inflazione complessiva. Per contrastare questo aumento, le Banche Centrali (FED e BCE) hanno attuato una politica monetaria fortemente restrittiva, rivedendo al rialzo le stime sui tassi di interesse, con conseguenti ribassi nei corsi dei titoli di debito. Anche i listini azionari globali hanno risentito negativamente della risalita dei tassi e dell’incertezza complessiva.
Le tendenze osservate sui mercati si sono riflesse sui risultati ottenuti dagli investitori previdenziali, che, ad eccezione delle gestioni separate, hanno registrato in media rendimenti negativi: i PIP – unit linked e i fondi aperti hanno segnato performance rispettivamente pari a -11,5% e -10,7%, seguiti dai fondi negoziali, con il -9,8%, e dai fondi preesistenti con il -4,4%; restano in campo positivo i PIP – gestioni separate (+1,2%). Per la prima volta dopo molti anni, i rendimenti conseguiti non hanno consentito di battere i parametri obiettivo e, in particolare, il benchmark di riferimento, cioè il TFR che ha fatto segnare un +8,3% contro il 4,9% dei negoziali, il + 4,1% dei preesistenti e il + 6,4% degli aperti.
Tabella 1 – I rendimenti della previdenza complementare
Fonte: elaborazioni Itinerari Previdenziali su dati COVIP
Entrando più nel dettaglio dei rendimenti per tipologia di linee di investimento, i comparti azionari hanno risentito maggiormente dell’andamento negativi dei mercati, con perdite in media pari al 13,2% nei PIP “nuovi”, al 12,5% nei fondi aperti e all’11,7% nei negoziali. Anche i comparti obbligazionari hanno subito perdite consistenti: per gli obbligazionari misti nell’ordine del 10,3% nei negoziali, del 7,6% negli aperti e del 5,2% nei PIP di ramo III; per gli
