Ma questa è solo una goccia nell’oceano di energia rinnovabile che il Paese potrebbe ricavare dall’eolico offshore, anche solo concentrandosi sugli impianti floating: ovvero quelli non radicati sul fondale marino ma composti da una struttura galleggiante, attraccata al fondale tramite un sistema di ancoraggio e cavi, in modo da ridurre al minimo l’impatto ambientale.
Floating offshore wind community
Diffondere l’impiego di questa tecnologia è l’obiettivo della Floating offshore wind community, un progetto creato da The European House – Ambrosetti insieme a Renantis, BlueFloat Energy, Fincantieri ed Acciaierie d’Italia (ex Ilva), e presentato a Cernobbio.
«L’eolico offshore galleggiante – spiega Valerio De Molli, AD di Ambrosetti – può essere la chiave per accelerare la transizione verde, grazie al potenziale energetico e ai limitati impatti ambientali e sociali, nonché alle ricadute positive sulla filiera industriale italiana».
Basti osservare che il potenziale dell’eolico offshore galleggiante viene stimato, per il nostro Paese, in 207,3 GW: si parla di una potenza in grado di generare elettricità per 540,8 TWh/anno, ovvero 1,7 volte l’intera domanda elettrica nazionale. Eppure in Italia l’obiettivo al 2030 per l’eolico offshore (galleggiante o meno) si ferma ad appena 2,1 GW, quando invece la Germania punta a 30 GW, il Regno Unito a 50 GW e la Cina a 60 GW.
Mantenere un target così piccolo significherebbe rinunciare a quasi tutte le ricadute socioeconomiche che la filiera dell’eolico offshore galleggiante potrebbe sviluppare. “Alcuni settori chiave per l’Italia” secondo lo studio presentato ” in particolare quello dei prodotti metallici, dei materiali da costruzione, della meccanica avanzata, delle naval-meccanica e delle attrezzature elettriche, per un totale di 255,6 miliardi di Euro (2° Paese in Ue dietro alla Germania) e 1,3 milioni di occupati».
I porti italiani
Tra le infrastrutture da migliorare ci sono quelle dei porti: in Italia non esistono porti con i requisiti per sviluppare un progetto di eolico offshore di questo tipo: “Sono necessarie centinaia di milioni di euro per adeguare le attuali infrastrutture” ribadisce Valerio De Molli.. “Anzitutto manca l’individuazione di un obiettivo ambizioso, che dovrebbe essere pari ad almeno 20 GW al 2050, che incentivi gli investitori nello sviluppo di questi progetti. In Italia manca, inoltre, una pianificazione strategica dello spazio marittimo: coerentemente con l’obiettivo di 20 GW al 2050, essa deve identificare, soprattutto nei mari di Sicilia, Sardegna e Puglia, aree che per numero e dimensioni permettano questi sviluppi. Un’ulteriore sfida è quella di efficientare gli iter autorizzativi. Oggi i progetti di eolico offshore richiedono tempistiche lunghe, includendo le attività organizzative legate alla filiera e al sito costruttivo. È inoltre auspicabile definire sistemi incentivanti a livello Paese che permettano uno sviluppo concorrenziale dell’eolico galleggiante, oltre ai necessari interventi per ampliare la capacità di rete a livello Paese».