Energia eolica offshore. Il potenziale di crescita dell’offshore galleggiante in Italia

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L’enorme potenziale che l’energia eolica offshore può essere in grado di offrire sta facendo notizia in tutto il mondo. Nel 2020 l’Agenzia Internazionale per l’Energia, IEA, ha pubblicato un importante rapporto con notizie sorprendenti. In esso si afferma che l’eolico offshore, non solo galleggiante ma anche con strutture a fondo fisso, potrebbe generare 11 volte più elettricità del fabbiso­gno mondiale e attrarre 1 trilione di dollari in investimenti di capitale entro il 2040. Nel settore dell’energia eolica, c’è davvero molto movimento.

Tre sottosettori eolici, in base alla localizzazione

Di base, l’odierno settore dell’energia eolica moderna può essere grossolanamente suddiviso in tre categorie, a seconda della collocazione delle turbine e della loro confi­gurazione strutturale.

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  • Onshore (con supporto sulla terraferma)
  • “Near offshore” fisso (con supporto fisso installato nel fondo marino)
  • Offshore galleggiante (montata su una piattaforma galleggiante al di sopra del fondo marino)

(immagine tratta da www.nord-lock.com)

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L’eolico galleggiante offshore

La tecnologia Offshore Floating Wind (OFW), ossia l’eolico galleggiante offshore, prevede una turbina montata su una struttura galleggiante, che offre il vantaggio molto importante di consen­tire la generazione di energia elettrica a profondità superiori ai 60 metri – dove le strutture montate sul fondo fissate al fondale marino non sono più realizzabili.

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Mentre la capacità di produzione di ener­gia eolica fissa sia a terra sia in mare aperto è cresciuta enormemente negli ultimi decenni, molti esperti del settore ritengono che L’OFW possa vantare il potenziale di crescita futura più elevato. Ciò è dovuto alla sua capacità di essere collocato in acque più profonde, più lontane dalla costa, dove velocità del vento più costanti e alte riducono le fluttuazioni nella produzione di ener­gia elettrica. Un fattore secondario che può contribuire ad accelerare L’OFW è la crescente resistenza del pubblico alla collocazione delle turbine eoliche dove possono essere viste o sentite.

L’ecolico galleggiante off-shore sta rice­vendo maggiore attenzione anche per il semplice fatto che è già stato raccolto il “frutto a portata di mano” offerto da numerosi siti eolici onshore e vicini alla costa. Naturalmente, vi sono poten­zialmente migliaia di altri siti eolici onshore e near offshore che possono ancora essere sviluppati, ma anche la crescente resistenza a vedere e sentire le turbine sta avendo delle conseguenze. Si tratta della sindrome NIMBY, ovvero Not In My Back Yard, che si riferisce alle installazioni di infrastrutture di cui la società ha generalmente bisogno, come le centrali elettriche o le discariche di rifiuti, ma che nessuno vuole avere nelle vicinanze della propria abitazione.

Il caso di Equinor

Questa combinazione di driver ha rivolto una maggiore attenzione a OFW, che può essere utilizzato in acque più profonde. Quando ha annunciato la decisione finale di Equinor di procedere con il progetto Hywind Tampen da 88 MW, che prevede un investimento di circa 550 milioni di dollari, il CEO Eldar Sætre è stato molto chiaro sulla decisione dell’azienda: “Circa l’80% del potenziale di risorse globali per l’eolico offshore risiede in acque profonde”.

Eolico galleggiante, l’Italia potrebbe diventare il terzo mercato mondiale

L’Italia potrebbe essere il terzo mercato mondiale per lo sviluppo di questa filiera, ma occorre valutare le criticità dal punto di vista normativo. Questo è anche il punto di vista espresso da Sara Deganello su Il Sole 24 Ore: Evidenziare il contributo dell’eolico offshore galleggiante nel processo di decarbonizzazione dell’Italia e le ricadute di questa tecnologia sull’economia italiana e le filiere locali. È questo l’obiettivo della Floating Offshore Wind Community, progetto creato da The European House-Ambrosetti in collaborazione con Renantis, BlueFloat Energy, Fincantieri e Acciaierie d’Italia e presentato ieri al Forum di Cernobbio, insieme ad alcuni numeri sul settore”.

Secondo quanto esposto dal sito greenreport.it  l’eolico offshore galleggiante in Italia può valere 1,3 mln di posti di lavoro, ma è ancora fermo. L’Italia ha circa 8.300 km di coste, ma al largo delle sue sponde ci sono appena 10 pale eoliche in esercizio: installate di fronte al porto di Taranto dopo un iter autorizzativo lungo 14 anni, valgono 30 MW. Quanto basta per dare elettricità a 60mila persone.

Ma questa è solo una goccia nell’oceano di energia rinnovabile che il Paese potrebbe ricavare dall’eolico offshore, anche solo concentrandosi sugli impianti floating: ovvero quelli non radicati sul fondale marino ma composti da una struttura galleggiante, attraccata al fondale tramite un sistema di ancoraggio e cavi, in modo da ridurre al minimo l’impatto ambientale.

Floating offshore wind community

Diffondere l’impiego di questa tecnologia è l’obiettivo della Floating offshore wind community, un progetto creato da The European House – Ambrosetti insieme a Renantis, BlueFloat Energy, Fincantieri ed Acciaierie d’Italia (ex Ilva), e presentato a Cernobbio.

«L’eolico offshore galleggiante – spiega Valerio De Molli, AD di Ambrosetti – può essere la chiave per accelerare la transizione verde, grazie al potenziale energetico e ai limitati impatti ambientali e sociali, nonché alle ricadute positive sulla filiera industriale italiana».

Basti osservare che il potenziale dell’eolico offshore galleggiante viene stimato, per il nostro Paese, in 207,3 GW: si parla di una potenza in grado di generare elettricità per 540,8 TWh/anno, ovvero 1,7 volte l’intera domanda elettrica nazionale. Eppure in Italia l’obiettivo al 2030 per l’eolico offshore (galleggiante o meno) si ferma ad appena 2,1 GW, quando invece la Germania punta a 30 GW, il Regno Unito a 50 GW e la Cina a 60 GW.

Mantenere un target così piccolo significherebbe rinunciare a quasi tutte le ricadute socioeconomiche che la filiera dell’eolico offshore galleggiante potrebbe sviluppare. “Alcuni settori chiave per l’Italia” secondo lo studio presentato ” in particolare quello dei prodotti metallici, dei materiali da costruzione, della meccanica avanzata, delle naval-meccanica e delle attrezzature elettriche, per un totale di 255,6 miliardi di Euro (2° Paese in Ue dietro alla Germania) e 1,3 milioni di occupati».

I porti italiani

Tra le infrastrutture da migliorare ci sono quelle dei porti: in Italia non esistono porti con i requisiti per sviluppare un progetto di eolico offshore di questo tipo: “Sono necessarie centinaia di milioni di euro per adeguare le attuali infrastrutture” ribadisce Valerio De Molli.. “Anzitutto manca l’individuazione di un obiettivo ambizioso, che dovrebbe essere pari ad almeno 20 GW al 2050, che incentivi gli investitori nello sviluppo di questi progetti. In Italia manca, inoltre, una pianificazione strategica dello spazio marittimo: coerentemente con l’obiettivo di 20 GW al 2050, essa deve identificare, soprattutto nei mari di Sicilia, Sardegna e Puglia, aree che per numero e dimensioni permettano questi sviluppi. Un’ulteriore sfida è quella di efficientare gli iter autorizzativi. Oggi i progetti di eolico offshore richiedono tempistiche lunghe, includendo le attività organizzative legate alla filiera e al sito costruttivo. È inoltre auspicabile definire sistemi incentivanti a livello Paese che permettano uno sviluppo concorrenziale dell’eolico galleggiante, oltre ai necessari interventi per ampliare la capacità di rete a livello Paese».