L’Argentina di Javier Milei di fronte a un nuovo “corralito”?

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L’Argentina di Javier Milei — 

Corralito era il nome informale delle misure economiche adottate in Argentina alla fine del 2001 dal ministro dell’Economia Domingo Cavallo per fermare una corsa agli sportelli che implicava un limite di prelievi di contanti di 250 ARS a settimana (a quel tempo US$1 = 1 ARS). I trasferimenti elettronici e i pagamenti con carte di credito e debito però non erano stati interrotti. Corralito è il diminutivo di corral, che significa “recinto per animali”; il diminutivo è usato nel senso di “piccolo recinto” e in Argentina anche “box per bambini”. Questo nome espressivo alludeva alle restrizioni imposte dal provvedimento.

Nel 2001, l’Argentina era nel mezzo di una crisi: fortemente indebitata, con un’economia in completa stagnazione (una recessione durata quasi tre anni), e il tasso di cambio era fissato per legge a un dollaro USA per peso argentino, il che rendeva le esportazioni non competitive e di fatto privavano lo Stato di una politica monetaria indipendente. Le operazioni con carte di credito, bancomat, assegni e altri mezzi di pagamento potevano essere effettuate normalmente, ma la mancanza di disponibilità di contante era il punto focale della situazione.

La proposta di Javier Milei

La proposta, chiamata “Legge delle basi e dei punti di partenza per la libertà degli argentini”, o anche “Legge omnibus”, è composta da 664 articoli che abrogano o modificano leggi in materia economica, fiscale, sociale ecc. con l’intento di rendere operativo al più presto il programma elettorale di Milei.
Qui un filmato della sua campagna elettorale

Nella manovra economica subito attivata dal Ministro dell’Economia Luis Caputo abbiamo assistito alla svalutazione della moneta argentina, il peso, e ingenti tagli alla spesa pubblica. Il “Decreto di necessità e urgenza” (DNU), entrato in vigore il 29 dicembre, contiene più di 300 modifiche alle leggi argentine in materia di economia, compresa la norma che impediva la privatizzazione delle aziende statali, come indicato nella “legge omnibus”.

In particolare, vengono promosse modifiche normative volte a promuovere il libero commercio internazionale di gas naturale, gas naturale liquefatto, gas propano liquefatto e butano, petrolio e suoi derivati. Anzi, anche i terzi non produttori possono sviluppare il trattamento del gas, l’estrazione di liquidi dal gas naturale, la liquefazione del gas naturale, il trasporto del gas, del petrolio, dei suoi derivati e dei combustibili liquidi in genere; lo stoccaggio di gas, gas naturale liquefatto, petrolio, suoi derivati e combustibili liquidi in genere.

Inoltre, si promuovono l’approfondimento della libera commercializzazione, della concorrenza e dell’espansione dei mercati dell’elettricità, degli idrocarburi (gas e petrolio) e dei biocarburanti in tutte le loro forme (presenti e future) e un quadro giuridico per lo sviluppo di infrastrutture da parte del settore privato nei settori degli idrocarburi e del trasporto di energia elettrica.

Le privatizzazioni

Le aziende in via di privatizzazione, che Milei aveva già nominato durante la sua campagna elettorale, sono le più disparate: il Banco de la Nación e tutte le sue filiali, ossia la Banca Centrale Argentina e la Zecca, la compagnia petrolifera YPF, le miniere di carbone YCRT, la compagnia aerea e quella ferroviaria statale, l’azienda che gestisce la rete idrica AySa, l’agenzia di stampa Télam, Correo Argentino che gestisce il sistema postale e la compagnia elettrica statale Nucleoeléctrica Argentina. Sono circa 40 aziende di importanza nazionale.

L’aspetto più delicato è costituito dalla richiesta del presidente Milei di dichiarare “l’emergenza pubblica in materia economica, finanziaria, fiscale, di sicurezza sociale, di difesa, tariffaria, energetica, sanitaria, amministrativa e sociale fino al 31 dicembre 2025” con una possibile proroga di altri due anni. Ma questo aprirebbe una pericolosa deriva verso i pieni poteri e lo scavalcamento del Parlamento.