Europa: Il peggio potrebbe essere passato, ma non ci si deve aspettare un netto recupero

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Se dovessimo riassumere in una sola parola le nostre prospettive per il 2020, quella parola sarebbe “stabilità”. Può suonare come un miglioramento rispetto al netto – quasi inesorabile – rallentamento iniziato nel 2017. Ma è difficile definire entusiasmante la crescita del PIL.

I fattori esterni potrebbero contribuire in parte, in caso di tregua nella guerra commerciale sino-statunitense e mitigazione dell’incertezza relativa alla Brexit (vedere sezione successiva). Ma l’impatto di questi fattori sarà lento e parziale, a meno che si abbia chiara visibilità su entrambi i fronti.  Nel frattempo, il perdurare delle problematiche insorte in Europa per la scarsa domanda interna, la bassa crescita potenziale e l’insufficiente risposta da parte dei decisori politici continua a pesare.

La mancanza di una efficace risposta da parte dei decisori politici costituisce un grosso limite. La potenza di fuoco della politica monetaria sembra ormai in gran parte esaurita. Dopo aver attuato un sistema di “tiering” delle riserve per limitare gli effetti collaterali dei tassi negativi sul settore bancario, la Banca Centrale Europea (BCE) potrebbe procedure con un altro taglio, seppur limitato, ai tassi dei depositi. Ma, partendo da -0,50%, uno dei tassi più negativi di tutto il mondo, è difficile che possa avere un grande effetto. Infatti, come ci aspettavamo allora, è stato così anche con il pacchetto dello scorso settembre. Nonostante un perimetro e una scala ambiziosi, la BCE è riuscita solo a evitare un inasprimento delle condizioni finanziarie, senza però incentivare in maniera visibile la crescita.

La BCE ha ripetutamente chiesto il supporto della politica fiscale che, incentivando direttamente la domanda, potrebbe effettivamente spostare in modo significativo l’ago della bilancia. Ma nonostante se ne sia tanto parlato, questo aiuto resta elusivo. Come indicato nel grafico 6, le attuali proiezioni di bilancio suggeriscono che i governi, nel complesso, sono tiepidamente accomodanti nelle loro politiche fiscali. La Germania, il paese che ha il maggiore spazio di azione (e la più grande economia in Europa) resta decisa a non voler varare interventi importanti – quanto meno fintanto che la recessione non sarà un rischio imminente. Il dibattito nella politica tedesca va in direzione della politica monetaria distensiva, ma molto lentamente.

Pertanto, le prospettive per il 2020 sono piuttosto equilibrate. Il contributo del miglioramento dell’ambiente esterno unito a una domanda interna sostenuta da un mercato del lavoro teso, bassa inflazione e condizioni finanziarie favorevoli, impediranno il crollo della crescita. Ma i rischi restano, inclusa la perdurante saga della Brexit, la marcata correzione del settore auto o addirittura il rischio di tensioni commerciali tra Unione Europea e Stati Uniti. Data la limitata capacità di risposta delle politiche, la stabilità è il meglio che ci possiamo sperare.