Biodiversità e investimenti, un legame da non sottovalutare
“Biodiversità” è il termine utilizzato per descrivere l’enorme varietà di forme di vita che popolano il nostro pianeta. Comprende tutti gli esseri viventi: persone, animali, piante e batteri. Purtroppo, ad oggi l’umanità ha già causato la perdita di più dell’80% di tutti i mammiferi selvatici e della metà delle piante.
Secondo l’ONU, più della metà del PIL mondiale dipende in modo più o meno rilevante dalla natura e dai suoi meccanismi. Infatti, la crescente scomparsa della biodiversità avrà principalmente due effetti: porterà a favorire e accelerare il cambiamento climatico, rendendo parzialmente inutili gli sforzi e gli investimenti fatti per combatterlo, e porterà alla perdita di molteplici “servizi essenziali”, come l’impollinazione delle colture, la purificazione dell’acqua, la protezione dalle inondazioni e la cattura del carbonio. Nel complesso, l’OECD stima che gli effetti sopracitati porteranno ad una perdita di valore tra i 125.000 e i 140.000 miliardi di dollari all’anno(oltre il 150% del PIL mondiale).
Per contrastare questo trend, le istituzioni stanno lavorando su più fronti. L’Unione Europea ha lanciato la Biodiversity Strategy for 2030 con l’obiettivo di rendere aree protette il 30% di terre e mari. Mentre da un punto di vista di regolamentazione, l’ESMA (European Security and Market Authority) haproposto alcune metriche di sostenibilità relative all’impatto sulla biodiversità all’interno della nuova Regulation on Sustainable Investments. Queste metriche dovrebbero essere applicate alle singole società appartenenti ai portafogli di investimento, tenendo conto dei legami diretti e indiretti coi cambiamenti degli ecosistemi, delle policy sulla deforestazione e degli impatti delle attività produttive sulla IUCN Red List Species (la “lista rossa” dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura sullo stato di conservazione delle specie animali e vegetali globali).
Investire nella biodiversità: due gruppi di business vincenti
Possiamo identificare due tipi di società “vincitrici” in questo contesto. Da un lato, quelle che direttamente e/o indirettamente creano soluzioni per lasalvaguardia della biodiversità. Dall’altro, quelle che considerano i rischi collegati alla biodiversità, in modo da proteggere le proprie attività e sviluppare proattivamente delle policy difensive.
Per quanto riguarda il primo gruppo, pensiamo che i business da seguire con attenzione comprendano:
- Aziende che si impegnano nella riduzione dell’inquinamento e nell’efficientamento dell’utilizzo delle risorse quali:
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- Società di gestione dei rifiuti, come ad esempio Republic Services Inc e Waste Management Inc., le più grandi società di questo tipo negli Stati Uniti.
- Società di gestione delle risorse idriche, come le statunitensi Xylem e United Utilities Group PLC.
- Società che creano o utilizzano materiali alternativi per ridurre i rifiuti e l’inquinamento, come l’azienda di packaging sostenibile Mondi eSmurfit Kappa.
- Società che operano nel settore dell’energia pulita (energia e risorse: eolico e solare e tutta la relativa supply chain). Possiamo citare tra queste Vestas, che opera nel settore delle turbine eoliche, e First Solar, leader tra i provider di soluzioni nel fotovoltaico. Vi sono anche i produttori come Atlantica Yield e ERG.
- Imprese attive nel campo dei trasporti che stanno passando a soluzioni ecologiche e maggiormente efficienti (spedizioni marittime e trasporto su terra) e delle infrastrutture sostenibili.
- Business nei comparti della pesca, coltivazione e allevamento sostenibili. Possiamo menzionare Fresh Del Monte (agricoltura sostenibile) e Leroy Seafood Group ASA (pesca ed acquacultura sostenibile).
Riguardo al secondo gruppo, ovvero quello comprendente i business che stanno considerando nelle loro policy i rischi collegati alla biodiversità, rintracciamo numerosi casi di aziende che si muovono ormai in questa direzione, viste anche le spinte a livello regolatorio da parte ad esempio di UE e Regno Unito, che stanno sviluppando normative sempre più severe in materia di biodiversità.
Di fatto, la cronaca degli ultimi mesi offre già diverse dimostrazioni dei rischi che le aziende si trovano ad affrontare. Pensiamo ad esempio alle società assicurative: Munich Re, la più grande compagnia di riassicurazione del mondo, ha citato il cambiamento climatico come principale causa delle perdite avvenute durante gli incendi in California, pari a 24 miliardi di dollari. Inoltre, con la riduzione dei danni da inondazione nelle aree umide costiere, il comparto risparmierebbe fino a 50 miliardi di euro all’anno.
Oppure, si può citare il caso di De Nederlandsche Bank NV, la banca centrale tedesca, che a giugno ha dichiarato di detenere 604 miliardi di dollari di investimenti che sono altamente ed estremamente dipendenti da uno o più servizi essenziali forniti dall’ecosistema. La perdita di questi, dunque, porterebbe ad un turbamento dei processi di business e ingenti perdite finanziarie.
Un comparto sottovalutato e poco analizzato
Siamo consapevoli del fatto che la maggioranza degli investitori non sta ancora valutando l’impatto della biodiversità sugli investimenti e sviluppando delle relative misure di rischio anche a causa della scarsa reperibilità delle informazioni, limitandosi alla valutazione dell’impatto ambientale. Sarà la regolamentazione a richiedere interventi di questo tipo. Per questo, continuiamo a lavorare allo sviluppo di KPI fondamentali per il reporting sulla sostenibilità in linea con la regolamentazione europea e siamo sempre alla ricerca di nuove opportunità di investimento su temi interessanti, ma sottovalutati, come la biodiversità.