AXA Investment Managers – Powell è stato il più prudente possibile… mentre Harris turba il “Trump Trade”

-

Dichiarando che un taglio dei tassi è “sul tavolo per settembre”, Powell ha dato un segnale deciso al mercato che prezzava tale risultato, pur concedendosi un certo margine di manovra, ricordando che una mossa del genere richiederebbe comunque “buoni dati”. Tale dichiarazione è arrivata prima della pubblicazione degli ultimi dati sui salari, ed è stata quanto di più dovish potesse realisticamente esserci, a nostro avviso, dal momento che la ripresa della disinflazione è relativamente recente e mancano ancora un bel po’ di dati prima della prossima riunione. Tuttavia, l’insistenza di Powell sul fatto che i rischi sono ora a due facce rispetto al duplice mandato di piena occupazione/stabilità dei prezzi della Fed, sebbene non una novità, è stato un indizio evidente dell’imminente inizio della rimozione della stretta monetaria.

Tuttavia, la Fed non ha lanciato alcun allarme, visto che Powell ha interpretato gli ultimi dati sul mercato del lavoro in termini di “normalizzazione” piuttosto che di presagio di qualcosa di più sinistro (ad esempio, una vera e propria recessione). A nostro avviso, questo è stato un modo per respingere le richieste di un taglio immediato a luglio. Ovviamente, alla luce di quanto sappiamo sullo stato del mercato del lavoro, tale posizione della Fed potrebbe sembrare ora eccessivamente conservatrice. Tuttavia, data l’insistenza di Powell sulle forze positive del lato dell’offerta all’opera nell’economia, tesi che reitera dall’inizio di quest’anno, la sua visione potrebbe essere ulteriormente rafforzata dalle caratteristiche specifiche della situazione del mercato del lavoro.

Naturalmente, è possibile che nei prossimi dati sulle buste paga, le perdite di posti di lavoro comincino ad accumularsi, spingendo la Fed ad un’azione di emergenza, soprattutto se la “narrativa della recessione” inizierà a dominare i titoli dei giornali al punto da avere effetti reali sulla disponibilità a spendere delle imprese e delle famiglie, ma non siamo ancora a quel punto. Per quanto riguarda il punto sollevato da Claudia Sahm – economista statunitense e creatrice della Sahm Rule, un indicatore di recessione basato sul tasso di disoccupazione, che che ha detto chiaramente che “questa volta potrebbe essere diverso”, indicando la resistenza del reddito reale come una delle forze che potrebbero ancora impedire all’economia statunitense di cadere in recessione. Anche i segnali del mercato del lavoro sono più ambigui di quanto sembri – ci sono ancora molti incrementi di potere d’acquisto nella pipeline degli Stati Uniti. Il tasso di disoccupazione può essere in aumento e questo probabilmente smorzerà la crescita dei salari nel prossimo futuro, ma per il momento la retribuzione dei lavoratori sta aumentando più velocemente dell’inflazione, anche per i guadagni settimanali che risentono di un calo delle ore di lavoro (2,5% contro l’1,5% PCE se si considera la variazione annualizzata a 3 mesi).

Tuttavia, il mercato non è pronto ad aspettare. La combinazione dei dati più deboli della scorsa settimana con la retorica soft di Powell ha consolidato le aspettative del mercato di tagli dei tassi nel resto del 2024. Settembre è ora saldamente ancorato, e con 33 punti base prezzati, gli investitori stanno prendendo sempre più in considerazione la possibilità che la Fed sia costretta a una mossa di 50 punti base in una sola volta, e ora si aspettano un totale di 86 punti base di tagli entro dicembre, un cambiamento drammatico rispetto all’inizio della settimana (che era pari a 68 punti base).

Questa tesi si è diffusa lungo la curva, e i rendimenti statunitensi a 10 anni sono scesi sotto il 4%. A nostro avviso, gli ultimi sviluppi politici abbiano giocato un ruolo, al di là della configurazione macro. Infatti, il “Trump trade” – di cui abbiamo parlato la scorsa settimana, coerente con un dollaro più forte e tassi di interesse a lungo termine più elevati – si sta affievolendo, visto che Kamala Harris è riuscita a colmare il divario con il suo avversario repubblicano. Secondo i sondaggi di 538 (sito statunitense che si concentra sull’analisi dei sondaggi d’opinione, politica, economia), la Vicepresidente è ora in vantaggio di 1,6 punti percentuali. Sembra che, per il momento, Donald Trump – appesantito da un candidato Vicepresidente che si sta rivelando più controverso del previsto – abbia difficoltà a trovare la giusta angolazione di attacco contro Harris. La convention dei Democratici, che inizierà il 19 agosto, probabilmente prolungherà l’impennata di Harris nella consapevolezza pubblica. Tuttavia, è ancora presto per cantare vittoria, e un deterioramento dell’economia statunitense rappresenta un rischio per la candidatura di Harris.

La maggior parte dei modelli predittivi delle elezioni presidenziali statunitensi suggeriscono che gli elettori prendono abbastanza presto una decisione sullo stato dell’economia. Qualche mese fa, abbiamo dimostrato che la fiducia dei consumatori nel primo trimestre di un anno elettorale ha un forte impatto sulle possibilità di successo di un Presidente in carica. Tuttavia, poiché Harris non può prendere completamente le distanze dalla gestione dell’economia da parte dell’Amministrazione Biden, un ulteriore aumento della disoccupazione da qui a novembre probabilmente ostacolerebbe le sue possibilità. Inoltre, renderebbe la piattaforma di Trump più attraente per gli elettori. Infatti, mentre il suo programma di tagli fiscali sembrava difficile da difendere nel contesto di un’economia statunitense ancora robusta, sarebbe molto più facile da comunicare in un contesto di prospettive economiche più deboli.