Il ruolo fondamentale dei beni culturali nell’economia italiana. Intervista al prof. Stefano Lombardi

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Terzo millennio. Il patrimonio culturale come motore di rinascita
— Trendiest Media Agenzia di stampa — 
I beni culturali rivestono un ruolo fondamentale nell’economia italiana del terzo millennio, non solo per il loro valore intrinseco legato alla storia e all’identità del Paese, ma anche come risorsa strategica per lo sviluppo economico, sociale e culturale. L’Italia, spesso definita un museo a cielo aperto, ospita il maggior numero di siti UNESCO al mondo, un patrimonio che genera opportunità straordinarie, ma che necessita di una gestione consapevole e innovativa.
Il ruolo economico e occupazionale

I beni culturali attraggono milioni di turisti ogni anno, generando introiti significativi per l’economia. Le città d’arte come Roma, Firenze, Venezia, Napoli e molte altre rappresentano poli di attrazione, con un impatto diretto sul settore alberghiero, della ristorazione, e dei trasporti. Oltre al turismo, il patrimonio culturale sostiene l’economia attraverso attività collaterali come l’artigianato, il design, l’editoria e le produzioni cinematografiche. Ma non basta: il settore culturale e creativo impiega migliaia di persone, da archeologi e restauratori a guide turistiche o esperti di marketing.

Innovazione e sostenibilità

L’introduzione delle nuove tecnologie (come il 3D scanning, la realtà aumentata e le app interattive) permette di valorizzare i beni culturali rendendoli accessibili a un pubblico globale. Ciò stimola nuove forme di fruizione, ampliando i mercati. La gestione del patrimonio culturale è sempre più orientata alla sostenibilità, sia dal punto di vista della conservazione, sia dell’impatto ambientale. Questo si riflette, ad esempio, in strategie per ridurre l’impronta ecologica del turismo di massa.

La manutenzione e la valorizzazione dei beni culturali richiedono risorse ingenti. Le collaborazioni tra enti pubblici e privati sono essenziali per garantire una gestione efficace e sostenibile, ma il turismo di massa, pur generando ricavi, comporta rischi significativi per il patrimonio, e richiede politiche di gestione attente. Inoltre, i beni culturali italiani possono diventare ambasciatori dell’immagine del Paese nel mondo, stimolando relazioni culturali ed economiche con altre nazioni. In un’epoca caratterizzata da sfide globali, come la crisi climatica e la trasformazione digitale, il patrimonio culturale può diventare un motore di rinascita. Investire nella cultura significa promuovere la coesione sociale, rafforzare l’identità collettiva e costruire un futuro più inclusivo e prospero.

Intervista all’avv. Stefano Lombardi, Professore a contratto di legislazione nazionale ed internazionale dei Beni Culturali presso Università Cattolica di Milano

È un piacere averla con noi per discutere di un tema così affascinante e cruciale come i beni culturali. Iniziamo subito: come definirebbe il ruolo dei beni culturali nella nostra società?

“Grazie per l’intervista: i beni culturali sono un patrimonio di inestimabile valore, il cuore pulsante della nostra identità collettiva, rappresentano non solo una memoria storica, ma anche un linguaggio universale che unisce popoli e generazioni. Hanno un duplice ruolo: da un lato, alimentano la crescita culturale, spirituale e intellettuale delle persone; dall’altro, rappresentano un’opportunità concreta per lo sviluppo economico e sociale”.

Parlando di sviluppo economico, spesso si tende a vedere i beni culturali come “un peso” da mantenere. Come possono invece trasformarsi in un motore per l’economia?

“È un errore comune pensare ai beni culturali solo in termini di costi. Se ben gestiti, possono diventare un potente motore economico. Pensiamo al turismo culturale: l’Itralia attira milioni di visitatori ogni anno, generando introiti enormi non solo per i musei, ma anche per settori correlati come alberghi, ristoranti e artigianato locale. Inoltre, i beni culturali stimolano l’innovazione, basti pensare al settore delle tecnologie digitali applicate al patrimonio, come la realtà aumentata o la digitalizzazione delle opere d’arte, che stanno creando nuove professioni e mercati”.

In che modo il diritto dei beni culturali può favorire questa trasformazione?

“Il diritto dei beni culturali gioca un ruolo essenziale perché stabilisce il quadro normativo entro cui operare. Per esempio, norme che incentivano il partenariato pubblico-privato possono attrarre investitori e risorse, permettendo il recupero e la valorizzazione di siti altrimenti abbandonati. Un altro esempio è la regolamentazione delle sponsorizzazioni culturali: aziende private possono contribuire al restauro di opere o edifici storici in cambio di visibilità, creando un circolo virtuoso. Tuttavia, è fondamentale garantire sempre un equilibrio tra la tutela del patrimonio e il suo utilizzo economico”.

La digitalizzazione dei beni culturali sembra essere una tendenza importante. Può spiegarci come questa innovazione sta cambiando il panorama?

“Certamente. La digitalizzazione sta rendendo il patrimonio culturale più accessibile che mai. Oggi possiamo visitare virtualmente musei, esplorare siti archeologici in 3D e persino “sfogliare” manoscritti antichi online. Questo non solo amplia il pubblico, ma crea nuove opportunità economiche: le piattaforme digitali, ad esempio, generano introiti grazie a biglietti virtuali, merchandising o partnership con grandi aziende tecnologiche. Inoltre, i dati raccolti attraverso queste tecnologie permettono una gestione più efficace del patrimonio, aiutando a prevenire il degrado e migliorare l’esperienza del visitatore”.

A suo avviso, quali sono i principali ostacoli che impediscono ai beni culturali di esprimere appieno il loro potenziale economico?

“Gli ostacoli sono diversi. Il primo è la scarsità di risorse: molti siti e istituzioni culturali faticano a ottenere i fondi necessari per la manutenzione e la valorizzazione. Poi c’è il problema della burocrazia, che spesso rallenta i progetti e allontana investitori potenziali. Infine, manca ancora una visione strategica di lungo periodo: troppo spesso si pensa in termini di interventi emergenziali, senza pianificare il futuro”.

Quale potrebbe essere, allora, una strategia vincente per superare queste difficoltà?

“Serve un approccio integrato. Prima di tutto bisogna  promuovere la conoscenza del valore del patrimonio culturale. Poi, è cruciale investire nella formazione di figure professionali specializzate, capaci di coniugare competenze in ambito culturale, gestionale e tecnologico. Infine, occorre promuovere una maggiore collaborazione tra pubblico e privato, creando incentivi fiscali per chi investe nella cultura e semplificando le procedure amministrative”.

Un’ultima domanda. Se dovesse riassumere in una frase il potenziale dei beni culturali, quale sarebbe?

“I Beni culturali sono un ponte tra passato e futuro, un tesoro che può nutrire l’anima delle persone e, allo stesso tempo, contribuire in modo decisivo alla prosperità economica di un Paese”.