BCE: l’attendismo non è un’opzione

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Si prevede un taglio di 25 punti base da parte della Bce per questo giovedì, ma l’attenzione si concentra sulla misura in cui la Banca Centrale accetterà di passare dalla pura “dipendenza dai dati” a una certa forward guidance, ancorando una discesa regolare dei tassi di policy verso la neutralità, e possibilmente anche al di sotto di essa. Riteniamo che il comunicato della Bce indicherà esplicitamente un processo di “rimozione delle restrizioni” sulla base di una revisione al ribasso delle previsioni di crescita e di inflazione, ma senza elaborare in modo troppo preciso la velocità e l’entità di tale processo e mantenendo, come sempre, la condizionalità.

I falchi della Bce sembrano ormai aver accettato la necessità di tagliare, ma chiedono di “giocare d’attesa” per fronteggiare gli shock futuri, e contestano la distanza tra l’attuale livello dei tassi di policy e un livello neutrale. Siamo a disagio con la nozione di “attendismo”, perché invia il segnale che la Banca Centrale potrebbe attendere “troppo” in futuro, mentre parte del suo potere risiede proprio nella fiducia del mercato nella sua capacità di trovare continuamente modi per sostenere l’economia e combattere i rischi di deflazione. A nostro parere, la Bce non dovrà ricorrere presto a una politica non convenzionale, ma dato il livello di instabilità politica interna ed esterna che l’area euro sta attualmente affrontando, la Banca Centrale appare come una rara fonte di rassicurazione – non è il momento giusto per inviare il segnale che alcune armi dell’arsenale rimarranno sotto chiave. Naturalmente, il Consiglio direttivo non sa ancora in che misura l’Amministrazione Trump metterà in atto le sue minacce di guerra commerciale, né come si riorganizzerà il sistema politico in Francia e Germania. Ma l’incertezza ha un costo economico immediato, che potrebbe deprimere ulteriormente i piani di acquisto dei consumatori e gli investimenti delle imprese.