Fisco e politica: le incognite sul bilancio francese

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A fronte dell’aumento dei rischi politici, la Francia può contare su grandi riserve di risparmio interno per sostituire gli investitori internazionali; inoltre, il flusso di dati dell’area euro aiuta a disaccoppiare i rendimenti europei da quelli statunitensi, ma nel medio periodo, convogliare una quantità eccessiva di risparmio interno al finanziamento del governo può diventare costoso in termini di dinamica di crescita.

In Francia sta aumentando il rischio di successo di una mozione di fiducia, che costringerebbe il Primo Ministro a dimettersi. Sebbene la possibilità di un conseguente “blocco del governo” sia a nostro avviso molto remota, ciò pone nuovamente l’accento sui problemi fiscali francesi. Il progetto di bilancio iniziale per il 2025 era già ambizioso, e le concessioni già offerte durante l’iter parlamentare hanno reso ancora più difficile raggiungere l’obiettivo del 5% di deficit. Una maggiore instabilità potrebbe avere un effetto a catena sulle prospettive economiche: la fiducia dei consumatori è già diminuita e il tasso di risparmio potrebbe aumentare ulteriormente, vanificando la ripresa dei consumi su cui il Governo conta per sostenere le entrate fiscali nel 2025.

Qualora il bilancio non venisse approvato, l’opzione più probabile sarebbe quella di richiedere al Parlamento il diritto di prorogare le imposte alle stesse condizioni del 2024. Tra il congelamento delle aliquote fiscali sui redditi e il congelamento nominale della maggior parte delle voci di spesa pubblica che tale proroga comporterebbe, il mancato utilizzo delle misure discrezionali previste per il 2025 non sarebbe necessariamente troppo drammatico, ma la traiettoria risulterebbe incerta. Il bilancio 2025 rappresenta solo una prima fase di piano pluriennale: se è così difficile ottenere un aggiustamento dell’1% del PIL questa volta, le possibilità di attuare misure significative l’anno prossimo saranno sostanzialmente più basse, per lo meno in assenza di un cambiamento politico.

Tuttavia, notiamo che – nonostante il clamore e le indicazioni di una minore attenzione nei confronti del debito pubblico francese da parte di alcuni investitori internazionali – anche venerdì scorso lo spread sovrano era solo marginalmente al di fuori della sua fascia di negoziazione degli ultimi quattro mesi, e il rendimento decennale assoluto era inferiore rispetto a poco prima dello scioglimento dell’Assemblea Nazionale. Ciò probabilmente riflette il fatto che la Francia può contare su grandi riserve di risparmio domestico. Il Paese gode anche del fatto che non vi sia contagio dal mercato obbligazionario degli Stati Uniti a quello europeo, e del fatto che gli ultimi dati indicano un ulteriore accomodamento della politica monetaria da parte della Bce. Questo riduce i rischi a breve termine, ma ribadiamo quanto sottolineato la scorsa estate: seguire le orme dell’Italia, con una quota crescente di risparmi domestici destinati al finanziamento del governo, potrebbe ridurre la crescita potenziale limitando l’accesso del settore privato ai finanziamenti.