Da Goldilocks a Trumpilocks
Da Goldilocks a Trumpilocks. Ricordate Goldilocks, quel periodo in cui lo scenario di mercato sembrava quasi perfetto, sia per il reddito fisso che per le azioni? Ebbene, non c’è più. Stiamo passando a un nuovo regime macro, che ho etichettato come Trumpilocks. Per essere chiari, non si tratta solo di Trump 2.0 e del suo impatto, anche se questa parte gioca un ruolo importante. Oltre a Trump 2.0, anche la Fed ha fatto un passo indietro, a causa di un’attività economica più forte del previsto e di un rallentamento dei progressi verso la disinflazione, e anche questa è una variabile importante. Sotto Trumpilocks, è molto più difficile mantenere una posizione convinta sulla duration lunga, soprattutto perché le prospettive di inflazione sono meno favorevoli. Vi sono inoltre una serie di rischi che possono offuscare lo scenario della propensione al rischio, che vanno da una potenziale guerra commerciale alla geopolitica. Gli asset rischiosi potrebbero continuare a fare bene, ma ci sono comunque preoccupazioni per il panorama delle valutazioni di mercato e per l’impatto dei rischi discussi in precedenza. Nel frattempo, sul fronte del reddito fisso, probabilmente abbiamo perso l’impulso dei tagli dei tassi di interesse come fattore chiave dei rendimenti attesi del reddito fisso, soprattutto negli Stati Uniti. Questa è un’altra caratteristica chiave del Trumpilocks: la grande biforcazione. Il mondo è diventato non sincronizzato, anche per quanto riguarda la politica monetaria e le prospettive macro. In particolare, l’Eurozona rimane in modalità Goldilocks dal punto di vista del reddito fisso, vista la necessità della BCE di procedere con la sua politica di allentamento. Questo rappresenta un ambiente potenzialmente fertile per un gestore attivo globale, in quanto nel prossimo periodo dovrebbero esserci molte opportunità di valore relativo e dislocazioni. Allo stesso tempo, prevediamo che la volatilità macro rimarrà elevata. Infine, dal punto di vista della correlazione tra titoli azionari e obbligazionari, sotto Trumpilocks, il reddito fisso dovrebbe riacquistare gradualmente il suo status di diversificatore di portafoglio, con la previsione di una sua normalizzazione al ribasso.
Il rischio sui tassi non è più sostanzialmente orientato al ribasso. È lecito affermare che il vantaggio strategico di una duration lunga non è così forte come lo era solo pochi mesi fa. Infatti, la maggior parte dei gestori di portafoglio a reddito fisso di MFS ha rivisto al rialzo le proprie proiezioni sui tassi di mercato. Inoltre, le previsioni sui tassi del team di investimento quantitativo – che si basano sulla pendenza della curva e sulla modellazione dei rendimenti reali – hanno una visione neutrale sui tassi di mercato, a sostegno dell’idea che probabilmente è necessaria una certa cautela nel posizionamento della duration nel prossimo periodo. Questa settimana sarà molto intensa sul fronte della politica e delle decisioni degli Stati Uniti, e quindi sembra probabile un’impennata della volatilità dei tassi nel breve termine. Nel complesso, sembra che il carry si rivelerà il principale driver dei rendimenti attesi del reddito fisso nel prossimo periodo. Per contro, è improbabile che la compressione degli spread sia di grande aiuto, vista la loro posizione.
Non è la fine del ciclo economico. Almeno negli Stati Uniti. A questo punto, i rischi di recessione sono bassi come non lo sono stati dal maggio 2022, almeno secondo l’indicatore del ciclo economico di Market Insights, che aggrega indicatori anticipatori selezionati per gli Stati Uniti. In altre parole, l’economia statunitense è ancora forte e si comporta come se fossimo ancora a metà ciclo. Semmai, il rischio in questo momento è che l’economia statunitense si surriscaldi, il che probabilmente comprometterebbe la propensione al rischio globale. Entrambe le proiezioni del PIL della Fed (della Fed di Atlanta e di New York) indicano una stima di crescita del 3% per il quarto trimestre del 2024, un dato straordinariamente positivo. Se questo dato dovesse concretizzarsi, sarebbe il terzo trimestre consecutivo con una crescita del PIL superiore al 3%. Si tratta di un dato impressionante, ma che pone la domanda fondamentale se gli Stati Uniti si siano spostati su una traiettoria di crescita strutturalmente più elevata. Se così fosse, si tratterebbe di un’ottima notizia per gli asset rischiosi e di crescita. Infatti, a questo punto ci si sarebbe dovuti aspettare una sorta di rallentamento, ma finora non c’è stato. Le prospettive di crescita dell’Eurozona sono invece molto più fosche e la dinamica a breve termine è esattamente l’opposto di quella osservata negli Stati Uniti. I rischi in Europa sono orientati al ribasso, con la maggior parte degli indicatori anticipatori che vanno a sud. Questo, tra l’altro, rafforza la tesi della divergenza della politica monetaria, con la BCE che probabilmente rimarrà aggressiva per tutto l’anno. Dal punto di vista del reddito fisso, vi è una divergenza tra l’attrattiva del mercato statunitense e quella dell’Eurozona, con quest’ultima che risulta più attraent

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