La tregua raggiunta tra Israele e Hamas sta già vacillando. La riconciliazione richiede più di un cessate il fuoco

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Tregua tra Israele e Hamas 
La tregua recentemente annunciata tra Israele e Hamas sta già mostrando segni di cedimento. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha accusato Hamas di voler modificare all’ultimo minuto i termini dell’accordo e di aver creato una nuova fase di crisi dopo aver presumibilmente tentato di modificare i dettagli della bozza del cessate il fuoco dal Qatar: “Hamas sta violando parti dell’accordo raggiunto con i mediatori e Israele nel tentativo di estorcere concessioni dell’ultimo minuto”, ha affermato oggi l’ufficio del presidente israeliano. “Il governo non si riunirà finché i mediatori non notificheranno a Israele che Hamas ha accettato tutti gli elementi dell’accordo”. Di conseguenza, la riunione del gabinetto israeliano prevista per l’approvazione dell’accordo è stata posticipata fino a quando i mediatori non confermeranno l’accettazione da parte di Hamas di tutti gli elementi concordati.Da parte sua, Hamas nega di aver avanzato nuove richieste o di aver fatto marcia indietro rispetto agli accordi precedentemente raggiunti. Funzionari del movimento hanno dichiarato di essere impegnati a rispettare i termini del cessate il fuoco annunciato. La cosa peggiore è che nel frattempo le ostilità continuano.

Una guerra senza fine?

“Senza un riconoscimento del diritto all’autodeterminazione palestinese e l’abbandono della logica di sopraffazione, questo sarà solo un intervallo in una guerra senza fine” scrive oggi Alessandra M. Filippi su Affaritaliani. E aggiunge: “La tregua raggiunta tra Israele e Hamas non risolve le questioni”. L’accordo, frutto di mesi di trattative, si dovrebbe articolare in tre fasi. La prima prevede il rilascio di 33 ostaggi in 42 giorni, con un piano graduale: tre ostaggi il primo giorno, quattro il quarto giorno, seguiti da quattro fasi che vedranno la liberazione di 12 ostaggi nei successivi 35 giorni. I rimanenti saranno rilasciati nell’ultima settimana. La seconda fase, che partirà dal sedicesimo giorno, prevede la liberazione di altri 65 ostaggi israeliani in cambio di 1300 prigionieri palestinesi. Parallelamente, Israele permetterà alla popolazione di Gaza di spostarsi dal sud al nord della Striscia, ritirandosi in una zona cuscinetto lungo il confine.

“Ma il cessate il fuoco non è sinonimo di pace” ribadisce “Questo accordo è una pausa, non una soluzione. Dietro i sorrisi diplomatici si celano tensioni irrisolte e obiettivi falliti. Netanyahu, che aveva promesso di annientare Hamas e riannettere Gaza, si trova a fare i conti con la realtà: nessuno dei suoi obiettivi massimalisti è stato raggiunto. Il primo ministro israeliano appare sempre più isolato, pressato dai falchi della sua coalizione, come Smotrich e Ben-Gvir, e incalzato da una giustizia che non arretra. La tregua sembra più una manovra per guadagnare tempo che una vera vittoria diplomatica”.

E poi c’è Donald Trump. Il cessate il fuoco, raggiunto pochi giorni prima del suo insediamento alla Casa Bianca, gli permette di rivendicare un ruolo decisivo vista la pressione determinante su Netanyahu per chiudere un accordo che riattivi gli Accordi di Abramo e riporti stabilità nella regione. Ma il prezzo pagato è incalcolabile: Gaza resta un cimitero a cielo aperto. Per non parlare della Cisgiordania dove gli scontri non si stanno assolutamente riducendo: l’annessione dei territori occupati è ancora un tema aperto.

“La riconciliazione richiede più di un cessate il fuoco: esige giustizia, riconoscimento dei crimini e una volontà politica che sembra lontana anni luce. La devastazione di Gaza e il trauma della sua popolazione si propagheranno come un eco per generazioni, alimentando un ciclo infinito di violenza” conclude Alessandra M. Filippi. “La pace vera, quella che va oltre il silenzio delle armi, dunque resta ancora un miraggio. E richiede un cambio di paradigma: riconoscere il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione; va bene ricostruire le case, ma è il tessuto sociale che richiede di essere riparato”.