La settimana dei mercati (3-7 febbraio 2025)
Il rinvio dei dazi offre una tregua temporanea, ma i mercati diffidano delle imprevedibili mosse commerciali di Trump e dello spettro incombente di uno sconvolgimento economico.
I rendimenti dei Treasury a lungo termine scendono, con le preoccupazioni sulla politica commerciale che mettono in ombra i dati economici, mentre la Fed mantiene i tassi fermi e la Bce guarda a un potenziale allentamento.
La Banca d’Inghilterra taglia i tassi, con voti a sostegno di tagli più consistenti che segnalano una svolta dovish, mentre la sterlina vacilla e le pressioni inflazionistiche incombono.
I rendimenti e lo yen del Giappone salgono grazie ai solidi dati sui salari, con il membro del Consiglio della BoJ, Tamura, che sostiene ulteriori rialzi dei tassi, allineandosi alle aspettative di normalizzazione del mercato.
Gli sviluppi sul fronte della politica commerciale sono stati al centro dell’attenzione dei mercati durante la scorsa settimana, con il Presidente Trump che è riuscito a creare un certo scompiglio nelle capitali d’oltreoceano. La minaccia di imporre dazi del 25% a Canada e Messico ha sollevato la possibilità di un’ampia perturbazione economica, data l’interconnessione di queste economie in settori chiave come automotive ed energia.
L’applicazione di tali dazi rappresenterebbe uno shock negativo per l’offerta, che avrebbe un impatto negativo sulla crescita e farebbe aumentare l’inflazione. Sebbene le concessioni relative alla sicurezza delle frontiere e alle importazioni di fentanyl abbiano fatto slittare di un mese l’imposizione dei dazi, ci sembrerebbe troppo ottimista concludere che questa minaccia sia stata completamente scongiurata.
Abbiamo sempre sentito dire da Trump che considera i dazi come un mezzo per aumentare le entrate e dirottare gli investimenti e la produzione verso gli Stati Uniti, nell’ambito della sua missione di “Make America Great Again”. Di conseguenza, riteniamo che sia il Messico sia il Canada subiranno l’imposizione di alcuni dazi, anche se con un’aliquota ridotta al di sotto del 25%, per “buona condotta”.
Tuttavia, l’analisi dell’evoluzione della politica commerciale è resa difficile dalla natura mutevole di POTUS. Questo aspetto è messo in rilievo dal fatto che nemmeno il Segretario al Tesoro, Scott Bessent, sembra aver letto i piani tariffari di Trump quando questi sono stati resi noti dallo Studio Ovale lo scorso fine settimana.
Sembra che solo pochissime persone (tra cui probabilmente Peter Navarro) siano state informate dei piani del Presidente. Inoltre, se il Tesoro degli Stati Uniti è lasciato all’oscuro di ciò che sta accadendo e quando, sarà difficile per gli operatori di mercato capirci qualcosa.
Ciò che sembra più chiaro è che l’UE sarà la prossima a subire l’assalto di Trump, e si ha la sensazione che l’annuncio di un dazio all’UE del 25% possa arrivare in qualsiasi momento. Si ipotizza che questo possa essere abbassato attorno al 10%, a patto che l’UE non faccia ritorsioni e si impegni ad aumentare sia la spesa per la difesa che gli acquisti di energia e prodotti agricoli statunitensi.
Tuttavia, non è chiaro se l’UE sarà così pronta ad assecondare le richieste degli Stati Uniti, come è avvenuto in alcuni degli altri negoziati bilaterali condotti da Trump fino ad oggi. Con le affermazioni stravaganti di Trump, che questa settimana ha parlato di conquistare Gaza e di sfollare i palestinesi, nelle capitali europee si ha la sensazione che Trump sia un partner irregolare e inaffidabile e un prepotente contro cui qualcuno dovrà opporsi.
Tuttavia, sarebbe più facile per l’UE prendere una posizione del genere partendo da una situazione di unità e forza. La realtà è che l’economia rimane debole e le tendenze politiche stanno spingendo i singoli Stati membri in una direzione più nazionalistica.
I rendimenti dei Treasury a lungo termine sono diminuiti nel corso della settimana, in parte a causa del tentativo degli investitori di ridurre il posizionamento attivo sul rischio in un momento di incertezza macro. I fondi hedge macro sono stati inclini a scommettere sull’aumento dei rendimenti a lungo termine e sull’aumento della volatilità, e il posizionamento si è ridotto, dopo un mese di performance debole a gennaio.
Continuiamo a mantenere una posizione sostanzialmente piatta sui tassi USA, ma continuiamo a preferire i Bund rispetto ai Treasury su una base di valore relativo, data la divergenza dei risultati economici. Poiché i dazi rappresentano un rischio al rialzo per l’inflazione statunitense, è molto improbabile che la Fed tagli i tassi di interesse nel prossimo futuro. Tuttavia, la Bce potrebbe accelerare l’allentamento monetario, nel caso in cui una guerra commerciale aggravi i rischi di ribasso dell’economia.
Altrove in Europa, la BoE ha abbassato i tassi di 25 pb al 4,5% questa settimana. Questa mossa era ampiamente prevista, ma con due membri favorevoli a un allentamento più ampio di 50 pb, si ha la sensazione che il pensiero della BoE sia sempre più dovish. La sterlina si è indebolita sui mercati valutari e i contratti sui tassi britannici a breve termine sono saliti.
Tuttavia, in un momento in cui l’inflazione si muove nella direzione opposta, è da notare che i rendimenti dei Gilt a più lunga scadenza sono saliti in giornata. Per quanto riguarda l’inflazione, un inverno europeo relativamente freddo ha visto scendere i livelli di stoccaggio del gas, facendo salire il prezzo dei contratti forward.
Di conseguenza, sembra che il tetto massimo dei prezzi dell’energia nel Regno Unito aumenterà di circa il 5,5% ad aprile. Allo stesso tempo, entreranno in vigore anche gli aumenti delle tasse comunali e altri aumenti dei prezzi regolamentati. L’inflazione IPC britannica dovrebbe attestarsi intorno al 4% nel 2° trimestre e, in questo contesto, tendiamo a credere che sarà difficile per la BoE abbassare ulteriormente i tassi.
Nel frattempo, i rendimenti giapponesi hanno continuato a salire in settimana, mentre lo yen si è rafforzato sulla scia dei forti dati sui salari giapponesi a inizio 2025. Il membro del Board della BoJ, Tamura, si è espresso a favore di un ulteriore rialzo dei tassi di 50 pb nei prossimi 12 mesi, in linea con il nostro pensiero.
Lentamente, sembra che gli investitori nazionali stiano rivedendo al rialzo la loro view rispetto al livello neutrale richiesto per i tassi di interesse in Giappone. Continuiamo a puntare a un movimento dell’1,5% nei rendimenti dei JGB decennali nei prossimi mesi. Tuttavia, al momento riteniamo che le opportunità in Giappone siano più orientate verso l’assunzione di una posizione lunga nel forex sullo yen, piuttosto che verso posizioni di breve durata nel mercato dei tassi.
Guardando avanti
Oggi sono in arrivo i dati sui payroll degli Stati Uniti, seguite dall’inflazione IPC la prossima settimana. Tuttavia, potrebbe sembrare che i dati economici stiano passando per il momento in secondo piano rispetto a ciò che esce dalla Casa Bianca. In base al dialogo che abbiamo avuto finora con i policymaker, abbiamo l’impressione che l’amministrazione statunitense ritenga di poter posizionare i dazi come una forma di tassa sui consumi americani (anche se i produttori nazionali sono esentati dal pagamento).
Dopo tutto, l’Europa riscuote l’IVA sulle merci statunitensi, che vengono vendute in tutto il continente. L’IVA genera entrate fiscali per i governi nazionali e quindi, secondo gli Stati Uniti, perché non dovrebbero trasferire l’onere della tassazione nello stesso modo? In quest’ottica, attualmente non esiste un’imposta federale sulle vendite negli Stati Uniti.
Inoltre, l’attuale struttura del sistema fiscale statunitense favorisce la delocalizzazione della produzione. Si ragiona quindi sul fatto che il re-onshoring di questa produzione riporterà posti di lavoro e ricavi negli Stati Uniti, e quindi è nell’interesse del Paese farlo.
Tuttavia, il rischio di questo calcolo politico è quello di supporre che gli altri non possano e non siano in grado di reagire efficacemente. Inoltre, questo ragionamento potrebbe essere sbagliato. In effetti, nel caso del Canada, sembra che il paese abbia già un elenco di contro-dazi pronto per essere applicato, il che potrebbe provocare un’ulteriore escalation da parte statunitense e quindi maggiori danni economici su entrambi i lati del confine.
Nel frattempo, nell’ultima settimana abbiamo già assistito all’imposizione di dazi alla Cina. È stato anche interessante vedere che sono state chiuse le scappatoie relative alle spedizioni su piccola scala, il che significa che è diventato molto più difficile evitare questi dazi. Sebbene possa essere stato un po’ di sollievo il fatto che l’aliquota del 10% sia stata più modesta di quella che alcuni temevano, sembra che Pechino non sia disposta ad accettare le cose in modo tranquillo e pacato.
L’amministrazione statunitense desidera eliminare la dipendenza dalla Cina dalle catene di approvvigionamento degli Stati Uniti, anche se non è una cosa che può accadere dall’oggi al domani. In particolare, nel caso dei minerali cruciali, la Cina detiene una quota dominante nella loro raffinazione e quindi non sarebbe difficile per Pechino interrompere significativamente la produzione industriale statunitense, se volesse agire contro Washington.
Da questo punto di vista, si può notare che la volatilità della politica commerciale è un elemento che potrebbe essere presente per tutta la durata della presidenza Trump. Questo fatto, di per sé, può avere un impatto sulla fiducia, ritardare gli investimenti e far pensare a risultati economici più deboli.
Notiamo inoltre che le vittorie a breve termine che Trump può vantare sull’immigrazione e su altre questioni politiche potrebbero essere ottenute al costo di danneggiare sostanzialmente la percezione e la posizione degli Stati Uniti sulla scena estera per gli anni a venire.
Inoltre, la decisione di Trump di ritirarsi da USAID ha lasciato potenzialmente sospesi a mezz’aria 50 miliardi di dollari di progetti in tutto il mondo. Per quanto riguarda Gaza, si può caritatevolmente provare a immaginare che Trump stesse cercando di razionalizzare il fatto che l’intero territorio deve essere effettivamente ricostruito da zero e che non sarà sicuro o compatibile vivere in un cantiere, mentre ciò avviene. Tuttavia, questi commenti sono stati nel migliore dei casi privi di tono, mostrando scarsa considerazione per la storia e la realpolitik sul campo.
Nonostante ciò, si ha la sensazione che Trump si stia divertendo molto. I suoi indici di gradimento sono forti e i suoi detrattori interni si sono ritirati. L’economia statunitense è in piena espansione e i mercati finanziari sono in forte crescita. Sta facendo valere il suo peso e sta ottenendo risultati. In un certo senso, per il Presidente, questo potrebbe essere il momento migliore.
Ma fa riflettere il fatto che, se questo è il modo in cui il Presidente conduce gli affari quando praticamente tutto va per il verso giusto, le conseguenze potrebbero essere molto più negative, se le cose cominciassero ad andare male. Riflettendo su questo, continuiamo a pensare che gestire livelli di rischio bassi e procedere con cautela sia la strada giusta da seguire per il momento. È difficile immaginare che il 2025 sarà tutto rose e fiori…

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