Ecco i possibili segnali di una recessione negli Usa

Legal & General (L&G) -

L’iniziale ondata di ottimismo sull’agenda di Donald Trump per l’economia statunitense sembra stia svanendo con l’aumento dell’incertezza. Si tratta solo di un momento di debolezza temporaneo o dell’inizio di un deterioramento della crescita più serio?

A più di un mese dal suo insediamento, i mercati hanno avuto reazioni piuttosto tiepide ai cambiamenti legati alla politica del presidente statunitense Donald Trump, con i maggiori economisti che continuano a stimare una crescita attorno al 2%, con nessun rilevante segnale di recessione imminente e, viste le barriere imposte sull’immigrazione, con una notevole crescita del Pil pro capite.

In tutto questo, anche la Federal Reserve sembra essere riuscita nell’impresa di realizzare il “soft landing”, con l’inflazione che sta comunque convergendo verso i livelli desiderati, l’economia che sembra aver raggiunto un equilibrio e con una solida crescita dei redditi e degli utili.

Infine, è noto che gli Stati Uniti godono di un vantaggio competitivo unico sul piano energetico e tecnologico, con le imprese che vi operano che potrebbero beneficiare di un contesto orientato verso la deregolamentazione, verso il taglio delle tasse e verso l’efficientamento dell’apparato pubblico.

Nonostante tutto, noi di Legal & General osserviamo dei fattori negativi che nel medio-lungo termine potrebbero zavorrare la macchina americana e deludere le aspettative iniziali sulla crescita.

I dazi

La prima fonte di preoccupazione risiede nei dazi doganali e sulla loro effettiva applicazione. Abbiamo da poco assistito all’imposizione di tariffe del 25% su Canada e Messico e a una successiva serie di passi indietro, oltre a un ulteriore 10% sulla Cina, che invece è più probabile che persista. Inoltre, il prossimo 12 marzo dovrebbero entrare in vigore quelle su alluminio e acciaio e il 2 aprile quelle sui prodotti agricoli.

Eppure, se si andassero a misurare i costi statici dei dazi e il loro impatto sui beni di consumo negli Usa e sulle esportazioni, ci si accorgerebbe che l’impatto sarebbe comunque gestibile. Ciò che complica davvero la situazione è l’incertezza sugli effetti che queste potrebbero avere nel lungo periodo; un fattore che potrebbe spingere molti a non correre rischi e ridurre gli investimenti.

Inoltre, bisogna prendere in considerazione le reazioni dei paesi interessati da questa politica commerciale e l’impatto sulla crescita che potrebbero avere. Questo ultimo punto ad oggi è ancora difficile da stimare concretamente, ma bisogna prestare molta attenzione a un potenziale boicottaggio delle esportazioni e dei marchi statunitensi.

L’immigrazione

Per quanto riguarda l’immigrazione, i pesanti vincoli imposti andranno a colpire direttamente sia la spesa per il consumo di beni e servizi, sia i profitti aziendali. Le intercettazioni alle frontiere erano già diminuite notevolmente negli ultimi mesi, ma dall’inaugurazione pare si siano quasi azzerate.

Ciò comporta un rischio che, a nostro avviso sta venendo sottovalutato dall’opinione pubblica. Infatti, mentre le deportazioni reali potrebbero rallentare considerevolmente per mancanza di mezzi, le minacce sembrano essersi fatte ancora più insistenti. Ciò potrebbe innescare una dinamica che porterebbe gli immigrati ad aumentare la loro propensione al risparmio, qualora fossero veramente obbligati a lasciare gli Stati Uniti.

I tagli alla spesa pubblica

Anche i tagli alla spesa hanno iniziato ad essere messi in pratica e la loro entità appare più consistente del previsto, tanto che ad oggi si possono contare almeno 2 milioni di lavoratori pubblici con il posto di lavoro a rischio e con l’efficienza dell’apparato governativo che potrebbe essere notevolmente compromesso.

Tuttavia, ciò non ha ripercussioni solo su questo segmento circoscritto, ma anche su quei privati che si vedono assegnare gli appalti dallo stato, che contano un numero di dipendenti che è doppio rispetto alla pubblica amministrazione e che oggi si trovano costretti a operare in un grande clima di incertezza. Questa incertezza potrebbe poi tradursi in un calo delle assunzioni da parte di queste aziende e di quelle che fanno maggiore affidamento su contratti, sovvenzioni, approvazioni di determinate normative, etc. con un impatto generale sugli stipendi molto corposo.

Inoltre, anche tutta la dimensione del welfare potrebbe subire un duro colpo, con misure come i buoni pasto che potrebbero essere bloccati o congelati, andando a colpire coloro che hanno un’elevata propensione marginale al consumo. Inoltre, sebbene la Corte Suprema abbia bocciato i tagli al Medicaid, è chiaro che questa amministrazione voglia ridurre le spese anche nella sanità e ciò può spingere la popolazione ad aumentare la propensione al risparmio qualora avesse bisogno di pagarsi delle cure e i player di mercato ad abbandonare questo settore per investire altrove.

Infine, non è ancora chiaro in che misura l’Inflaction Reduction Act sarà ridimensionato, ma possiamo prevedere che cospicui investimenti in energia green saranno sospesi o annullati. Inoltre, la fine del credito d’imposta per i veicoli elettrici potrebbe avere un impatto negativo sulle vendite di auto (oltre a prezzi più alti derivanti dalle tariffe).

I tagli alle tasse

Questo punto è forse l’unico che potrebbe controbilanciare gli effetti negativi descritti, ma il suo impatto potrebbe arrivare troppo tardi e non riuscire a riparare il danno inflitto all’economia statunitense. In secondo luogo, non è ancora chiaro quale sarà la portata degli eventuali nuovi stimoli fiscali, dato che questi potrebbero anche essere sacrificati dal Congresso per ridurre il deficit nazionale. Tuttavia, ad oggi lo scenario più probabile è quello di uno stimolo fiscale netto con alcuni tagli aggiuntivi e solo una modesta riduzione della spesa complessiva (con più investimenti per la difesa e la sicurezza dei confini e alcuni tagli altrove).

Cogliere i segnali

Se tutto quanto visto finora si dovesse realizzare, sarà possibile capirlo da segnali che non si limiteranno solamente a una semplice inversione di tendenza nei sondaggi sulla fiducia, come è stato osservato dopo le elezioni. La crescita del Pil del primo trimestre potrebbe rivelarsi debole e inferiore alle attese e se si inizieranno a vedere flessioni anche sul mercato del lavoro, allora i rischi di ribasso che già oggi dominano le prospettive di mercato, potrebbero diventare a tutti gli effetti una minaccia concreta.