On My Mind: I mercati iniziano a vacillare?

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I primi passi della nuova amministrazione statunitense sono stati un vortice di azioni, piani e idee, che a loro volta hanno generato reazioni frenetiche sia nel paese che all’estero. Il risultato complessivo è stato un’abbondanza di informazioni da elaborare, accompagnata da molto rumore da filtrare. Pertanto, è diventato particolarmente difficile trarre una conclusione in merito ai rischi per il contesto macroeconomico. Cerchiamo di fare il punto riguardo alla situazione attuale.

Tra le prime linee di azione dell’amministrazione ve ne sono due che potrebbero provocare notevoli disagi e hanno pertanto alimentato i timori di un impatto sfavorevole sull’attività economica. Le minacce di dazi sono l’esempio più ecclatante, poichè potrebbero indurre le imprese a rinviare l’investimento mentre riflettono su eventuali riconfigurazioni delle catene di approvvigionamento, o su come assorbire i rincari dei costi per la lavorazione. Subito dopo vi sono i tagli della spesa pubblica e dell’occupazione trainati dal nuovo Dipartimento per l’efficienza dell’amministrazione pubblica (Department of Government Efficiency, DOGE). Queste misure hanno destato timori per tagli nei servizi pubblici, oltre a conseguenze negative dirette sull’occupazione in generale.

Nei dati più recenti abbiamo già visto qualche segno di debolezza. Il calo della fiducia dei consumatori registrato dall’Università del Michigan e dal Conference Board a gennaio è particolarmente preoccupante.

Il crollo della fiducia è stato accompagnato da una decelerazione della spesa per i consumi e ha contribuito a una revisione al ribasso delle previsioni di crescita per il primo trimestre da parte dell’Atlanta Federal Reserve (Fed), anche se il propulsore di gran lunga più determinante è stato un’accelerazione delle importazioni. Anche i dati deludenti dell’indice manifatturiero ISM a febbraio suggeriscono una debolezza all’inizio del nuovo anno.

A mio avviso, la questione sottostante principale è il sequenziamento delle misure politiche. Fino ad ora, l’azione si è prevalentemente concentrata sui dazi e sul DOGE. Abbiamo visto meno progressi concreti sulla deregolamentazione e sui tagli fiscali, le due aree fondamentali per dare slancio alla crescita economica contenendo allo stesso tempo l’inflazione.

Di conseguenza, al momento, le famiglie e le imprese risentono di una maggiore incertezza (che è stata anche accentuata dai media), di uno scarso aiuto per quanto riguarda le pressioni sui prezzi, dal momento che l’inflazione resta elevata, e nessuna buona notizia certa riguardo alle imposte.

Dobbiamo tuttavia ricordare che siamo ancora all’inizio: quest’amministrazione si è insediata da meno di due mesi. Il focus immediato su tagli dei costi e cambiamenti relativi al personale delle agenzie governative di per sé rende difficile procedere contemporaneamente con una deregolamentazione. È una situazione che sta sconvolgendo proprio le agenzie responsabili di riformare le strutture regolamentari nelle rispettive aree. Questo ritardo negli impegni per la deregolamentazione è deludente, ma ancora non vediamo motivi per dubitare dell’impegno dell’amministrazione a tale riguardo. Il Presidente Trump ha spesso dato risalto all’importanza prioritaria di un alleggerimento della regolamentazione, come conferma anche il suo primo mandato. Inoltre, l’approccio determinato del DOGE per rendere la burocrazia più snella e più efficiente sembra preludere a un’impostazione analoga nei confronti della regolamentazione.

Intanto la Camera e il Senato hanno approvato recentemente due disegni di legge di bilancio diversi che includono tagli rilevanti delle imposte e riduzioni della spesa in programma. Il progresso su questo fronte sarà più arduo e richiederà tempi più lunghi. Il Congresso e l’amministrazione devono riconciliare obiettivi ambiziosi di tagli delle imposte con la necessità di ridurre il deficit di bilancio a proporzioni più gestibili rispetto al 6%-7% medio del prodotto interno lordo degli ultimi anni. Dal momento che sembrano esclusi tagli alle prestazioni previdenziali e a Medicare, sarà difficile ottenere riduzioni di spesa adeguate, per cui un accordo in merito a una nuova struttura fiscale richiederà un lavoro molto più impegnativo.

Il DOGE aiuterà in una certa misura, dal momento che sembra progredire stabilmente nell’identificare spese governative di dubbio valore. È tutt’altro che sorprendente. L’anno passato, secondo le stime del Government Accountability Office nell’esercizio 2023, erano stati effettuati pagamenti impropri per circa 240 miliardi di dollari, e complessivamente per 2,7 trilioni di dollari negli ultimi dieci anni (si definiscono impropri i pagamenti in eccesso, pagamenti effettuati a persone o entità non qualificate, e, in certi casi, frode). Vi è sicuramente spazio per risparmi. Tuttavia, ciò che abbiamo visto finora non mi fa cambiare idea rispetto a quella che sarà la difficoltà di indirizzare la politica fiscale statunitense su una traiettoria di lungo termine più sana senza intervenire sui diritti. Il DOGE può aiutare il bilancio e sostenere una crescita più forte rendendo più efficiente il settore pubblico, ma non risolverà la sfida fiscale di lungo termine, che resta una questione politica cruciale da risolvere sia per il presidente che per il Congresso.

Complessivamente, la nuova amministrazione statunitense si sta ancora muovendo nella direzione di cambiamenti della politica più orientati a un rafforzamento della crescita. L’incertezza che l’accompagna presenta qualche rischio, e dobbiamo vigilare attentamente sulle misure della fiducia e gli indicatori di attività. Ho già accennato al recente crollo della fiducia dei consumatori, che desta qualche preoccupazione. D’altra parte, il Conference Board ha registrato anche un drastico aumento della fiducia dei CEO, che continua ad essere una forte dimostrazione di ottimismo riguardo alle prospettive economiche. E, malgrado la decelerazione dei consumi personali a gennaio, anche a gennaio dell’anno passato avevamo visto una decelerazione analoga, a cui aveva poi fatto seguito una sana crescita per tutto il 2024. Nel complesso l’attività economica resta resiliente e il mercato del lavoro è ancora in ottima salute. Le preoccupazioni per il potenziale impatto negativo dei dazi sulla crescita sono ragionevoli, ma non dovrebbero essere esagerate. Come avevo scritto in un articolo precedente, gli Stati Uniti sono un’economia ampia e prevalentemente chiusa, e l’effetto del commercio sulla crescita è limitato. Dobbiamo essere vigili, ma ritengo che il pessimismo sarebbe molto prematuro. Continuo a prevedere che la crescita dell’economia statunitense quest’anno sarà superiore al suo potenziale.

Mi attendo anche che le pressioni dell’inflazione continueranno ad essere resilienti, e che l’anno in corso si chiuderà con un’inflazione headline intorno ai livelli attuali. Visto inoltre che la Fed ha già segnalato prudenza e identificato i dazi come un possibile rischio di inflazione, continuo ad essere convinta che l’attuale ciclo accomodante potrebbe essersi concluso, o quasi, anche se recentemente i prezzi dei mercati sono passati a tenere conto di altri due tagli dei tassi, invece di uno solo.

Un rallentamento dell’attività economica potrebbe mitigare a margine le pressioni al rialzo sui rendimenti obbligazionari, ma non in misura particolarmente rilevante, soprattutto se la politica fiscale resterà accomodante come al momento attuale. Continuo a prevedere un rendimento del Treasury USA decennale nella fascia tra 4,75% e 5% entro la fine dell’anno, tuttavia l’assenza di un progresso riguardo alla deregolamentazione potrebbe mantenerci più vicini all’estremità più bassa della mia fascia bassa. Un’ulteriore espansione di rilievo del deficit di bilancio potrebbe invece indurre i rendimenti a salire oltre la soglia del 5%.

Possiamo attenderci un rumore e una volatilità ancora elevati. Tuttavia, un elemento sul quale dovremmo vigilare attentamente nelle prossime settimane è il progresso della riforma fiscale e della deregolamentazione, con il conseguente balzo positivo della fiducia, dal momento che rappresentano le chiavi per la prospettiva di una forte crescita sostenibile.