Rinascimento europeo

Jeff Blazek, Co-Chief Investment Officer—Multi-Asset Strategies, Neuberger Berman, ed Erik Knutzen, Co-Chief Investment Officer—Multi-Asset Strategies, Neuberger Berman -

Dalla pandemia di Covid-19 in poi, molti investitori hanno considerato le mega-cap Usa come l’unico settore rilevante in cui investire. Questa percezione sembra essere stata però superata recentemente. Dopo un rallentamento a febbraio, i primi titoli per capitalizzazione di mercato dell’indice S&P 500 hanno iniziato a perdere terreno. Sembrano quindi prendere forma il ribilanciamento e l’ampliamento della performance di mercato che avevamo anticipato.

Timori legati alla crescita e ai dazi

Non tutto, però, si è sviluppato come ci aspettavamo. Avevamo previsto che i titoli value statunitensi avrebbero sovraperformato quelli growth, e così è stato, con un vantaggio di quasi nove punti percentuali dall’inizio dell’anno. Avevamo inoltre ipotizzato che i finanziari e gli industriali potessero colmare il divario di performance con quello Tecnologico, e ciò è avvenuto, con circa nove punti percentuali di differenza. A conferma di questo trend, il Nasdaq Composite Index ha perso il 4% in un solo giorno all’inizio della scorsa settimana, e i titoli dei “Magnifici Sette” sono entrati in una fase di mercato ribassista rispetto al loro picco massimo registrato il 17 dicembre 2024. Nel frattempo, le altre 493 società dell’indice S&P 500 hanno mostrato una buona tenuta: l’indice S&P 500 Equal Weighted ha superato i Magnifici Sette di 10 punti percentuali dall’inizio dell’anno.

Per contro, le small e mid cap statunitensi, che avevamo indicato come potenziali beneficiarie di una crescita economica sostenuta e di un rinnovato ottimismo, non hanno confermato le aspettative. L’indice S&P Small Cap 600 ha infatti perso quasi l’11% dall’inizio dell’anno, cinque punti percentuali in meno rispetto all’S&P 500.

Questa debolezza può essere attribuita ai timori legati alla crescita economica e alle politiche tariffarie che stanno pesando sull’economia statunitense. Le small cap, poiché particolarmente sensibili alle aspettative di crescita, risentono di un contesto di incertezza economica. Inoltre, pur essendo aziende prevalentemente orientate al mercato domestico, i loro margini di profitto relativamente contenuti sono sotto pressione a causa dell’aumento dei costi di produzione legati ai dazi. Questi stessi fattori hanno contribuito, la scorsa settimana, a un ampliamento degli spread nel mercato del credito high yield, un fenomeno che potrebbe essere considerato tardivo ma inevitabile.

La retorica del governo statunitense, che giustifica politiche economiche di breve termine per ottenere benefici nel lungo periodo, alimenta i timori di recessione e pesa sul sentiment di mercato. Sebbene non riteniamo che gli Stati Uniti siano diretti verso una recessione, è evidente che il loro slancio economico si sia ridotto significativamente.

Un momento storico

Le difficoltà del mercato statunitense hanno però aperto la strada a un ampliamento della performance in altri mercati internazionali, un fenomeno che si è verificato prima del previsto. Le azioni giapponesi hanno registrato una lieve sovraperformance rispetto a quelle statunitensi dall’inizio dell’anno. L’indice CSI 300 cinese ha superato l’S&P 500 di oltre nove punti percentuali, mentre lo STOXX Europe 600 ha registrato un deciso rialzo, con un vantaggio di 13 punti percentuali.

Per il Giappone, per consolidare un rinnovato slancio, sarà necessario assistere a un continuo rientro di capitali da parte degli investitori domestici. In Cina, invece, le recenti misure politiche a favore dei consumatori e del settore privato rappresentano un indizio promettente, ma il loro impatto reale deve ancora concretizzarsi. Al contrario, i piani di spesa fiscale dell’Europa sembrano già avere un potenziale trasformativo storico.

Focus sulla Germania

L’attenzione si concentra quindi sulla Germania, dove il nuovo cancelliere Friedrich Merz è pronto a sfruttare la maggioranza parlamentare per approvare modifiche costituzionali al “freno al debito.” Queste modifiche consentirebbero di escludere gran parte delle spese per la difesa dalle regole fiscali, oltre alla creazione di un fondo infrastrutturale da 500 miliardi di euro.

Parallelamente, la Germania ha sostenuto una riforma delle rigide regole fiscali a livello di zona euro. I leader europei hanno approvato la proposta della Commissione Europea per esentare temporaneamente le spese per la difesa da tali regole e per istituire un fondo da 150 miliardi di euro destinato a prestiti per la difesa agli Stati membri. Tra le altre proposte in esame figurano l’emissione di obbligazioni comuni per la difesa e il ruolo dell’UE come principale acquirente di armi.

A gennaio, avevamo indicato che un allentamento fiscale in Francia e Germania, o un accordo di pace e ricostruzione per l’Ucraina, avrebbero potuto migliorare le prospettive per i mercati europei. Sebbene questi sviluppi fossero plausibili, avevamo previsto che lo stimolo dalla Francia sarebbe stato limitato, quello della Germania sarebbe arrivato nella seconda metà del 2025 e un accordo sull’Ucraina restava una possibilità remota. Tuttavia, il nuovo atteggiamento dell’amministrazione statunitense nei confronti dell’alleanza nord-atlantica ha accelerato questo processo in modo quasi impensabile fino a poche settimane fa.

Gli investitori sembrano ora guardare oltre i potenziali effetti inflazionistici di queste misure di spesa, adottando una mentalità orientata alla crescita.

Tempi volatili in arrivo

Cosa potrebbe ostacolare la rinascita economica e di mercato dell’Europa? Un primo rischio potrebbe essere un’inversione del sentiment di mercato. L’attuale performance potrebbe essere attribuita all’entusiasmo per i nuovi piani di spesa e per gli sforzi di difesa unificati. Tuttavia, questo potrebbe anche essere il risultato di una rotazione fuori dagli asset statunitensi o da asset con valutazioni elevate. Questo trend, infatti, ha preceduto le elezioni tedesche e l’apertura di Merz all’espansione fiscale, manifestandosi in modo ampio e non limitato ai titoli della difesa.

Un secondo rischio è rappresentato dalle tensioni legate ai dazi. Le minacce di tariffe statunitensi potrebbero trasformarsi in un sell-off globale, con i rischi immediati per la crescita europea che superano i benefici a lungo termine degli stimoli fiscali. L’imposizione di dazi su acciaio e alluminio europei da parte degli Stati Uniti e la prospettiva di misure reciproche dopo il 2 aprile aumentano questa possibilità.

Nonostante le sfide, i mercati europei hanno reagito più rapidamente e con maggiore forza di quanto ci aspettassimo all’inizio dell’anno. E su questo punto, l’ultimo Global Fund Manager Survey di Bank of America suggerisce che, mentre gli investitori stanno riducendo l’esposizione agli Stati Uniti, sono ancora sovrappesati su quest’area. Sebbene non ci si debba attendere un altro trimestre di guadagni ininterrotti per lo STOXX Europe 600, non escludiamo ulteriori sovraperformance rispetto agli Stati Uniti.