GAM: Incertezza e volatilità sui mercati dopo i dazi di Trump

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Il Liberation Day ha mostrato il lato oscuro della forza, i mercati stanno reagendo con violenza ai dazi e alle modalità del calcolo annunciate alla Casa Bianca la scorsa settimana, prevale la paura che i costi su aziende e famiglie saranno superiori al previsto e che la recessione sia più probabile.

Gli Stati Uniti hanno una lunga storia di protezionismo ma l’applicazione sistematica e indiscriminata delle tariffe su qualsiasi merce importata non accadeva dai tempi del Tariff Act del 1930 (conosciuto anche come Smoot-Hawley Act, dal nome dei due proponenti). All’epoca l’applicazione di dazi fino al 60% su oltre 20.000 merci importate negli Stati Uniti scatenò le risposte protezionistiche degli altri paesi amplificando gli effetti nefasti dei gravi errori di politica monetaria. Gli operatori vedono oggi molte similitudini con quello scenario e reagiscono con vendite massicce.

È successo tutto molto rapidamente, nella storia del mercato azionario degli ultimi decenni è la prima volta che un violento sell-off sia stato causato da scelte di politica economica di un presidente e non da shock esogeni come la pandemia o il fallimento di una banca. La Casa Bianca come “Houise of Harms”, un luogo che genera incertezza; il rendimento del Treasury è sceso sotto il muro del 4% ma ricordiamo che era attorno a 4,8% appena tre mesi fa. Una discesa “Alpine coaster” che non significa accondiscendenza alle strategie dell’Amministrazione ma preoccupazione per il brusco aumento delle probabilità di recessione.

Gli attuali valori di borsa e il rendimento delle obbligazioni scontano lo scenario peggiore, l’avvitamento recessivo dell’economia e la Federal Reserve costretta a tornare nella modalità espansiva a dispetto di una inflazione probabilmente più alta.

Per quanto riguarda la borsa di Zurigo, le aliquote tariffarie applicate alle importazioni dalla Svizzera sono del 31% e del 32%, un aggravio di costi che le società che dispongono di impianti di produzione negli Stati Uniti potranno agevolmente evitare. Per il momento, i prodotti farmaceutici sono esenti perché si tratta di “una categoria a parte”, ha dichiarato Trump che ha però anticipato che le tariffe colpiranno anche il settore pharma “a un livello mai visto prima”.

L’effetto maggiore che si realizzerà nell’immediato futuro sul listino svizzero è la decelerazione dell’economia. Gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale dopo l’Unione Europea, l’aggiustamento al ribasso delle previsioni di crescita dell’economia globale coinvolge naturalmente anche l’economia elvetica che, per le sue dimensioni, dipende fortemente dal commercio globale. I dazi del 2 aprile, il “Liberation Dismay”, aumentano la probabilità di una performance economica più debole rispetto alle previsioni di inizio anno.

A livello micro, di tipologie merceologiche, alcune società di piccole e medie dimensioni operano in settori in cui non c’è la concorrenza delle aziende americane, ad esempio nell’intralogistica, oppure nei metodi di produzione avanzati.

Nel settore del lusso l’impatto dei dazi sarà diverso in base all’esposizione delle varie società verso gli Stati Uniti.  Una possibilità per le grandi case del lusso è il trasferimento di tutti i nuovi costi sul prezzo finale destinato al cliente. Sarebbe però una scelta azzardata: potrebbe essere rischioso testare la resistenza del “pricing power” dopo gli aumenti dei prezzi applicati negli ultimi anni. Più percorribile è l’opzione di un trasferimento solo parziale delle tariffe sul listino, facendo assorbire ai margini il resto dei maggiori costi.

Anche per il lusso vale la regola aurea che gli eccessi nella debolezza presentano il più delle volte opportunità.

Le prossime settimane saranno ancora sotto il segno dell’incertezza radicale, della volatilità, non si possono escludere neppure ripensamenti o aggiustamenti da parte della Casa Bianca.

Non è difficile trovare il momento giusto per vendere.  Il difficile è trovare il momento giusto per comprare. Nella brutale correzione di queste ultime sedute c’è la risposta ai dazi e c’è la componente tecnica di vendita di asset in utile (anche l’oro dunque) per finanziare le richieste di margini e i disinvestimenti dai fondi reali e previsti. Sono state create sacche di valore di cui gli investitori dai nervi saldi potrebbero approfittare; il deleveraging è però ancora in corso, “quando” rientrare resta una decisione difficile, soprattutto con i vari paesi che in risposta ai dazi americani sembrano avere un orientamento ritorsivo e non di acquietamento nella de-escalation.

Nel breve periodo i mercati resteranno volatili, la spinta dei dazi applicati in modo indiscriminato e arbitrario potrebbe favorire la cooperazione tra i paesi e aree economiche, la stessa amministrazione americana potrebbe rivedere alcune misure, correggerne altre.

L’economia degli Stati Uniti è la più flessibile al mondo e le aziende americane hanno sempre dimostrato adattabilità: ci vorrà tempo ma il tempo è quello che non manca all’investitore accorto.