I dazi annunciati da Trump colpiscono l’economia di tutto il mondo. Intervista all’economista Alessia Potecchi
I dazi annunciati da Trump colpiscono l’economia di tutto il mondo con danni e pericoli di grandi dimensioni. Dazi del 10% per tutti e superiori per 60 Paesi.
Intervista ad Alessia Potecchi. Quanto i dazi danneggeranno l’Italia e l’Europa?
“L’Europa, definita addirittura ‘patetica’ da Trump, sarà colpita dai dazi del 20%, il Giappone del 24%, la Corea del Sud del 25%, l’India del 26%, il Vietnam del 46%, il Regno Unito e il Brasile del 10%. Con l’entrata in vigore dei dazi il nostro Paese rischia di pagare un alto prezzo, nel 2024 le vendite di beni italiani negli USA hanno raggiunto i 65 miliardi di euro ma avranno conseguenze negative anche per la stessa economia americana che metterà a rischio posti di lavoro, aumenterà le procedure e le regole burocratiche e costituirà un grave problema per gli importatori americani … l’inflazione sarà galoppante”.
Come dovrebbe comportarsi l’Europa per contrastare il fenomeno?
“In questo passaggio l’Europa deve essere unita più che mai e rispondere in maniera sinergica con programmi efficaci e appropriati, una reazione determinata e giustificata. Occorre negoziare ed evitare che venga messo in campo un conflitto di carattere commerciale che avrebbe delle conseguenze ancora peggiori, ci vuole prudenza. Dobbiamo agire anche e soprattutto dall’interno”.
In che modo si può agire?
“Occorre completare e modernizzare il mercato interno, è una priorità fondamentale per rafforzare il modello sociale e produttivo europeo. In questo contesto occorre introdurre un meccanismo comune di contributi provenienti dagli aiuti di stato, da indirizzare a investimenti per progetti pan-europei e favorire parità di condizioni tra le imprese. Bisogna costruire un mercato interno che sia efficace, costruttivo. Va rafforzato il completamento dell’Unione di capitali, per consentire alle imprese di avere finanziamenti privati alle stesse condizioni e dell’Unione Bancaria con un meccanismo di protezione dei depositi a livello europeo e un fondo di liquidità per garantire la stabilità finanziaria”.
Come vede il futuro della politica industriale europea?
“Abbiamo bisogno di una politica industriale europea, ma anche italiana, che sia all’altezza del momento che stiamo vivendo e attraversando, capace di indirizzare le applicazioni tecnologiche verso un modello di sviluppo nuovo, innovativo e coraggioso. Vanno creati degli asset a livello europeo e va fatto in modo che la ripresa di politiche industriali nazionali non rallenti il processo di integrazione dell’industria europea favorendo spinte nazionalistiche che oggi appaiono non solo inefficaci ma anche dannose perché rischiano di alimentare una competizione interna sugli aiuti di Stato a danno dei paesi con minore spazio. Dobbiamo rafforzare e puntare sul nostro mercato interno con delle riforme e dei programmi precisi come l’aumento dei salari e nuovi investimenti di carattere pubblico e privato, occorre una politica industriale adeguata che sappia nel contesto europeo mettere in campo investimenti comuni consistenti per affrontare competizione e cambiamenti. La sicurezza nazionale ed europea deve diventare fattore centrale nelle scelte di politica energetica e industriale e devono farci riconsiderare alcune scelte strategiche tenendo conto di quello che sta accadendo. La situazione è complessa e l’economia mondiale corre gravi pericoli ma è un’occasione importante per l’Europa per guardare alla sua unità e ad un percorso economico, commerciale e fiscale sinergico”.

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