La sicurezza delle infrastrutture critiche europee dinanzi alle nuove minacce ibride: il 28 aprile 2025 come spartiacque

Marco Bacini -

La sicurezza delle infrastrutture critiche europee — 

A cura del Prof. Marco Bacini, Direttore Master Intelligence per la Sicurezza Nazionale e Internazionale

La concomitanza tra la massiccia fuga di dati subita dal gruppo francese Boulanger e il blackout che oggi ha paralizzato la quasi totalità della Spagna continentale, l’intero Portogallo, il Principato di Andorra e ampie aree del sud della Francia impone la necessità di un’analisi strategica, rivelando la tensione crescente tra vulnerabilità sistemiche e minacce ibride.

A fronte dell’assenza di prove formali di correlazione diretta, la sovrapposizione temporale degli eventi, la loro natura incidentale su settori critici e l’assenza di finalità economiche immediate configurano un quadro di allarme che esige una riflessione oltre i confini delle ricostruzioni tecniche contingenti.

La pubblicazione gratuita dei dati esfiltrati, senza richiesta di riscatto, appare come un segnale di natura dimostrativa, volto a incrinare la fiducia nei meccanismi di protezione delle informazioni personali e aziendali. Allo stesso modo, il blackout, ufficialmente attribuito a un fenomeno atmosferico anomalo, mette in luce come l’interconnessione delle reti energetiche europee, pur rappresentando un fattore di efficienza, amplifichi i rischi sistemici di fronte a eventi estremi o a operazioni di sabotaggio ad alta sofisticazione.

Hybrid warfare 

È sul terreno della hybrid warfare che queste dinamiche trovano la loro più plausibile interpretazione: operazioni spesso prive di immediata rivendicazione, anche se in questo caso sono apparse rivendicazioni dei gruppi Hacktivisti NoName057 e Dark Storm, condotte attraverso strumenti tecnologici e ambientali, volte più a generare sfiducia che a ottenere guadagni tangibili. Le infrastrutture critiche cessano di essere meri obiettivi militari o terroristici tradizionali per divenire leve di pressione geopolitica e strumenti di destabilizzazione a basso costo e ad alta efficacia.

La dimensione cyber-fisica della minaccia contemporanea sfuma i confini tra guerra convenzionale e conflitto permanente a bassa intensità, rendendo obsolete molte categorie interpretative ancora oggi in uso nella dottrina della sicurezza europea. Se l’evento legato a Boulanger può essere interpretato come un attacco alla sfera della fiducia privata, il blackout energetico assume la funzione di stress-test del sistema di risposta civile e istituzionale di Stati nazionali e organismi sovranazionali.

La gestione dell’emergenza

La mancata sincronizzazione nella gestione dell’emergenza, l’assenza di una comunicazione univoca e la difficoltà nel ripristino rapido delle funzioni vitali mostrano che la resilienza non è più un concetto settoriale, bensì una funzione sistemica della sicurezza complessiva.

L’Europa, si è presentata come un ecosistema vulnerabile, dove l’aumento esponenziale della dipendenza digitale non è stato ancora compensato da un adeguato investimento in cultura della sicurezza, formazione specialistica e interoperabilità tra settori pubblico e privato. Più che rincorrere la mera protezione perimetrale delle infrastrutture, è necessaria  oggi la costruzione di un paradigma di difesa fondato sulla capacità di adattamento, sulla detection precoce delle anomalie, sulla distribuzione intelligente delle risorse di reazione. La vera sfida non è più soltanto prevenire l’attacco, ma contenere rapidamente le sue conseguenze, mantenendo integra la coesione sociale e la credibilità istituzionale.

I fatti odierni suggeriscono infine una lettura geopolitica più ampia, in tempi di conflittualità diffusa e opaca, anche eventi apparentemente accidentali possono essere strumenti di pressione strategica, manovrati da attori statuali o parastatali all’interno di strategie competitive di lungo periodo. Non cogliere il senso profondo di queste nuove dinamiche significa condannarsi a una postura difensiva destinata a soccombere. La costruzione di una vera cultura della resilienza europea non potrà prescindere da questa consapevolezza.