Le sfide dei dazi sulla Cina: un approfondimento
Sin da inizio anno, geopolitica e scambi commerciali sono stati un tema chiave per gli investitori in Asia, eppure l’entità dei dazi dell’amministrazione Trump ha sconvolto i mercati e innescato revisioni al ribasso delle attese di crescita economica globale.
Non ne siamo intimoriti. Abbiamo già investito nel corso di molti periodi di volatilità e restiamo fiduciosi che l’azionario asiatico continuerà a offrire buone opportunità di rendimento gli investitori nel medio e lungo termine. Nel breve e medio termine l’eventuale impatto sugli utili, e quindi sui dividendi, delle aziende nella nostra strategia può essere maggiore in risposta a un rallentamento della crescita globale più che non direttamente ai dazi.
La Cina ha un problema concreto e, a nostro avviso, probabilmente sarà il Paese a perdere maggiormente dalla politica commerciale dell’amministrazione Trump. Il Paese del dragone deve affrontare dazi fino al 145% da parte degli Stati Uniti e ha contraccambiato con dazi che vanno a detrimento delle sue importazioni dagli USA. Questi dazi sono così alti da rendere antieconomico il commercio tra Cina e Stati Uniti, il che equivale a un embargo commerciale.
La divergenza tra Stati Uniti e Cina
È difficile dire cosa accadrà in futuro e vediamo che la situazione è molto mutevole. Tuttavia, sembra che ci stiamo dirigendo verso una divergenza tra Stati Uniti e Cina, e questo potrebbe andare a vantaggio di altri mercati asiatici, poiché la capacità produttiva e gli scambi commerciali si spostano a loro favore. Vale la pena notare che la divergenza non è iniziata con i dazi di Trump. Ad esempio, l’amministrazione Biden aveva interrotto l’esportazione di apparecchiature necessarie alla produzione di semiconduttori di fascia alta in Cina da Stati Uniti, Paesi Bassi e Giappone.
Per quanto riguarda altri Paesi dell’area, Giappone, Vietnam e Corea del Sud hanno espresso la volontà di negoziare con gli Stati Uniti sui dazi. Riteniamo possibile che nei prossimi tre mesi l’amministrazione Trump firmi accordi commerciali con un numero significativo di Paesi e che i livelli tariffari abbiano più o meno raggiunto il loro picco e possano essere ridotti, in alcuni casi a meno del 10%.
Crediamo che i dazi tra Stati Uniti e Cina rimarranno elevati per un periodo prolungato. È possibile che la Cina sia costretta a tagliare i prezzi e a inondare i mercati esteri di auto elettriche, acciaio e altri prodotti manifatturieri a basso prezzo per tenere occupate le sue fabbriche e sostenere la sua economia.
Perché non investiamo in Cina
Negli ultimi tre anni non abbiamo investito in Cina perché abbiamo ritenuto che il sistema politico monopartitico non fosse in grado di creare le condizioni per un rendimento soddisfacente per gli azionisti e che le relazioni con gli Stati Uniti, l’Europa e alcuni altri Paesi asiatici stessero diventando più complesse. Gli elevati livelli di indebitamento, il debole trend demografico e le difficoltà sul mercato immobiliare rappresentano ulteriori sfide per l’economia cinese.
Dal nostro punto di vista, un altro fattore che ostacola gli investimenti è la crescente aggressività della Cina nei confronti di Taiwan. Il Presidente Xi ha fissato per l’Esercito Popolare di Liberazione l’obiettivo di diventare un “esercito moderno” entro il 2027, e funzionari statunitensi hanno ipotizzato che la Cina stia cercando di raggiungere determinate capacità militari per invadere Taiwan entro il 2027. Questo sarebbe una catastrofe per entrambi i Paesi, per l’area geografica e per l’economia globale.
Naturalmente, la Cina continua a far parte dei benchmark azionari regionali e globali e molti fondi sul mercato asiatico hanno continuato a investire in Cina.
Dall’annuncio dei dazi dell’amministrazione Trump all’inizio di aprile, i mercati asiatici sono stati volatili, come del resto tutti i mercati. Seguendo un approccio di investimento ad alta convinzione e di lungo termine, non abbiamo apportato grandi modifiche al portafoglio e riteniamo importante avere una buona diversificazione al suo interno, per generare performance in un’ampia gamma di scenari di mercato.
Per questo abbiamo un mix di titoli growth, come quelli tecnologici e in particolare di Taiwan, e di titoli più orientati al mercato interno e meno correlati al ciclo economico. Siamo sovrappesati nei mercati sviluppati di Australia e Singapore, dove vediamo buone opportunità. Sovrappesiamo anche l’India, che consideriamo il mercato emergente più interessante al mondo.
Ricerchiamo aziende che siano in grado di catturare la crescita dell’area geografica ma molte sono leader a livello mondiale. Riteniamo che i mercati più grandi in Asia offrano una buona liquidità e un potenziale rendimento da dividendi interessante per gli investitori più attenti.
Sebbene le prospettive a breve termine per gli scambi commerciali rimangano volatili e imprevedibili, riteniamo che nel medio e lungo termine l’investimento “income” in Asia sia una scelta convincente.

LMF green
Mente e denaro
Sala Stampa