Commento GAM: le diverse facce dei consumatori del lusso

Flavio Cereda, Investment Director Luxury Brands di GAM -

Ad aprile abbiamo ridotto le nostre previsioni di crescita del settore del lusso per l’anno fiscale dal 3-4% all’1-2% sulla scia degli annunci sui dazi statunitensi e delle relative perturbazioni, dove il problema non sono i dazi in sé, ma il possibile impatto sulla fascia di consumatori statunitensi. Nel settore del lusso, è soprattutto una questione di qualità dei consumatori e momentum del marchio.

Per quanto riguarda il mercato del lusso negli Stati Uniti i principali titoli in portafoglio (Amer Sports, Tapestry, Ralph Lauren e On Holding, ecc.) continuano a registrare buoni risultati e a superare le aspettative. Detto questo, abbiamo assistito ad alcuni ribassi, poiché il mercato si aspetta un rallentamento che non si è ancora concretizzato. Riteniamo che questi titoli continueranno a sovraperformare. Guardando a Viking Cruises, un operatore crocieristico premium con l’80% dei clienti statunitensi, nessun minore a bordo e una clientela composta in gran parte da viaggiatori facoltosi over 55. Ha già venduto oltre il 90% delle cabine per il 2025 e il 40% per il 2026, il che a nostro avviso è una chiara prova che i facoltosi continuano a spendere come previsto.

In un certo senso, stiamo tutti “aspettando Godot”, convinti che arriverà un rallentamento, ma potrebbe essere meno grave del previsto. Quindi sì, prevediamo una certa decelerazione della spesa negli Stati Uniti, ma l’entità rimane incerta. Ciò che è chiaro è che deteniamo titoli di qualità con un buon momentum. Ora prevediamo una crescita del +2% per il cluster dei consumatori americani, trainata da una crescita del +4-5% della spesa non statunitense. Data la volatilità post-manovre tariffarie, abbiamo ridotto l’esposizione dal 40% al 34%, poiché prevediamo che la mancanza di visibilità durerà ancora per qualche tempo.

Per quanto riguarda il mercato cinese invece, non abbiamo ancora visto dei miglioramenti, ma i segnali sono più positivi in vista del secondo semestre. Le recenti conversazioni con i marchi e in particolare con gli operatori dei centri commerciali sono leggermente incoraggianti e i dati sono sempre meno allarmanti. Ricordiamo che il problema è stato la fiducia dei consumatori, non la loro capacità di spesa. I consumatori cinesi rimangono una fascia benestante, con risparmi significativi. Il problema è quando e dove spenderanno. Non è in atto un ripensamento strutturale, ma si sta verificando uno spostamento della domanda. L’incertezza economica ha ridefinito la percezione del valore e, per alcuni marchi, la proposta semplicemente non è più allettante.

Ciononostante, le performance stanno emergendo, solo in modo più selettivo rispetto al passato. Basti guardare a Miu Miu (Gruppo Prada) che sta ottenendo ottimi risultati, o a Laopu Gold che sta registrando performance eccezionali ma anche Cucinelli e Moncler stanno ottenendo buoni risultati.

Continuiamo a prevedere una crescita dello 0% per il cluster cinese (rispetto al -5% dello scorso anno), contro un -4% – -5% per la Cina nel suo complesso. Riteniamo che ci possa essere un potenziale di rialzo.

Il consumatore europeo quest’anno registrerà probabilmente un andamento stabile o leggermente negativo. Tuttavia, l’Europa continuerà a beneficiare della spesa turistica, che secondo le nostre stime potrebbe aumentare del 3-5%, potenzialmente anche di più se i flussi turistici dagli Stati Uniti rimarranno forti. Il differenziale di prezzo rimane un fattore chiave: acquistando a Milano è possibile risparmiare il 30-35% rispetto a New York e oltre il 40% se i dazi rimangono in vigore.

Per quanto riguarda invece i dazi, nel settore del lusso, la preoccupazione non è il dazio in sé. I dazi esistenti erano già intorno al 15% e l’ulteriore aumento del 10% proposto si applica al prezzo di trasferimento, non al prezzo al dettaglio. Ciò si traduce in un aumento del prezzo al dettaglio del 3-4%, che molti marchi stanno già applicando. Il vero problema è il potenziale impatto sulla fiducia dei consumatori, che è alla base della nostra posizione cauta già espressa in precedenza. Forse, ad essere onesti, un dollaro più debole è motivo di maggiore preoccupazione.