Aberdeen Investments – Fed ancora attendista, il dollaro tiene – Opportunità fuori dagli Stati Uniti
In occasione del meeting FOMC, il dot plot della Fed continua a prevedere due tagli dei tassi per il 2025. Tuttavia, le proiezioni per il 2026 e il 2027 sono state riviste, prospettando un solo taglio nel corso di questi due anni. La Fed rimane cauta e non è ancora pronta a segnalare un accomodamento.
Data l’attuale incertezza sulle prospettive economiche e sulla politica commerciale, riteniamo che la Fed potrebbe in ultima analisi effettuare un solo taglio – o addirittura nessuno – quest’anno, discostandosi dai due tagli indicati nel dot plot per il 2025.
Ciò dipende dalla mancanza di chiarezza sulla struttura o sulla modalità finali degli esiti della politica commerciale.
- La pausa di 90 giorni del Presidente Trump sulle tariffe reciproche è iniziata il 9 aprile 2025 e terminerà l’8 luglio 2025.
- Inoltre, una specifica pausa tariffaria di 90 giorni tra Stati Uniti e Cina è iniziata il 14 maggio 2025 e si concluderà il 12 agosto 2025.
- Parallelamente, gli Stati Uniti stanno avviando una strategia di negoziazione bilaterale più ampia, che li vede impegnati attivamente con 18 importanti partner commerciali.
- L’amministrazione statunitense continua altresì a utilizzare le tariffe della Sezione 301 (pratiche commerciali sleali) e della Sezione 232 (sicurezza nazionale) come parte del suo quadro di politica commerciale.
La forma e l’esito finale di questi eventi non sono ancora chiari ma sono destinati a influenzare l’andamento dell’economia, dell’inflazione, della politica monetaria e del sentiment di mercato.
Guardando al 2026, ci aspettiamo che i cambiamenti di leadership alla Fed possano modificare ulteriormente il panorama delle politiche monetarie. Il mandato di Jerome Powell scadrà il 15 maggio 2026 e si prevede la nomina di un nuovo presidente. I potenziali successori, come Kevin Hassett, Kevin Warsh e Scott Bessent, sono considerati più dovish e allineati con il programma del Presidente Trump in favore di crescita e bassi tassi di interesse. L’anno prossimo, inoltre, cambieranno quattro dei dodici membri votanti del FOMC.
Questo avvicendamento potrebbe sostenere l’economia in vista delle elezioni di midterm previste per il 3 novembre 2026. Di conseguenza, ci aspettiamo che le proiezioni sui tagli dei tassi della Fed per il 2026 e il 2027 si evolvano con l’avvicinarsi del 2026.
Implicazioni per gli investimenti
Alla luce della prolungata pausa della Fed, privilegiamo i mercati azionari al di fuori degli Stati Uniti, in particolare nelle regioni con un forte sostegno fiscale. Spiccano l’Europa e la Cina, i cui strumenti politici possono contribuire a compensare l’impatto negativo dei dazi. Anche la Corea presenta opportunità interessanti, grazie alle riforme orientate alla crescita, alla liberalizzazione del mercato finanziario e al miglioramento della corporate governance. Il mercato azionario cinese è inoltre ulteriormente sostenuto da un programma di mercato azionario su più fronti.
In termini di tassi, privilegiamo le regioni con un forte sostegno monetario come India e Cina. Questi mercati mostrano una minore correlazione con le pressioni sui rendimenti dei Treasury statunitensi, ancora influenzati dall’incertezza della Fed, dalle dinamiche inflazionistiche e dall’aumento del premio per il rischio. Sul fronte del credito, il recente rialzo dei rendimenti dei mercati sviluppati offre l’opportunità di allocare capitale su emittenti con fondamentali solidi e minore sensibilità ai cambiamenti macroeconomici, offrendo rendimenti interessanti.
Infine, ci aspettiamo che il dollaro USA mantenga una certa stabilità, sostenuto dalla modalità attendista della Fed e dalle dichiarazioni del presidente Powell secondo cui la debolezza del mercato del lavoro è solo marginale e l’inflazione è destinata a risalire nella seconda metà dell’anno, quando l’impatto dei dazi comincerà a riflettersi nei dati. Inoltre, l’aumento dei rischi geopolitici, come l’escalation delle tensioni tra Israele e Iran, sta contribuendo al rialzo dei prezzi del petrolio, rafforzando ulteriormente il dollaro in un contesto di crescente avversione al rischio.

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