Generali Investments: Il punto sui mercati, lo scenario economico e l’allocazione

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In sintesi

Mercati attendisti in attesa di chiarezza sui dazi e con la preoccupazione Medioriente
Stime di crescita in Europa in lieve risalita. Contrazione per gli USA.
Inflazione: rallenta l’inflazione dei servizi (pur ancora elevata). Dubbi su impatto di dazi e petrolio
Le politiche monetarie: la BCE segnala che il ciclo dei tagli è quasi alla fine, la Fed rimane in attesa

Allocazione

Bond governativi, costruttivi sui BTP italiani; sui tassi Bund tedeschi, consideriamo l’area tra 2,4%-2.5% come punto di neutralità, sui tassi americani, l’atteggiamento è neutrale ma con una nota più prudente
Credito, moderatamente costruttivi. Continuiamo a preferire titoli di qualità con duration medio-bassa e spread interessanti, preferendo i titoli governativi europei (Bund o BTP) per esposizioni duration più lunghe. Il mercato High Yield europeo rimane una fonte interessante di rendimento con una bassa esposizione duration, pur consapevoli dei rischi in caso di deterioramento del quadro macroeconomico.
Azionario, neutralità, viste le incertezze su dazi e tensioni Medioriente. La neutralità azionaria continua ad accompagnarsi però al sovrappeso in alcuni temi specifici (come i titoli auriferi e della difesa europei). Rimaniamo positivi nel medio termine sui finanziari (elevata profittabilità) e suggeriamo un atteggiamento almeno neutrale sul settore Energy per proteggere il portafoglio da un eventuale movimento disordinato al rialzo del prezzo del petrolio.

Mercati attendisti in attesa di chiarezza sui dazi e con la preoccupazione Medioriente

Il mercato azionario segna nel complesso un lieve calo, così come i tassi di interesse, leggermente più marcato in Europa. Gli spread pubblici si sono mossi in maniera laterale (con lo spread BTP-Bund stabilmente sotto quota 100 punti base), mentre quelli del credito europeo hanno registrato una modesta diminuzione, supportando le performance complessive delle strategie di carry più volte sottolineate come importanti nella nostra allocazione di portafoglio.

Tale apparente stabilità, dopo le montagne russe degli ultimi mesi, maschera una elevata incertezza per quanto riguarda il tema dazi:

L’accordo con la Cina, seppur annunciato dal Presidente Trump, non è stato finalizzato, con il Presidente cinese Xi che non si è ancora espresso in merito.
Per quanto riguarda l’Unione Europea, la trattativa appare ancora in alto mare. Alcune proposte europee per abbattere i dazi reciproci in alcuni settori (specie in ambito industriale) sono state rigettate e il Presidente Trump ha minacciato più volte la possibilità di tariffe al 50% in caso un mancato accordo entro il 9 luglio.
Anche per gli altri principali partner i progressi nelle trattative appaiono stentati. Le indiscrezioni su un possibile accordo sui dazi tra Stati Uniti e Giappone al recente G7 in Canada si sono spente rapidamente con un nulla di fatto.

Lo scoppio delle ostilità in Medio Oriente ha portato al rialzo del prezzo del petrolio e ha avuto un impatto negativo sui corsi azionari, ma finora piuttosto contenuto. Stiamo parlando di cali tra l’1% e il 2% per Stati Uniti ed Europa. Per contro, il settore Energy che ha fatto segnare un progresso di oltre il 5% nei giorni scorsi, mentre l’oro è tornato temporaneamente sopra quota 3400 dollari all’oncia, vicino ai massimi storici visti negli ultimi mesi. Continua invece a faticare il dollaro, ora a quota 1,15 contro l’euro e sempre più colpito dalle preoccupazioni sulla finanza pubblica USA e la poca prevedibilità delle politiche del presidente Trump.

Stime di crescita in Europa in lieve risalita. Contrazione per gli USA. 

La crescita del PIL del primo trimestre nell’Eurozona è stata rivista al rialzo al +0,6% (su base trimestrale) dall’iniziale +0,3%, soprattutto grazie alla revisione positiva per l’economia tedesca (+0,4%). Per gli Stati Uniti, invece, è stata confermata la lieve contrazione già pubblicata in precedenza.

In ragione di queste dinamiche, le stime degli analisti vedono un leggero miglioramento per l’Eurozona. La crescita prevista per il 2025 è salita dal +0,8% al +0,9%. Stabile al +1,1% la crescita per il 2026. Negli Stati Uniti, dopo le decise revisioni al ribasso dei mesi precedente, c’è una stabilità nelle stime di crescita per quest’anno (al +1,4%), mentre migliorano i numeri per il 2026 (da +1,4% a +1,6%), probabilmente con gli analisti che scontano uno scenario meno negativo per la parte dazi e potenzialmente dei nuovi stimoli fiscali per il 2026.

Inflazione: rallenta l’inflazione dei servizi (pur ancora elevata). Dubbi su impatto di dazi e petrolio

Nell’Eurozona, l’inflazione dei servizi è scesa al 3,2%, il livello più basso da marzo 2022 e finalmente in calo considerevole dopo oltre un anno fermi attorno al 4%. Negli Stati Uniti, il calo dell’inflazione dei servizi è più lento (siamo in area +3,8% su base annua), ma si nota come il graduale rallentamento del mercato del lavoro stia dando i suoi frutti in termini di minori pressioni salariali e minore inflazione dei servizi.

Guardando in avanti e in particolare al tema dei dazi, per ora possiamo dire che non si vedono impatti evidenti sui numeri statunitensi. C’è effettivamente una leggera accelerazione dell’inflazione dei beni core non volatili (quelli più esposti all’aumento delle tariffe), ma si tratta di un movimento dal -0,3% al -0,1% su base annua. Ulteriori lievi aumenti appaiono però probabili nei prossimi mesi.

Per quanto riguarda invece il tema energia, l’aumento del prezzo del petrolio degli ultimi giorni non è ancora incorporato negli ultimi dati ufficiali di inflazione, che si riferiscono al mese di maggio, ma è lecito attendersi un’accelerazione, seppur non drammatica, già dalle prossime pubblicazioni. Questo è ovviamente un’incertezza importante per le banche centrali, e specie per la Fed può essere motivo per allungare la fase attendista sui tassi di politica monetaria.

Le politiche monetarie: la BCE segnala che il ciclo dei tagli è quasi alla fine, la Fed rimane in attesa

Nel meeting del 5 giugno, la BCE ha tagliato, come da attese, i tassi di politica monetaria, portando il tasso sui depositi al 2% dal precedente 2,25%. Si tratta dell’ottavo taglio negli ultimi 12 mesi, per un totale di 200 punti base di riduzione cumulata.

La novità del meeting arriva dal fatto che la Presidente Lagarde ha segnalato come la BCE sia prossima alla conclusione del ciclo di tagli, considerando l’inflazione ormai vicina al target e la crescita in lieve ripresa dopo il pessimismo dei trimestri precedenti. Il mercato prima dell’annuncio scontava già un ulteriore taglio entro settembre, ma ora sembra più probabile che la BCE possa effettuare una sola e ultima riduzione dei tassi entro dicembre.

Per quanto riguarda la Fed, nel meeting di ieri sera non ci sono state novità sui tassi, con il corridoio di riferimento che rimane fermo al 4,25%-4,50%. Il Presidente Powell, sempre sotto pressione da parte del Presidente Trump che vorrebbe tagli immediati, ha ribadito l’incertezza sul quadro dei prezzi e la necessità di attendere elementi più chiari prima di muoversi dallo status quo.

Ovviamente l’incertezza sulla politica monetaria statunitense è legata ai dazi, alle politiche fiscali statunitensi (e le ripercussioni sul dollaro) e ora anche al tema energia. Il mercato al momento sconta poco meno di due tagli entro fine anno, mentre il comitato decisionale della Fed appare diviso, con una leggera maggioranza che vede due tagli entro fine anno, ma con un gruppo consistente che addirittura non vede alcun taglio per quest’anno. Per il 2026, la Fed vede in media i tassi di politica monetaria in area 3,50-3,75%, quindi tre tagli dai livelli attuali, ma la dispersione delle previsioni è molto alta.

I mercati finanziari e le prospettive

Propendiamo per un atteggiamento attendista visto il livello elevato di incertezza sui mercati dovuto a due punti critici:

Il 9 luglio c’è la scadenza per trovare un accordo commerciale tra Stati Uniti ed Unione Europea per evitare dazi al 50% e al momento non è ancora chiaro se si possa arrivare ad un accordo soddisfacente o se sia possibile ottenere un nuovo rinvio. Al tempo stesso, anche su Cina e Giappone non abbiamo un accordo definitivo e ritorsioni da parte del Presidente Trump rimangono sempre possibili.
Il conflitto tra Israele e Iran è ancora agli inizi. Al netto dei risvolti preoccupanti in termini di impatto umanitario nella regione, quello su cui i mercati si interrogano è il rischio di un attacco / sabotaggio alle infrastrutture petrolifere e ai canali marittimi commerciali (Stretto di Hormuz). Una escalation in tal senso potrebbe portare il petrolio a livelli molto più elevati di quelli attuali, con conseguenze negative per gli attivi rischiosi, azioni in primis.
In positivo, abbiamo dati economici meglio delle attese nell’Eurozona e dati benigni sul lato inflazione, che possono rassicurare gli investitori e le banche centrali.

Guardando ai livelli di mercato, attualmente i tassi core decennali stazionano negli Stati Uniti in area 4,3% – 4.5% e in Germania attorno al 2,5%. Possiamo considerare questi come livelli neutrali che permettono un leggero sovrappeso nella parte duration in Eurozona, e una neutralità negli Stati Uniti, penalizzati da uno scenario di indebolimento del dollaro. Sul lato azionario, sicuramente abbiamo livelli di valutazioni tornati vicini ai massimi dell’anno e questo ci suggerisce un atteggiamento non troppo spinto viste le incertezze appena discusse.

Riassumendo, il nostro posizionamento per le varie classi di attivi:

Sui tassi Bund tedeschi, consideriamo l’area tra 2,4%-2.5% come punto di neutralità. Come detto il mese precedente, eventuali rialzi dei tassi in area 2,7%-2,8% rappresenterebbero un’opportunità di aumento della duration di portafoglio. Rimaniamo costruttivi sui BTP italiani, anche se non ci attendiamo movimenti significativi al ribasso nello spread BTP-Bund nel breve termine, considerando la discesa degli ultimi mesi (siamo ormai stabilmente sotto i 100 punti base).
Sui tassi americani, l’atteggiamento è neutrale ma con una nota più prudente. Se l’area 4,3%-4,5% può essere considerata come un’area di equilibrio, rimangono molte incertezze sulla politica fiscale USA, al momento su una traiettoria di debito non sostenibile che sta pesando sul dollaro. Di conseguenza, eventuali rialzi dei tassi dei Treasury vanno valutati attentamente prima di tornare ad aumentare l’esposizione.
Nel comparto del credito, rimaniamo moderatamente costruttivi. Gli spread hanno continuato a scendere nelle ultime settimane, ma seppur a livelli storicamente bassi vediamo valore in ragione della solidità dei profitti aziendali. Continuiamo a preferire titoli di qualità con duration medio-bassa e spread interessanti, preferendo i titoli governativi europei (Bund o BTP) per esposizioni duration più lunghe. Il mercato High Yield europeo rimane una fonte interessante di rendimento con una bassa esposizione duration, pur consapevoli dei rischi in caso di deterioramento del quadro macroeconomico.
Infine, sul comparto azionario, come ampiamente discusso, confermiamo la neutralità viste le incertezze su dazi e conflitto Israele-Iran. La neutralità azionaria continua ad accompagnarsi però al sovrappeso in alcuni temi specifici (come i titoli auriferi e della difesa europei). Rimaniamo positivi nel medio termine sui finanziari (elevata profittabilità) e suggeriamo un atteggiamento almeno neutrale sul settore Energy per proteggere il portafoglio da un eventuale movimento disordinato al rialzo del prezzo del petrolio.