La nuova mappa degli investimenti: tecnologia, difesa e il ritorno del vecchio continente

Michel Saugné, CIO, La Financière de l’Échiquier (LFDE) -

Il mondo di ieri, quello della globalizzazione felice, sembra definitivamente finito. Dopo la Pax Americana degli anni ‘90 e 2000, seguita dal tempo sospeso delle Banche centrali tra il 2008 e il 2020, siamo entrati in una nuova era. Quella delle “storie senza fine”: inflazione persistente, indebitamento a trecentosessanta gradi, invecchiamento demografico, calo della popolazione attiva, ripristino delle frontiere, ritorno del protezionismo, transizione energetica incerta, intelligenza artificiale imperante, tensioni geopolitiche esacerbate e una ripolarizzazione estrema delle società.

In questo contesto in perenne evoluzione, i mercati finanziari cercano nuovi punti di riferimento. La prima metà del 2025 è stata dominata dal ritorno in forze dell’Europa e dei Paesi emergenti sulla scena economica e borsistica. L’Eurozona, sostenuta da ambiziosi piani di rilancio, in primo luogo in Germania, premi di valutazione più ragionevoli e una netta sovraperformance degli stili Value e dei titoli domestici, potrebbe ritornare a occupare un ruolo di primo piano nelle allocazioni di portafoglio. Gli Stati Uniti dal canto loro sono alle prese con valutazioni eccessive, crescenti squilibri di bilancio e una maggiore incertezza politica dopo il ritorno di Trump. Se da un lato le “Big Tech” continuano a sostenere meccanicamente gli indici americani, dall’altro si conferma una dispersione elevata delle performance e non è escluso il rischio di un’ulteriore correzione.

La tecnologia, va detto, non è più un settore come tanti altri. Dagli anni ’90 a oggi, col favore di tre rivoluzioni consecutive – internet, social network e AI -, è diventata la spina dorsale delle società e delle economie moderne. Vita aziendale, salute, istruzione, informazione, transizione energetica, politica, sicurezza, difesa: la tecnologia imperante pervade ormai tutte le funzioni vitali delle nostre economie.Saperla padroneggiare è una condizione sine qua non di autonomia politica ed economica. L’Europa, per quanto abbia spesso dato l’impressione di essere in ritardo, dispone di una base tecnologica profonda e strategica, capace di competere in settori critici. Ma occorre individuare gli attori giusti, saperli affiancare e investirvi capitali con discernimento.

Al di là della tecnologia, oggi si impongono all’attenzione anche altre tematiche di investimento a medio-lungo termine. Le small e mid cap europee, a lungo trascurate, offrono nuove opportunità di generare performance: valutazioni a sconto, utili in crescita, un’esposizione nazionale suffragata da massicci piani di stimolo europei. E poi il settore della difesa, che beneficia di un sostegno politico inedito in un mondo che punta a un rapido riarmo: l’esempio di Rheinmetall illustra fino a che punto la geopolitica possa diventare un potente driver di rilancio in borsa. E in terzo luogo, sull’onda del refrain degli anni 2000 “Shanghai, Mumbai, Dubai or Goodbye”, il prossimo “remix” dei mercati finanziari potrebbero essere nuovamente i mercati emergenti che, sostenuti dalla debolezza del dollaro, il calo delle tariffe energetiche e una graduale riallocazione dei flussi globali, potrebbero uscire da un lungo tunnel di sottoperformance ventennale. Rimane un grande interrogativo: l’America.

Tra eccessi, incertezze (geo)politiche e fiscali e consumatori sotto pressione, il retail bull market potrebbe essere rivalutato, anche se il famoso “TACO trade” finora ha permesso di evitare una correzione duratura. In un mondo ritornato multipolare, instabile ma ricco di opportunità, l’investitore deve dare prova di discernimento, reattività e memoria. Perché se è vero che la Storia non si ripete mai veramente, spesso incespica. Spetta a noi, gestori patrimoniali, saperne approfittare al meglio.