Commento State Street Investment Management – One Big Beautiful Bill di Trump
Trump definisce questo bilancio “one, beautiful, big bill”, e certamente si tratta di un pacchetto legislativo di notevoli dimensioni. A onor del vero, l’effettiva espansione del deficit non è sostanziale: si tratta di una media attesa di mezzo punto di PIL in più nel periodo 2026-2028. Questo outlook relativamente benigno si basa però sulle ipotesi forti che i dazi imposti siano in media almeno del 10% superiori rispetto ai livelli pre-2025 e che i tassi d’interesse statunitensi seguano un calo graduale nel corso del prossimo anno.
Tuttavia, si può sostenere che la legge rappresenti un caso di imprudenza fiscale. Primo, il punto di partenza è altamente insolito e i mercati hanno anche segnalato una certa fragilità: il deficit primario degli Stati Uniti (cioè il deficit al netto degli interessi) è in media pari al 3% del PIL, un record per gli Stati Uniti al di fuori di periodi di guerra o recessione. Con deficit complessivi nell’ordine del 6-7% nel futuro prevedibile, qualsiasi rallentamento economico potrebbe limitare la capacità del governo di contrastare una contrazione.
Secondo, da aprile i mercati hanno interrotto le correlazioni storiche tipiche di una valuta di riserva, e cioè che rendimenti obbligazionari più alti rafforzano la valuta. Questo implica un ampliamento dei premi di rischio sugli asset statunitensi in generale, e sui Treasury USA in particolare. Il bilancio rafforzerà e consoliderà questo trend, con investitori sensibili al prezzo che spingeranno i rendimenti.
Terzo, la struttura della legge include varie disposizioni in cui i tagli fiscali scadono poco dopo le prossime elezioni presidenziali, facendo apparire l’impatto sul deficit meno rilevante sull’arco dei dieci anni. Questo renderà la politica di consolidamento fiscale più difficile in futuro, proprio mentre nel 2025 lo status quo richiede la proroga dei tagli fiscali di Trump del 2017.
Quarto, gli Stati Uniti non sono gli unici a star emettendo più debito, ma ci troviamo in un contesto in cui alcune parti d’Europa e Asia stanno anch’esse avviando stimoli fiscali più consistenti, quindi l’offerta globale di asset sicuri sta aumentando sensibilmente più velocemente della domanda.
La conseguenza è che i rendimenti obbligazionari a lungo termine degli Stati Uniti saranno più esposti al sentiment di mercato, con il premio a termine (cioè il premio per il rischio sui titoli a lunga scadenza) più volatile e soggetto agli eventi. Pur aspettandoci ancora che la Fed tagli i tassi nei prossimi trimestri, i rendimenti a lungo termine potrebbero in effetti restare, come spesso si dice, “più alti più a lungo”.

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