Il budget al 5% sulla Difesa in Europa: un accordo sulla carta, con pericoli reali non solo per chi si allinea, ma anche per chi si oppone

Lapo Mazza Fontana -

Il budget al 5% sulla Difesa in Europa —

di Lapo Mazza Fontana

Quello che solo pochi mesi fa sembrava fantascienza è quasi quasi diventato realtà, seppure ovviamente una realtà di carta, se non di carta velina in realtà. Annunci, firme cartacee, promesse, dimostrazioni soprattutto di apparente acquiescenza ai diktat di Donald Trump, che se a Wall Street è ormai soprannominato TACO (Trump always chickens out, un altro modo di dire più o meno voltagabbana) in questo caso, nonostante la ennesima sparata assurda, è riuscito apparentemente (in teoria, si ripeta) a spuntarla. Caso raro, visto che il guru yankee delle destre occidentali ben poche ne ha portate a casa. Ma in tal caso anche sì, o quasi. In realtà no, ma vediamo brevemente il perché.

Ad un certo punto della sua campagna elettorale e postelettorale il vecchio caro Trump, tra le tante dichiarazioni lunari a getto continuo butta lì, pur sulla base di un ragionamento ben più ampio in stile “America first”, che i paesi della NATO, essendo sostanzialmente degli approfittatori (non ha mai detto “parassiti”, né lui né i suoi vice, come troppi giornalisti ignoranti europei ed italiani hanno maltradotto dall’inglese) dovranno pagare d’ora in poi ben di più il supporto militare e geostrategico americano, nonché aumentare da una media del 2 fino al 5 percento del proprio PIL le spese per la Difesa. Non subito certamente, in tempi e modi anche ampi, da concordare, magari pure in dieci anni, come poi si è più o meno concordato (e già qui si incontrano ampie difficoltà, visto che se fra dieci anni TACO TRUMP fosse ancora in circolazione ci sarebbero quesiti in ballo ben più ponderosi dei semplici, per modo di dire, bilanci della Difesa).

Ora, la dichiarazione è già di per sé macroscopicamente gargantuesca: la maggioranza dei paesi NATO viaggiano da anni decisamente al di sotto del 2 percento reale, quindi anche solo passare al 3 rappresenterebbe un salto quantico. I paesi NATO sono 32, e vanno dagli Stati Uniti all’Albania, con in mezzo i maggiori, tipo Italia e Francia, i medi, come Spagna e Polonia, i piccoli, come Slovacchia e Islanda, i piccolissimi, come Montenegro e Lussemburgo, più tutti gli altri, ovviamente con misure e capacità non omogenee.
Va da sé che un aumento lineare di gruppo è poco coerente con la logica, ma ovviamente i 32 rappresentanti dei 32 paesi, in testa la PdC italiana Giorgia Meloni, hanno firmato l’accordo senza farsi troppi scrupoli. Unica voce contraria, ma più a voce che in sostanza, il premier spagnolo Pedro Sánchez, unico a dire la verità de facto, ovvero che tale mossa, sia collettiva per la UE che per singolo paese, come è in realtà, è semplicemente non solo un nonsense, ma un attacco diretto ai servizi sociali di base per i cittadini europei, presi paese per paese come nel loro insieme.

Peccato che però Sánchez sia un politico in declino in patria, nonostante la Spagna sia il grande paese meno peggio gestito d’Europa (facendo una rozza sintesi, ma giusto per capire la dimensione del disagio generale).
Coincidenza o meno, a poche ore dal “gran rifiuto” (a parole, si ripeta) del donchisciottesco Sánchez, con ambizioni addirittura di sottrarre al declinante e declinato Macron il ruolo di antagonista delle eurodestre, ecco che spunta lo scandalo che rischia di affossarlo. Santos Cerdán, una sorta di segretario amministrativo/numero 3 del PSOE di Sánchez (il Partito Socialista Operaio Spagnolo) viene arrestato con la accusa di corruzione per lo scandalo tangenti che circonda da un po’ il partito del premier, come uno squalo a circuito sulla preda acquatica, ma le accuse sono apparentemente consistenti. Fine delle euroambizioni di Sánchez, per fondate che siano le accuse di corruzione ad un uomo a lui tanto vicino? Può darsi. Ma il punto è un altro. Il 5% alla Difesa è ovviamente un grande paravento per iniettare denaro pubblico in quantità (letteralmente) industriali negli apparati e nelle fabbriche tedesche, francesi, inglesi, italiane ed anche spagnole (e polacche e turche e non solo): un volano per la economia da un lato, un palese disastro dei conti pubblici ed un possibile tracollo del già morente benessere eurodecadente/decaduto. Poiché se è vero che il denaro si può letteralmente fabbricare come si fabbricano le munizioni da artiglieria, nel contempo o successivamente si può sempre affermare che si è speso troppo in bombe e adesso per il pane la disponibilità è scarsa. Meccanismo storico di tutti i conflitti bellici, in eterno bilico tra realtà e finzione.

Già oggi spendere, per singolo Paese, il 5% per riarmarsi senza coordinamento organico con gli altri aderenti alla alleanza è una opzione delirante. Ma la realtà è che la alleanza militare della NATO, che giova ricordare che in italiano nonché in francese suona OTAN (Organizzazione del Trattato Atlantico del Nord) è stata costruita esclusivamente intorno alla supremazia militare e geopolitica degli USA, con la precipua funzione di tenere i paesi europei in uno stato di debolezza e di subalternità diretta ai comandi americani. Quindi anche aumentando a dismisura la spesa tale assetto fondamentale non cambierebbe né potrebbe cambiare, né in realtà gli americani vorrebbero che cambiasse, nonostante le fole del signor Trump. Trump che visto oggi è ancora attuale, ma che in prospettiva storica è già un anacronismo; sia per età che per a sua volta subalternità ai veri poteri forti statiunitensi: il Pentagono, la CIA, la FBI, in parte il Congresso, il cosiddetto Deep State, ma soprattutto Wall Street, i 3 grandi megafondi e le altre grandi corporazioni, il potere economico vero e proprio, in poche parole i vertici veri, a cui la Casabianca deve rendere conto in definitiva anche per emettere un semplice ordine esecutivo presidenziale, se poi di semplicità si può parlare. Ed ultimi in classifica, parrà strano, bisogna pure un minimo tenere in conto gli elettori, ma quella è una altra storia, altrettanto interessante, anche se meno pregnante sul fronte operativo. Almeno per ora, finché reggerà il sistema, e non sempre regge in eterno, almeno nei giocatori umani, che cambiano, periscono, muoiono. Poiché mentre la roulette gira il banco vince praticamente sempre. E il banco della guerra, dai tempi dei Sumeri e degli Ittiti, è sempre il più ricco.