IGGO (AXA IM) – OUTLOOK 2026: Implicazioni per gli investimenti core

Chris Iggo, Chief Investment Officer di AXA IM Core -
Sebbene l’economia globale abbia dimostrato una notevole resilienza nel 2025, il vero impatto dei dazi statunitensi (uno dei temi dominanti dell’anno) resta incerto. Tuttavia, il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al rialzo le sue previsioni di crescita globale per il 2025 dal 3,0% di luglio al 3,2% e ha mantenuto invariata la stima per il 2026 al 3,1%1.
Dal punto di vista dei mercati, prevediamo che le spese per l’intelligenza artificiale (IA) continueranno a sostenere i titoli del settore tecnologico e il PIL statunitense. Le obbligazioni dovrebbero beneficiare del continuo allentamento delle banche centrali nel 2026. Un’economia globale resiliente e le misure di politica monetaria dovrebbero tenere sotto controllo i timori fiscali, mentre lo scenario di base risulta positivo per i mercati del credito.
Nonostante i rischi, la crescita rimane resiliente, alimentata dall’IA
L’economia statunitense resta resiliente. La spesa per l’IA, l’effetto ricchezza generato dal mercato azionario e un contesto creditizio favorevole, sostenuto dalle aspettative di un calo dei tassi di interesse, stanno supportando la crescita. L’IA è il principale fattore di cambiamento potenziale, data la sua promessa di rapidi miglioramenti nella produttività. Questa tecnologia ha il potenziale per rivoluzionare i modelli di business tradizionali, ottimizzare le catene del valore e generare progressi significativi in settori quali la medicina e l’agricoltura. Per raggiungere questo obiettivo, sono in corso ingenti investimenti nelle infrastrutture e nella catena del valore dell’IA: data center, strutture per il cloud computing e garanzia di un maggiore approvvigionamento energetico. L’aumento dei prezzi delle azioni dei principali attori nella corsa all’IA sta contribuendo a un effetto ricchezza che sostiene la spesa dei consumatori, gli investimenti e la leadership economica degli Stati Uniti, nonostante i timori relativi al commercio internazionale e ad altre politiche.
È tempo che l’Europa faccia un passo avanti
L’Europa si trova ad affrontare sfide commerciali, geopolitiche e di competitività. La buona notizia è che la regione ne ha preso atto, come sottolineato nel Rapporto Draghi del 2024 sulla competitività economica europea. Le sfide sono rese più urgenti dal mutato rapporto con gli Stati Uniti, dalla necessità di aumentare la spesa per la difesa e dal desiderio di investire maggiormente nella transizione ecologica e nella tecnologia. Si stanno delineando alcuni fattori positivi: la crescita si è dimostrata resiliente negli ultimi trimestri e la Banca centrale europea dovrebbe mantenere bassi, o forse anche più bassi, i tassi di interesse, mentre i piani fiscali della Germania hanno il potenziale per sostenere la crescita in tutta l’eurozona. Le questioni fiscali, un mercato dei capitali ancora frammentato e la politica interna potrebbero concorrere a frenare la crescita, ma nel 2026 l’Unione dovrebbe anche compiere progressi nello sviluppo di politiche economiche più efficaci per affrontare gli sviluppi globali sfavorevoli.
Mercati obbligazionari: focus sul credito
I rendimenti obbligazionari sono apparsi soddisfacenti nel 2025 e i livelli di rendimento delle obbligazioni suggeriscono che i rendimenti basati sul reddito saranno positivi in futuro, in assenza di shock sui tassi di interesse o sul credito. La nostra opinione di base è che i tassi scenderanno ulteriormente nel 2026, sostenendo i mercati obbligazionari in generale. Vi sono tuttavia rischi che potrebbero generare picchi periodici di volatilità nel reddito fisso. Gli elevati livelli di indebitamento pubblico potrebbero creare problemi in alcuni mercati dei titoli di Stato ed esiste il rischio che l’inflazione negli Stati Uniti resti elevata; inoltre, vi sono timori secondo cui spread creditizi ridotti (differenze nei rendimenti obbligazionari) potrebbero limitare i continui extra-rendimenti positivi delle obbligazioni investment grade e high yield. La convergenza dei tassi di interesse statunitensi e dell’eurozona potrebbe avere implicazioni anche sui mercati dei cambi.