J. SAFRA SARASIN: La deriva populista degli Stati Uniti mette a rischio l’economia

Raphael Olszyna-Marzys, International Economist di J. Safra Sarasin -

La Fed non è un’agenzia ordinaria. Le sue decisioni hanno importanti implicazioni per l’intero sistema finanziario globale. Minare la sua indipendenza rischia di destabilizzare i mercati e di accentuare la volatilità economica. L’attacco fa parte di una più ampia svolta populista che minaccia di gravare sull’economia indipendentemente da ciò che accadrà alla banca centrale.

Il populismo, secondo la definizione delle scienze politiche, è una strategia che contrappone un “popolo” virtuoso a una “élite” corrotta. I suoi leader sostengono di parlare esclusivamente a nome del popolo, polarizzando la società, screditando gli avversari e presentando il compromesso come un tradimento. Riformulando la democrazia come puro maggioritarismo, i populisti indeboliscono i controlli e gli equilibri, ampliano la discrezionalità dell’esecutivo e minano lo Stato di diritto.

La salute democratica degli Stati Uniti, misurata dal V-Dem, un istituto di ricerca indipendente dell’Università di Göteborg, ha iniziato a deteriorarsi dopo la crisi finanziaria, è peggiorata rapidamente durante il primo mandato di Donald Trump e ha registrato solo una leggera ripresa sotto Joe Biden. Il Rule of Law Index, elaborato dal World Justice Project, mostra un andamento simile. Non vi sono segnali che indichino un miglioramento.

Il Presidente Trump ha condotto la sua campagna elettorale promettendo di perseguire gli oppositori, intimidire la stampa e dispiegare forze armate contro i manifestanti. Con un’amministrazione più disciplinata e un programma politico già pronto (il Progetto 2025 della Heritage Foundation), sta procedendo rapidamente per mantenere le promesse.

Ciò che è in atto sembra essere un’offensiva su tutti i fronti contro le istituzioni americane. L’amministrazione ha cercato di espandere il potere esecutivo, limitare il controllo del Congresso sulle finanze pubbliche, indebolire le agenzie indipendenti e licenziare decine di migliaia di dipendenti pubblici attraverso il DOGE, un organismo che non è tenuto a rendere conto del proprio operato.

Ancora più significativo è l’effetto dissuasivo sugli altri: rettori universitari, dirigenti aziendali, la stampa e i funzionari locali stanno modificando il proprio comportamento per evitare critiche da parte del governo. Quando il dissenso diventa una questione di calcolo del rischio, osserva Steven Levitsky dell’Università di Harvard, la democrazia liberale è sotto pressione. Il nazionalismo economico, attraverso dazi doganali e politiche migratorie più restrittive, completa il quadro.

La ricerca suggerisce che il populismo comporta un costo economico elevato. Un ampio studio condotto da Funke, Schularick e Trebesch rileva che dopo 15 anni i governi populisti rendono il PIL inferiore di circa il 10% rispetto a quanto sarebbe stato diversamente. Le cause sono note: protezionismo, lassismo fiscale e interferenze monetarie. Questi fattori determinano un aumento del debito pubblico, un aumento dell’inflazione, una crescita più debole della produttività e una maggiore volatilità macroeconomica. L’erosione delle norme democratiche aggrava il danno aumentando l’incertezza politica, l’ostilità nei confronti delle imprese, il rischio di espropriazione, il clientelismo e la corruzione, tutti fattori che scoraggiano gli investimenti, l’innovazione e il talento.

Magistro e Menaldo, in un altro studio, riportano che quando i populisti detengono il potere sia sull’esecutivo che sul legislativo, la crescita economica reale pro capite diminuisce per oltre un decennio. Attribuiscono questo fenomeno a una ridistribuzione inefficiente e fuori bilancio ottenuta attraverso la repressione finanziaria. Questa pratica indebolisce l’intermediazione finanziaria e scoraggia gli investimenti privati, consentendo al contempo ai populisti di espandere la spesa pubblica e di escludere gli investimenti in infrastrutture, scienza di base e ricerca e sviluppo.

Il lavoro di Funke, Schularick e Trebesch dimostra inoltre che, una volta erose le norme democratiche, il populismo può diventare un fenomeno che si autoalimenta, intrappolando i paesi in cicli di instabilità politica e scarsi risultati economici. I populisti spesso utilizzano il loro potere per influenzare le elezioni, i tribunali e i media, contribuendo a prolungare la loro permanenza al potere, come è sempre più evidente in Ungheria sotto Orban o in Turchia sotto Erdogan. Il loro successo incoraggia altri: i politici della stessa fazione imitano il loro stile per mantenere mobilitate le basi elettorali, mentre gli oppositori adottano tattiche populiste per superare la polarizzazione dell’elettorato. Coloro che resistono spesso non riescono a catturare l’attenzione, secondo Rachel Kleinfeld della Carnegie Endowment for International Peace.

Il conflitto relativo al licenziamento della governatrice Cook e la decisione della Corte Suprema vanno oltre la futura indipendenza della Fed. Si tratta di una prova per verificare se le istituzioni americane sono in grado di resistere a una presidenza sempre più assertiva. Le tendenze più generali – polarizzazione, erosione istituzionale ed economia populista – suggeriscono che il futuro sarà complesso. Per gli investitori a lungo termine, la vera questione non è questa particolare battaglia, ma se il sistema sarà in grado di resistere a un attacco prolungato.