Rimandati a settembre

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Nella seconda metà di maggio, i rendimenti dei titoli di Stato italiani si sono impennati di oltre un punto percentuale, raggiungendo livelli doppi rispetto alla Spagna e un punto percentuale al di sopra del Portogallo.

La correzione registrata dai BTP pesa sulle trimestrali delle banche, che hanno subito un impatto negativo, gestibile ma visibile, sul proprio capitale.

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L’economia reale non ne è immune: nei prossimi mesi i tassi d’interesse più elevati aumenteranno la spesa per interessi dello Stato e si rifletteranno nei mutui e nei prestiti alle aziende, togliendo impulso a una crescita che sta già rallentando.

Da fine maggio, il rendimento dei titoli di Stato decennali, così come lo spread rispetto ai Bund, è rimasto sostanzialmente stabile. Gli investitori sembrano disorientati: da una parte, le dichiarazioni bellicose sul deficit provenienti da M5S-Lega; dall’altra, le rassicurazioni provenienti dal ministero dell’Economia e delle Finanze e, in primis, dal ministro Giovanni Tria, che ha confermato una continuità sugli obiettivi di bilancio dei governi precedenti e ha suggerito che la flat tax e il reddito di cittadinanza verranno diluiti nel tempo e nell’ammontare.

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I prossimi passaggi istituzionali determineranno l’andamento dei BTP e, di conseguenza, del mercato azionario italiano. Il 27 settembre verrà pubblicato il DEF (Documento di Economia e Finanza – Programma di Stabilità), in cui saranno delineate le previsioni e le strategie fiscali per i prossimi anni; il 15 ottobre la legge di bilancio verrà inviata alla Commissione europea, che fornirà un proprio parere entro fine novembre.

Si tratterà di una legge di bilancio impegnativa: occorrono circa 12 miliardi di euro per evitare l’aumento dell’IVA insito nelle clausole di salvaguardia. Se il governo rispolverasse le ipotesi iniziali di un deficit più elevato, magari per cercare uno scontro con la Commissione europea in chiave elettorale, i titoli di Stato e il mercato italiano verrebbero messi sotto pressione e, forse, il rapporto con gli investitori ne uscirebbe definitivamente compromesso.

In realtà, la Commissione europea non ha il diritto di porre un veto sulla legge di bilancio e, se vi sono sforamenti sul deficit, può intervenire solo a posteriori. Chi determina i rendimenti del debito pubblico sono i sottoscrittori. Oltre alla Banca centrale europea (BCE), che a fine anno interromperà le operazioni di acquisto titoli, ci sono gli investitori: bisogna convincere loro. Per il 70% sono italiani – famiglie, banche, assicurazioni, fondi pensione ecc. – e solo per il 30% esteri. Infine, entro la fine dell’anno la legge di bilancio deve essere approvata in Parlamento, per poi passare al vaglio del Presidente della Repubblica.

Non si tratta di passaggi formali: il Presidente ha l’onere di rinviarla alle Camere se non rispetta la Costituzione che, dal 2012, prevede all’Articolo 81 il rispetto del pareggio di bilancio al netto delle componenti cicliche. Che fare, quindi, sul mercato italiano? Per quanto riguarda i titoli di Stato, restiamo in attesa di avere maggiore visibilità sulla legge di bilancio; se ci dovessero essere ulteriori episodi di volatilità, come lo scorso 29 maggio, si potrebbero considerare acquisti mirati sulle scadenze brevi. Sul mercato azionario italiano, tradizionalmente molto esposto sul settore bancario e quindi sensibile all’andamento dei BTP, manteniamo un sottopeso per via dell’impatto dei rendimenti più elevati sull’economia e dell’incertezza sulla politica fiscale.


Matteo Ramenghi – Chief Investment Officer – UBS WM Italy