La BCE taglia i tassi: muovere per primi è un vantaggio per l’Europa?
Se la Banca Centrale Europea è stata probabilmente in ritardo nella manovra di rialzo dei tassi di interesse, allo stesso tempo è stata invece accorta nel ridurre i tassi. Non solo nel suo primo taglio, ma anche nel guidare l’inizio del ciclo di riduzione. È la prima volta che l’Europa ha anticipato gli USA nel taglio dei tassi dal novembre 2011. Questo ha acceso un dibattito a livello globale per chi si occupa di allocare gli asset.
Pur trattandosi del primo taglio dei tassi della BCE dal 2019, riteniamo che sia stato uno dei tagli più attesi in assoluto. I mercati l’hanno già scontato significativamente e l’allontanamento dalla sincronizzazione delle banche centrali non è, a nostro avviso, un motivo di preoccupazione, ma piuttosto una conseguenza delle diverse situazioni economiche.
Dall’inizio dell’anno abbiamo notato una divergenza nella comunicazione delle banche centrali. Rispetto all’Europa, negli Stati Uniti l’inflazione trainata dalla domanda è stata più rigida, la crescita/occupazione migliore e i consumi eccezionalmente forti. L’economia dell’Eurozona sta sperimentando un’inflazione meno persistente, in gran parte trainata dai prezzi dell’energia. Questa divergenza crea opportunità per chi è fautore di una gestione attiva.
Visto che il percorso di discesa verso il target inflattivo è stato accidentato, i mercati stanno valutando un ciclo di tagli globale meno profondo rispetto a quanto previsto all’inizio del 2024. Il fatto che la BCE abbia tagliato per prima non significa che taglierà a un ritmo più veloce rispetto alle altre banche centrali. Tuttavia, se i tassi vengono percepiti come troppo lenti a scendere, i rendimenti obbligazionari potrebbero aumentare.
Secondo alcune previsioni, l’Europa potrebbe raggiungere un tasso di interesse neutrale – il tasso al quale la politica monetaria non stimola né limita la crescita economica – inferiore a quello degli Stati Uniti. Ciò potrebbe essere positivo per le imprese europee, ma influisce anche sul margine di manovra della BCE. Un tasso neutro a lungo termine più basso nell’Eurozona rispetto ad altri mercati sviluppati potrebbe far pensare a diversi scenari:
- Che la BCE ha meno spazio per abbassare i tassi durante le fasi di recessione economica prima di raggiungere il limite inferiore effettivo. Ciò potrebbe limitare la capacità di Francoforte di stimolare l’economia attraverso i tradizionali strumenti di politica monetaria durante le recessioni.
- Che la BCE potrebbe fare maggiore affidamento su politiche monetarie non convenzionali come il quantitative easing, i tassi di interesse negativi, la forward guidance eccetera.
- Incoraggiare le imprese a investire e ad espandersi. I tassi d’interesse più bassi possono ridurre il costo dei prestiti, ma possono anche spingere gli investitori verso asset più rischiosi a caccia di rendimenti più elevati.
Guardando alle implicazioni per il credito, quest’ultimo tende a dare il meglio di sé in un contesto di crescita neutrale, dove i rendimenti in eccesso del comparto investment grade (IG) sono migliori quando la crescita del PIL reale è compresa tra l’1% e il 3%. Un contesto economico relativamente moderato e una continua forte domanda di credito, con gli investitori tutt’altro che sovraesposti, sembra un quadro in cui il carry – o il rendimento – mantiene la sua importanza. Anche la duration – la sensibilità di un’obbligazione alla variazione dei tassi d’interesse – sarà importante in un contesto di tassi in calo. I rendimenti più elevati, pari a circa il 4% per il credito IG in euro, fungono da cuscinetto contro la volatilità del mercato e rappresentano un interessante livello di ingresso. Tuttavia, riteniamo che la volatilità sia destinata a rimanere contenuta e che i sell-off degli spread siano relativamente di breve durata.
Gli spread si sono ristretti in previsione di un allentamento, poiché i rendimenti si sono riprezzati, il che lascia meno spazio alla sovraperformance derivante da un ulteriore inasprimento. Tuttavia, gli spread del credito in euro appaiono molto più interessanti di quelli statunitensi.
I tassi d’interesse più bassi potrebbero aprire l’accesso al capitale per tutte le aziende, sia in positivo sia in negativo, ma allo stesso modo potrebbero indurre i mercati a essere più esigenti e gli spread a mostrare una maggiore dispersione rispetto a quanto avvenuto nello spazio IG.
È necessario aspettarsi che questo percorso di riduzione dei tassi sia graduale: tassi più alti per un periodo più lungo hanno due implicazioni principali per le imprese. In primo luogo, potrebbero rendere evidenti strutture di capitale inadeguate e la loro insostenibilità. Stiamo iniziando a vedere questo fenomeno nel credito a basso rating, dove il costo di finanziamento molto più elevato sta davvero incidendo. In secondo luogo, tassi più elevati per un periodo più lungo incoraggiano le imprese a ridurre il debito, ossia a ridurre la leva finanziaria, il che dovrebbe essere positivo per il credito. Ciò indica anche che potrebbe verificarsi una maggiore dispersione delle performance e che noi, in qualità di gestori attivi, possiamo sfruttare le discontinuità e le inefficienze del mercato per coglierne invece le opportunità.

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Mente e denaro
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