Politecnico di Milano. 9° Report italiano sul Crowd Investing: interpretazioni controverse
Il nono Report italiano sul crowdinvesting si presenta con una struttura rinnovata, poiché la normativa europea ECSP ha introdotto un regime che allinea piattaforme di equity crowdfunding e piattaforme di lending, fino al 2023 caratterizzate in Italia da regole diverse e abbastanza asimmetriche.
La nuova impostazione del Report è quella di descrivere tutte le piattaforme nazionali autorizzate per offrire servizi di crowdfunding alle imprese, per poi analizzare separatamente le campagne equity (investimento nel capitale di rischio) e quelle lending (sottoscrizione di titoli di debito e prestiti diretto).
La normativa di riferimento in Italia e in Europa
L’equity crowdfunding è stato introdotto in Italia dal D.L. 179/2012 (‘Decreto Sviluppobis’) convertito nella Legge 221/2012 con l’intento di introdurre la raccolta di capitale di rischio attraverso Internet con il fine di favorire la nascita e lo sviluppo di imprese startup innovative. Nel 2015 l’opportunità è stata estesa alle PMI innovative e nel 2017 a tutte le PMI. Oggi abbiamo una normativa europea che comprende entrambi gli ambiti. Il 20 ottobre 2020 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Regolamento (UE) 2020/1503 relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per il business (European Crowdfunding Service Providers, ECSP), che introduce importanti elementi di novità sia sul piano del regime di autorizzazione delle piattaforme (definite come ‘fornitori specializzati di servizi di crowdfunding’), sia sul piano delle regole di condotta, oltre a consentire l’operatività cross-border delle piattaforme in altri Paesi europei, in regime di ‘passaportazione’.
Un passo indietro
Secondo il Politecnico di Milano, l’ultimo anno segna un nuovo passo indietro nel mercato del crowdinvesting in Italia, soprattutto per la parte equity. Si salvano i comparti dei minibond (che addirittura supera il segmento del lending non immobiliare) e quello immobiliare, che non conosce crisi.
“Riteniamo che le cause siano essenzialmente due” dichiarano gli autori “In primo luogo il processo autorizzativo nelle more del nuovo Regolamento ECSP che necessariamente tutte le piattaforme hanno dovuto percorrere si è risolto in tempi brevi ed entro la scadenza di novembre 2023 per pochissimi casi (che non a caso hanno mantenuto flussi di raccolta quasi uguali al passato se non più alti). La maggior parte delle piattaforme invece ha dovuto attendere qualche mese e alla data del 30/6/2024 c’erano importanti player che ancora erano in attesa. Altri operatori hanno invece rinunciato in partenza (o in corso d’opera) all’autorizzazione. L’effetto è stato un drastico calo nel numero di piattaforme attive e un ‘vuoto’ parziale nel flusso di progetti sul mercato, per qualche mese”.
“In secondo luogo il nuovo equilibrio di mercato sui tassi di interesse ha prodotto gli effetti più evidenti proprio nel 2023, portando gli investitori a chiedere rendimenti più elevati, non sempre accettati dagli imprenditori. Guardando con più attenzione, sono aumentati i tempi di raccolta rispetto agli entusiasmi del passato, ma non è aumentato sensibilmente il tasso di insuccesso delle raccolte, indice che – fortunatamente – ci sono ancora capitali retail sul mercato che cercano opportunità di diversificazione dei risparmi e risparmiatori che amano selezionare direttamente le opportunità nelle quali investire, accettando rendimenti non molto diversi a quelli che era lecito attendersi nel 2021″.

Un passo indietro nel mercato del crowdinvesting in Italia? Non tutti sono d’accordo
“Quello che sta succedendo va analizzato con attenzione e contestualizzato” afferma Angelo Rindone Amministratore Delegato di FolkFunding srl Benefit, Fondatore di Produzioni dal Basso, co-founder e partner di tech4finance.
E aggiunge: “A seguito di questa normativa, dall’11 novembre 2023 possono operare in Italia esclusivamente i fornitori di servizi di crowdfunding per le imprese che abbiano ottenuto l’autorizzazione e come tali iscritti nell’apposito Registro dei fornitori di servizi di crowdfunding tenuto dall’Esma https://www.esma.europa.eu/ In pratica le piattaforme non autorizzate da Consob e da Banca d’Italia non possono operare e ovviamente non possono proporre nuovi progetti. Questo ha portato ad un profondo ridimensionamento del numero delle piattaforme che passa da 75 piattaforme, di cui 66 realmente operative, a 35 piattaforme autorizzate di cui poco più di 20 ad oggi realmente operative. Abbiamo il 60% delle piattaforme operative in meno ma SOLO il 5% di calo sulla raccolta complessiva. Insomma un calo fisiologico, niente di così drammatico ma soprattutto niente di inaspettato”.
I nuovi numeri possono difficilmente essere confrontati con i vecchi
Possiamo certamente dire che è in corso una potatura dei rami secchi, ma è davvero difficile, in così pochi mesi, ipotizzare quali saranno gli effetti e gli attori che animeranno il mercato nei prossimi anni. Certo, un trend sembra emergere forte, ovvero il divario che si sta allargando tra equity e lending, e ancor di più tra immobiliare e non immobiliare. Ma questo perché l’investitore delle piattaforme di crowdinvesting assomiglia sempre più all’investitore medio italiano, dove il binomio prestito-mattone risulta sicuramente più comprensibile di concetti come equity – quote – aumento di capitale – valutazione pre-money – startup etc. Ovviamente ci sono delle criticità che non bisogna nascondere, ma all’orizzonte si intravedono anche delle opportunità.
Anche gli autori del Report italiano sul Crowd Investing (qui il link al documento completo) vedono comunque le condizioni per un rilancio del crowdinvesting in Italia nei prossimi mesi, approfittando del nuovo contesto autorizzativo che vede le piattaforme equity e lending finalmente sullo stesso piano, con uno standard di requisiti e di controlli più severi che gioverà al mercato e che probabilmente porterà ad una ulteriore concentrazione, con un maggiore ruolo dei portali esteri (e dei portali italiani all’estero).


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