Robeco: Il ritorno in auge dell’oro come asset class

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A settembre, l’intensificarsi del conflitto in Medio Oriente ha spinto il prezzo dell’oro a toccare i 2.685 dollari l’oncia e riconfermato il suo ruolo storico di bene rifugio. Questo nuovo massimo – segnato a dispetto della solida performance dei mercati azionari e obbligazionari – dimostra la natura autonoma del metallo giallo, che non è necessariamente alternativo alle asset class tradizionali.

Gli investitori in oro sono talvolta definiti in tono denigratorio come ‘cacciatori d’oro’. Si dice che siano rimasti ancorati al passato, non avendo compreso che i mercati finanziari si sono evoluti dalla fine del Gold Standard nel 1971.

La scarsità dell’oro ne limita l’offerta, che cresce solo dell’1,3% l’anno grazie all’attività estrattiva. A differenza della maggior parte delle materie prime, l’oro è indistruttibile. Tutto l’oro estratto finora è ancora in circolazione. Questo aspetto influenza in modo determinante la disponibilità futura.

Tuttavia, le prospettive della domanda saranno fondamentali. Sembra che i conflitti armati e le tensioni politiche non abbiano avuto un grande impatto sui mercati finanziari. Eppure, i conflitti globali hanno sostenuto la domanda di oro. Nei paesi sottoposti a sanzioni o a controlli sui capitali, il metallo giallo rimane un’ottima alternativa ai depositi bancari.

Lo spartiacque della crisi finanziaria globale

La crisi finanziaria globale del 2008-2009 ha rappresentato un momento decisivo che ha riacceso l’interesse delle banche centrali per l’oro. Il rischio di collasso di alcuni istituti finanziari, in assenza di salvataggi, e la perdita di fiducia nei depositi bancari hanno riaffermato il ruolo dell’oro come inconfutabile riserva di valore.

Nel complesso dopo il 2009, le banche centrali hanno rivisto la loro posizione sull’oro, trasformandosi da venditrici ad acquirenti.

La Russia in particolare è stata un grande acquirente (1.300 tonnellate) sin dall’introduzione delle prime sanzioni nel 2014. Alcuni ipotizzano anche che la Cina stia accumulando oro per timore di eventuali sanzioni americane che potrebbero limitare il suo accesso al dollaro.

Secondo un sondaggio condotto nel 2024 dal World Gold Council, nei prossimi cinque anni il 69% delle banche centrali intende aumentare la quota di oro nelle proprie riserve, a scapito delle posizioni in dollari USA. Attualmente, solo il 17% delle riserve delle banche centrali globali è detenuto in oro.

La distribuzione geografica delle riserve auree mostra tuttavia una forte disomogeneità: mentre nei paesi occidentali l’oro rappresenta il 60-70% delle riserve, in Cina e India la sua quota è molto più bassa (5% e 10% rispettivamente). Questo dato lascia intuire chiaramente da quali aree geografiche potrebbe provenire la domanda futura.

L’ascesa del bitcoin

L’avvento delle criptovalute – talvolta considerate come “oro digitale” – ha accresciuto l’interesse verso gli asset alternativi.

La perdita di fiducia nei governi e nelle valute tradizionali spinge molti a cercare alternative. Bitcoin e oro sono considerati i beni rifugio per eccellenza in caso di collasso del sistema economico basato sul debito.

Forse a causa della concorrenza dell’“oro digitale”, l’interesse degli investitori individuali per l’oro fisico è diminuito dopo il picco del 2020. Tuttavia, negli ultimi due mesi si è assistito a una ripresa della domanda di ETF auriferi. Gli acquisti generano acquisti.

Posizionamento tattico sull’oro

Tuttavia, essendo investitori multi-asset, ci approcciamo all’oro in modo obiettivo. Il profilo di rischio/rendimento giustifica un’allocazione in oro, che ha registrato rendimenti soddisfacenti dal 1992. Nonostante la volatilità, l’oro offre un valido strumento di diversificazione, grazie alla bassa correlazione (0,1-0,2) con i Treasury USA e le azioni, e alla correlazione addirittura negativa (-0,2) con le altre materie prime.

Pur non considerandoci dei cacciatori d’oro, in Robeco abbiamo deciso di introdurre un’allocazione tattica in oro che si affianca all’investimento in un ampio paniere di materie prime. Tra i fattori che ci spingono a essere positivi sul metallo giallo, la domanda delle banche centrali e l’aumento della ricchezza in Asia.